martedì 2 giugno 2009

Come desideriamo

Oggi riprendiamo il viaggio alla scoperta delle nostre submodalità concentrandoci sul modo in cui rappresentiamo ciò che desideriamo. Ogni volta che desideriamo qualcosa, nella nostra mente si formano immagini, eventualmente associate a suoni; non di rado riproviamo mentalmente alcune sensazioni connesse a ciò che stiamo desiderando.

Scoprire come rappresentiamo il “desiderio” è di fondamentale importanza perché in futuro potremo riutilizzare i dati raccolti per applicarli a tutto ciò che solitamente non gradiamo, ma che sappiamo (razionalmente) di dover fare.

Se adesso desideri qualcosa, cerca di capire cosa si sta formando nella tua mente. Se invece in questo momento non provi alcun desiderio particolare, rimanda l’esperimento a quando avvertirai di desiderare qualcosa. Ad esempio potresti rimandare tale ”analisi" al momento in cui, dopo aver lavorato per tre ore di fila, ti balena l’idea di una pausa caffè. E magari esclami mentalmente: “ora ci vuole proprio un bel caffè!”. E’ questo uno di quei momenti in cui devi cercare di raccogliere più informazioni possibili: quali immagini si sono formate nella tua mente? Hai visto una fumante tazzina di caffè? Hai visto te stesso mentre gustavi la tazzina? Hai cercato di riprodurre le sensazioni fisiche connesse alla degustazione del caffè? Hai esclamato mentalmente una frase? Ovviamente se non gradisci il caffé, effettua questo tipo di analisi in un’altra occasione in cui desideri fortemente qualcosa: potrebbe essere il desiderio di fare una passeggiata nel parco o di accendere il PC per scaricare la posta o di guardare una partita in TV. Non importa cosa desideri; ciò che stiamo cercando di scoprire è “come” rappresenti mentalmente il desiderio di qualcosa. Scoprirai che, a prescindere da cosa desideri, le submodalità connesse al “desiderio” sono sempre le stesse.

Ecco alcune submodalità a cui devi porre particolare attenzione:
  • Posizione: dove si forma l’immagine di ciò che desideri? Al centro, a destra, a sinistra o in basso?
  • Colori: l’immagine è a colori o in bianco e nero? Se è a colori, quest’ultimi sono vividi o smorti? C’è un buon contrasto? Com’è la luminosità?
  • Dimensione: quanto sono grandi le immagini?
  • Immagini statiche/dinamiche: nella tua mente si formano immagine fisse o vedi una specie di film?
  • Associazione/dissociazione: se tu sei presente nella “scena”, ti vedi in modalità associata o dissociata? (Leggi questo post per ulteriori informazioni su questa submodalità)

Cerca anche di scoprire le caratteristiche di eventuali suoni (volume, timbro, direzione del suono, intensità del suono etc..) e delle sensazioni fisiche che ti procurano i tuoi pensieri (tipo di sensazioni e di sensi coinvolti, intensità etc..)

Prendi nota di tutte le submodalità visive, uditive e cinestesiche e scrivile su un quaderno. E’ possibile che la prima volta che osservi le tue rappresentazioni interne, ti possa sfuggire qualche particolare: se non riesci ad individuare facilmente le submodalità, hai probabilmente bisogno di analizzare i tuoi pensieri in diverse occasioni in cui avverti di desiderare qualcosa. Prenditi tutto il tempo necessario per studiare i tuoi pensieri e aggiungi ogni volta nuovi particolari fino ad avere lo spettro di tutte le submodalità relative alla rappresentazione del “desiderio”.

Qual è l’utilità di codificare le nostre rappresentazioni interne? La risposta è facilmente intuibile: supponiamo di dover fare qualcosa che non desideriamo fare, ma che riteniamo utile o necessaria da un punto di vista razionale. Ecco che applicando le submodalità che abbiamo appena scoperto alla rappresentazione di ciò che non vogliamo fare, proveremo automaticamente il desiderio di fare quella determinata cosa. Cambiando le proprietà dei nostri pensieri, cambieremo prospettiva e ciò che prima non era di nostro gradimento, diventerà al contrario gradevole.
Provare per credere! Pensa a qualcosa che non ti va di fare: noterai subito che ciò che non gradisci viene rappresentato nella tua mente in modo diverso rispetto a ciò che desideri.
Se prima vedevi immagini vivide e grandi, le rappresentazioni di ciò che “non gradisci” sono sfocate, grigie, forse in posizione non centrale o probabilmente piccole. Ognuno ha le sue rappresentazioni e non è possibile fare una generalizzazione. Di sicuro il modo che ha il tuo cervello di rappresentare ciò che desideri è diverso dal modo di rappresentare ciò che “non desideri”.

Ora prendi le immagini relative a ciò che non gradisci e trasformale, applicando una submodalità alla volta. Ad esempio se stai pensando di dover fare sport e l’idea non ti stimola, allora prova a "prendere l’immagine" e a modificarla secondo i parametri che abbiamo codificato quando abbiamo analizzato la rappresentazione del “desiderare qualcosa”. Se quando desideravi vedevi mentalmente una specie di film, mentre le immagini dell’attività sportiva sono fisse (o come una sorta di sequenza di diapositive), allora trasforma quest’ultime in un film. Se i colori connessi al “desiderare” erano vividi e lucenti, mentre il “fare sport” è rappresentato in toni di grigio, allora applica dei colori vividi alle tue immagini e rendile più lucenti. E così applica a poco alla volta tutte le submodalità che abbiamo scoperto: ridimensiona le immagini nel modo corretto, spostale nella giusta posizione, applica i suoni e le sensazioni connesse all’attività sportiva rendendoli compatibili con le submodalità del “desiderio”.
Ora nota se è cambiato il modo di interpretare ciò che prima non gradivi: se tutto è andato bene dovrebbe esserti venuta voglia di fare ciò che prima non desideravi.

Altrettanto importante è individuare le submodalità connesse a ciò che NON ci piace fare. Poni attenzione la prossima volta che qualcuno ti chiede se vuoi fare una certa cosa (ad esempio “ti va di fare due passi?” oppure “ti va di correggermi la relazione?”). Se in quel momento rispondi “no, non mia va”, hai evidentemente pensato a quella cosa e l’idea non ti ha stimolato. Vuol dire che il tuo cervello ha usato determinate submodalità per rappresentarla e il tuo obiettivo deve essere quello di studiare e codificare queste submodalità.
Puoi anche scoprire le submodalità relative a ciò che “non desideri”, pensando a qualcosa che da sempre non ti piace: pensa ad ad esempio ad un alimento che non riesci proprio a mangiare o ad un’attività che cerchi sempre di rimandare e cerca di identificare le submodalità di queste rappresentazioni.
Riutilizzeremo questi dati ogni volta che vogliamo smettere di fare qualcosa che, seppur ci piace, sappiamo razionalmente di non dover fare (come ad esempio “fumare”, “perdere troppo tempo davanti alla tv” etc..). Applicheremo quindi a queste rappresentazioni, le submodalità di ciò che non ci piace fare: il nostro modo di intepretare quelle attività cambierà automaticamente.

E’ normale all’inizio trovare qualche difficoltà nell’applicare queste tecniche: si può avere difficoltà nell’individuare le giuste submodalità e il nostro cervello può fare una certa resistenza quando lo “forziamo” a rappresentare diversamente quei pensieri che “da sempre” ha rappresentato in un certo modo. Ci vuole, come in tutte le cose, un po’ di perseveranza e di allenamento. A poco alla volta scopriremo tutte le submodalità connesse ad ogni nostra rappresentazione interna e impareremo ad applicarle in modo automatico ed istintivo ogni volta che ne sorgerà il bisogno.

Infine una precisazione: applicare le submodalità di ciò che si desidera fare a qualcosa che non gradiamo fare, non vuol dire che automaticamente ci metteremo a fare quella determinata cosa come se fossimo dei robot telecomandati. Del resto possiamo desiderare fortemente un bel caffé, ma ciò non vuol dire che ci catapultiamo nel primo bar per soddisfare il nostro bisogno: entrano in gioco tante altre variabili, anche di tipo razionale, di cui bisogna tener conto (ad esempio “ho tempo per andare al bar?”).
Quindi se applichiamo le submodalità del “desiderio” all’idea di fare attività sportiva non è detto che, un secondo dopo, ci ritroveremo in calzoncini e scarpe da ginnastica pronti per andare a correre. Di sicuro, se abbiamo individuato e applicato correttamente le submodalità, cambierà la nostra prospettiva rispetto all’idea di fare attività sportiva: per noi non rappresenterà più un peso, ma una condizione desiderabile e ciò ci predisporrà ad attivarci affinché ciò che desideriamo avvenga realmente.
Così come rappresentare l’idea di fumare una sigaretta come qualcosa di sgradevole, non vuol dire automaticamente smettere di fumare: entrano in gioco tante altre variabili, come la dipendenza fisica dalla nicotina o le convinzioni (sbagliate) circa la difficoltà di smettere e le (presunte) atroci sofferenze che bisogna sopportare (il post precedente parla proprio delle nostre convinzioni e di come ci limitano). Ma rappresentare l’idea di fumare una sigaretta come qualcosa di sgradevole è già un passo fondamentale per mettersi sul percorso giusto, perché dà alla nostra mente una nuova prospettiva, cambia il nostro modo di interpretare una certa cosa e ciò predispone il nostro cervello a trovare i mezzi e le risorse per essere coerente con la nuova rappresentazione.

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