domenica 27 settembre 2009

La ricetta della motivazione

Nel corso di questo viaggio alla scoperta delle nostre potenzialità ho più volte fatto riferimento all’importanza degli stati d’animo. Ho spiegato come il tipo e la qualità delle azioni che compiamo dipenda esclusivamente dallo stato d’animo nel quale ci troviamo.

Facciamo un esempio: se in questo momento ti telefona un amico e ti chiede di accompagnarlo a fare un servizio, la tua risposta (e quindi l’azione che intraprenderai) dipenderà esclusivamente dallo stato d’animo nel quale ti trovi (o dallo stato d’animo che il tuo amico riesce ad indurti). Così se ti senti stanco gli risponderai che “non ce la fai ad accompagnarlo perché hai bisogno di riposarti”. Se invece sei stato tutto il giorno in casa e sei nella condizione di chi non vede l’ora di prendere un po’ d’aria, gli chiederai di “passarti a prendere il prima possibile”. Oppure potresti ricordarti di essere in debito verso il tuo amico e quindi la sua richiesta potrebbe indurti uno stato d’animo di accondiscendenza che ti spingerebbe ad accettare l’invito, anche qualora dovessi sentirti stanco. Oppure potresti essere preoccupato per questioni che nulla hanno a che vedere col tuo amico e allora potresti chiedergli di “rimandare l’impegno di qualche ora”, quando avrai avuto modo di risolvere le questioni che ti preoccupano. Come vedi di fronte ad una sollecitazione esterna (come può essere l’invito di un amico), la tua risposta e l’azione che ne consegue (accettare, rifiutare, rimandare …) non è prestabilita, ma dipende dal tuo stato d’animo, ossia dalla condizione psicologica nella quale ti trovi.

In generale quindi, il tuo stato d’animo condiziona il tipo di azione che intraprendi e, ovviamente, la qualità di quella azione.

Ma cosa c’entra questa osservazione con il discorso sugli obiettivi che abbiamo affrontato negli ultimi post? Semplice! Se hai seguito tutte le istruzioni descritte nei post degli ultimi mesi, è probabile che tu abbia notato come la difficoltà più grande non sia riuscire a trovare il tempo per stabilire i tuoi obiettivi o per definire una strategia. E non è nemmeno tanto difficile mettere in pratica i primi passi di quella strategia, soprattutto nei primi giorni, quando l’euforia e l’entusiasmo sono ancora in circolo nel tuo organismo. La difficoltà vera sta nel perseverare, cioè nell’agire in modo costante e metodico al fine di attuare tutti i passi della strategia e raggiungere il risultato finale.

Puntiamo quindi a trovare una formula che ci consenta di agire con costanza ed efficacia, giorno per giorno, in modo da perseguire le nostre mete fino in fondo. Ma poco fa ti ho appena ricordato come la qualità e il tipo di azione che intraprendi dipendano esclusivamente dallo stato d’animo nel quale ti trovi. E allora quando diciamo che abbiamo bisogno di una formula che ci consenta di agire in modo costante ed efficace, stiamo dicendo più precisamente che abbiamo bisogno di trovare un sistema che ci consenta di creare il giusto stato d’animo che ci spinge a dedicarci con passione al nostro obiettivo. E questa formula deve essere ripetibile, cioè deve permetterci di ricreare quello stato d’animo tutte le volte che lo desideriamo. Per inciso, lo stato d’animo che ci spinge a dedicarci al nostro obiettivo ha un nome preciso e si chiama “motivazione”.

Chiediamoci quindi: cosa ci spinge ad essere motivati e come possiamo fare in modo di motivarci costantemente? In effetti la principale causa per cui le persone non riescono a raggiungere i propri obiettivi, è la perdita della motivazione.

Facciamo un esempio. Supponi di essere in sovrappeso. Una bella mattina ti guardi allo specchio e noti quanto è cresciuta la tua pancia. Ti sposti di profilo e noti quanto è orrendo quello “zaino” che sporge in avanti. Poi pensi che se continui così farai fatica a salire le scale. Ad un certo punto esclami: “basta, adesso devo dimagrire!”. Complimenti: hai trovato una motivazione, cioè sei riuscito a produrre in te lo stato d’animo che ti spinge a metterti a dieta.
E così inizi la tua dieta e il primo giorno non sgarri di un grammo; il secondo giorno però ti concedi un dolcetto; al terzo giorno hai già dimenticato il fastidio che ti procurava la tua immagine allo specchio e torni a mangiare normalmente; il quarto giorno, innervosito dal fatto che hai perso la tua sfida, mangi il doppio del giorno prima. Perché hai fallito? Semplicemente perché hai perso le motivazioni, cioè non sei più riuscito a riprodurre quello stato d’animo che ti spingeva a mangiare di meno. E ti chiedo ancora: ma perché hai perso le motivazioni? Cosa ha fatto in modo che tu non provassi più quello stato d’animo? La risposta è semplicissima: hai perso le motivazioni perché non ti sei più guardato allo specchio e non lo hai fatto nello stesso modo in cui lo avevi fatto il primo giorno (cioè girandoti di profilo, pensandoti mentre sali le scale affaticato e facendo quella determinata esclamazione).

Uhm, temo di averti confuso un po’. Forse stai pensando che non possa essere così semplice. Allora procediamo per gradi. Seguimi nel discorso.

Innanzitutto nota bene l’espressione che ho usato nel periodo precedente: ho detto “non sei riuscito a riprodurre lo stato d’animo”. Eh già, perché lo stato d’animo è prodotto da noi stessi. Siamo noi che decidiamo di “metterci” in una determinata condizione mentale. E lo facciamo attraverso delle sequenze di pensieri e interpretando gli stimoli esterni.

Nel caso della dieta ho ipotizzato che le motivazioni siano scaturite dalla visione della tua immagine allo specchio e da una serie di pensieri e di azioni che tu hai compiuto: questa sequenza di azioni e pensieri genera uno stato d’animo di disapprovazione per la tua condizione fisica; questo stato d’animo ti crea le motivazioni ad agire: ti vedi brutto, quindi provi dolore. E questo dolore ti dà la forza di agire e di cambiare le cose. Ma – ricorda bene - non è l’immagine in sé che ti induce lo stato d’animo, bensì il significato che tu le attribuisci. Magari ti sei visto cento volte allo specchio nell’ultimo mese, ma non hai mai provato il desiderio di metterti a dieta. Infatti il nostro cervello deve sempre attribuire un significato ad ogni stimolo ricevuto dall’esterno ed è proprio questo significato che ci induce uno stato d’animo. Più volte nei post passati ho spiegato come ogni stato d’animo sia la conseguenza NON di ciò che ci succede, ma del modo in cui interpretiamo ciò che ci succede: in questo post (che ti invito a rileggere) spiegavo come uno stesso stimolo esterno potesse indurci due stati d’animo contrastanti; proprio perché quello stimolo, a seconda della situazione, poteva assumere un significato diverso.

Quindi la nostra immagine allo specchio ad un certo punto ci procura dolore. Verrebbe da chiedersi: “perché tutte le altre volte che mi sono specchiato non ho avvertito lo stesso dolore?” O magari “perché le altre volte provavo un senso di disapprovazione, ma non al punto da spingermi con forza a mettermi a dieta”? Perché evidentemente è accaduto qualcos’altro. Hai ricevuto una particolare sequenza di stimoli esterni ed hai immaginato determinate cose e tale “combinazione di segnali” ha fatto scattare quello stato d’animo. Nel nostro esempio è accaduto che 1) ti sei guardato allo specchio ed hai considerato negativa la tua immagine, 2) ti sei girato di profilo provando maggior disappunto 3) hai riflettuto sulle conseguenze del tuo comportamento immaginandoti mentre salivi le scale affannato 4) la tua voce interna ha esclamato “basta, adesso devo dimagrire!”. E questa sequenza di stimoli è stata sufficiente a procurarti una condizione di motivazione verso la dieta.

L’aspetto meraviglioso della nostra mente è che, se ripetiamo esattamente la sequenza di stimoli che ci ha generato un determinato stato d’animo, proveremo nuovamente quello stesso stato d’animo. Provare per credere!

E’ come se ogni stato d’animo avesse una ricetta ben precisa: se mettiamo gli stessi ingredienti, nelle stesse quantità, otteniamo lo stesso risultato finale.
Allora, tornando ai tuoi obiettivi reali, se sei stato motivato solo per qualche giorno e una bella mattina hai pensato che invece sarebbe stato meglio desistere, evidentemente è successo qualcosa che ha "rotto l'incantesimo". Ma cosa è successo? Semplice! Nei giorni precedenti hai fatto qualcosa che ti ha messo in uno stato d’animo di motivazione e che quindi ti ha permesso di dedicarti al tuo obiettivo. E cosa hai fatto di preciso per ottenere motivazione? Beh questo io non posso saperlo e devi scoprirlo tu. Devi individuare le tue personalissime ricette per riprodurre un certo stato d’animo.

Così la persona a dieta al terzo giorno si arrende perché non ha ripetuto la sequenza che gli dava le giuste motivazioni. E ti assicuro che se anche il terzo giorno si fosse messa davanti allo specchio e avesse ripetuto l’esatta sequenza, sarebbe riuscita a motivarsi come prima.
Ora guardarsi allo specchio ed immaginarsi affaticati per le scale, potrebbe non funzionare per tutti. Perché ognuno di noi ha una precisa strategia per procurarsi una determinata condizione mentale.

Anche tu hai una precisa ricetta per produrre qualsiasi emozione, sensazione e stato d’animo.
Ad esempio ti sei mai chiesto cosa debba accadere affinché tu provi rabbia, ansia, preoccupazione o amore? Ad esempio potresti arrabbiarti quando stai facendo qualcosa di importante ed un tuo familiare fa un rumore insopportabile. Magari non ti arrabbi subito, ma solo dopo aver chiesto al tuo familiare di smettere per 3 o 4 volte, senza aver ottenuto risultato. Magari ti arrabbi quando, dopo aver chiesto 4 volte al tuo familiare di smettere di far rumore, lui per tutta risposta ti manda a quel paese. Sta di fatto che esiste una precisa ricetta di stimoli che devono ripetersi affinché tu provi rabbia. Nell’ordine: 1) un tuo familiare deve fare rumore mentre sei concentrato in qualcosa di importante 2) tu devi invitarlo per 4 volte a piantarla senza ottenere risultato 3) lui deve mandarti a quel paese.
Ora se lui smette di fare rumore quando tu glielo chiedi per la seconda volta, la ricetta non viene portata a termine e tu non hai nessuna ragione per arrabbiarti. Non provi quello stato d’animo perché non sono stati completati tutti i passi della tua personalissima ricetta per produrre rabbia. Ovviamente puoi arrabbiarti in mille altri modi diversi, ma in ogni caso ci sarà sempre un determinata sequenza di stimoli esterni e di pensieri che ti produrranno quella condizione mentale.

Allora capisci che se vuoi acquisire costanza nel fare una cosa, devi capire qual è la ricetta che ti motiva a fare quella determinata cosa. E anche se in un certo momento sei stanco, o depresso o preoccupato, ti basterà ripetere quella sequenza di stimoli e pensieri (cioè la tua ricetta) per riguadagnare istantaneamente la tua motivazione.

Nei prossimi post ti spiegherò perché il nostro cervello, sollecitato da una stessa sequenza di stimoli, risponde rigenerando gli stessi stati d’animo. Inoltre vedremo in dettaglio la natura di questi stimoli e come combinarli tra loro nel modo migliore.

Intanto un esercizio eccellente è cercare di scoprire cosa deve accadere per provare motivazione verso un obiettivo. Basta che tu ti chieda: quando quella volta ho lavorato con entusiasmo al mio progetto, cosa è successo? Ho visto, udito o sentito qualcosa? O fatto determinati pensieri? Come ho combinato tra loro stimoli esterni ed interni? Ed anche: quali erano le submodalità dei miei stimoli interni?

Io per esempio ho una precisa strategia per indurmi lo stato d’animo che mi consente di scrivere un post su questo blog. Infatti non sempre ho voglia di scrivere un post, magari perché sono stanco dopo una giornata lavoro o perché sto facendo qualcosa di diverso che mi appassiona. Ma so come trovare istantaneamente il desiderio di scrivere: e quando voglio indurmi questo desiderio apro la mia casella di posta elettronica e rileggo una delle tante mail di lettori che mi ringraziano per le cose che scrivo. Ciò mi fa provare gioia, ma spesso non è sufficiente. Allora leggo i commenti scritti in risposta ai miei post. Ciò aumenta ancora il senso di gioia e gratitudine, ma non è sufficiente a motivarmi. Allora vedo la data dell’ultimo post e conto i giorni che sono passati dall’ultimo argomento che ho trattato. E quando noto che sono passati parecchi giorni, inizia a nascere in me la tentazione di scrivere qualcosa di nuovo… Ma potrebbe non essere ancora sufficiente. E allora immagino due o trecento persone che da una settimana si collegano sul mio blog e notano dispiaciuti che non è stato ancora aggiornato. E allora quest’ultimo pensiero mi crea una forte motivazione che mi fa precipitare sulla tastiera del computer. E badate: non mi metto a scrivere a malincuore! La ricetta precisa che applico mi genera un'enorme gioia, sapendo che parlerò di un nuovo argomento che potrà essere di aiuto a tante persone. Non mi sto forzando, non sto applicando la forza di volontà. Lo farei se scrivessi un post mentre mi trovo in uno stato d’animo che mi spinge a fare qualcos’altro (ad esempio guardare la TV o uscire con gli amici). Ma io applico una ricetta precisa, con ingredienti precisi (leggere le mail, i commenti, contare i giorni dall’ultimo post, infine immaginare tante persone deluse che aspettano un nuovo argomento) che mi fa desiderare veramente di scrivere qualcosa. Quindi l’azione che scaturisce da questo stato d’animo diventa piacevole e gratificante.

P.S.: ho parlato di 200-300 persone perché, dalle statistiche del sito, è questo il numero di lettori affezionati che si collega almeno una volta alla settimana sul mio blog. E di questa fiducia, ovviamente, vi ringrazio con tutto il cuore.

lunedì 21 settembre 2009

Chiedi e ti sarà dato: il potere delle domande

Gli ultimi post ci hanno aiutato ad individuare gli obiettivi dei prossimi mesi e ci hanno fornito uno strumento per trovare le giuste motivazioni. Ma non abbiamo ancora detto nulla in merito alla strategia che dobbiamo adottare per raggiungere le nostre mete: non possiamo illuderci di poter raggiungere grandi obiettivi se non abbiamo un’adeguata strategia che ci indichi le istruzioni da compiere passo dopo passo e che ci dia degli opportuni strumenti di valutazione per verificare se ci stiamo gradualmente avvicinando alla meta.

Per strutturare un piano d’azione potrebbe non essere sufficiente sederci dietro la scrivania e spremere le meningi. Non sempre riusciamo a trovare le adeguate soluzioni quando ci sforziamo di riflettere su un problema. Anzi ti sarà sicuramente capitato di avere un'illuminazione quando meno te l'aspettavi, ad esempio mentre eri in automobile o in compagnia degli amici: la nostra mente ha bisogno di un certo tempo per organizzare le informazioni ed avere un quadro preciso della situazione.

Quando stimoliamo opportunamente la nostra mente, si attiva un sistema del nostro cervello detto SAR (sistema di attivazione reticolare) che iniza a raccogliere ed organizzare le informazioni anche quando non siamo più concentrati sull’oggetto della nostra analisi. In questo modo il nostro cervello continua a lavorare e al momento opportuno, quando meno ce lo aspettiamo, riesce a trovare la soluzione che attendevamo.

Quindi il primo passo che devi compiere per trovare la giusta strategia che ti consentirà di raggiungere i tuoi obiettivi è sfruttare il SAR. Quando riusciremo a stimolare opportunamente questo meraviglioso “congegno” del nostro cervello, inizieremo rapidamente a notare tutto ciò che può essere attinente al nostro obiettivo e utile per risolvere tutte le incongnite e le complicazioni ad esso collegate.

Ma come funziona il SAR? Come puoi facilmente constatare, ogni giorno siamo bombardati da migliaia di informazioni e la nostra mente non è in grado di elaborarle tutte a livello conscio. Il nostro cervello provvede continuamente a nascondere le informazioni che ritiene inutili e a lasciar filtrare solo quelle che considera più importanti e funzionali. Mentre leggi questo testo, il tuo cervello sta valutanto anche altri segnali, come ad esempio i suoni di sottofondo e tutte le immagini che rientrano nel tuo campo visivo, ma tali informazioni vengono messe in secondo piano perché in questo momento ritieni più importante dedicarti alla comprensione del testo. Ma ciò non vuol dire che, a livello inconscio, il tuo cervello non valuti tutti gli altri segnali dell’ambiente. Infatti se all’improvviso sentissi un rumore, il tuo cervello considererebbe immediatamente tale segnale come più importante rispetto al testo che stai leggendo e la tua attenzione conscia si sposterebbe automaticamente sul rumore che hai udito e sulle cause che lo hanno generato.

Possiamo volontariamente “obbligare” il nostro cervello a prestare un’attenzione permanente su un determinato argomento. Tale processo permetterà al nostro cervello di raccogliere costantemente informazioni, di elaborarle e di individuare le soluzioni utili a risolvere gli eventuali problemi.

Una tipica attivazione del SAR si ha quando bisogna fare un acquisto importante. Se in passato ti è capitato di acquistare un’automobile, avrai sicuramente notato come, dal momento in cui hai deciso di fare l’acquisto, la tua attenzione sia stata automaticamente catturata da tutto ciò che aveva a che fare con il mondo dei motori. Quando eri in coda al semaforo non potevi fare a meno di interessarti ai modelli delle auto che ti stavano intorno. Ogni pubblicità televisiva di automobili catturava la tua attenzione. Dovunque ti giravi non facevi altro che notare automobili. Cos’è successo nella tua mente? La decisione di acquistare un’automobile e di dover scegliere un modello adeguato alle tue esigenze e alle tue economie, ha attivato il SAR. Da quel momento in poi il tuo cervello, per aiutarti a fare le opportune valutazioni, ha fatto in modo che tutto ciò che riguardava l’argomento "automobile", avesse una priorità più alta rispetto alle altre informazinoi che riceveva dall’esterno. Quindi tutte le informazioni utili sono state traferite alla tua attenzione conscia e le informazioni meno utili sono rimaste nascoste. Probabilmente già dopo qualche giorno dall’acquisto dell’automobile, questo meccanismo ha esaurito la sua funzione ed ha quindi smesso di funzionare. Tant’è vero che l’attenzione particolare che riservavi alle automobili è presto svanita e sei ritornato ad un livello di attenzione normale.

Capisci quindi che, se vuoi trovare un’opportuna strategia per raggiungere dei grandi obiettivi, hai bisogno in primo luogo che il tuo sistema di attivazione reticolare sia regolato in modo tale da portare alla tua attenzione conscia tutto ciò che in qualche modo può esserti utile per raggiungere il tuo obiettivo.

Il primo strumento che ci consente di attivare il SAR è la definizione accurata dell’obiettivo e la sua rappresentazione dettagliata a livello mentale. Nel post del 10 settembre ti ho spiegato come definire opportunamente gli obiettivi. Dovresti già aver descritto in modo dettagliato il tuo obiettivo ed aver elencato ciò che vedrai, udirai e sentirai man mano che ti avvicinerai alla meta. Un esercizio molto utile è dedicare qualche minuto ogni giorno a rappresentare mentalmente il momento in cui avrai raggiunto il tuo scopo. Cerca di fantasticare il più possibile, di immaginare dettagliatamente il percorso di avvicinamento alla meta. Aggiungi sempre nuovi dettagli alle tue rappresentazioni e raccogli quante più informazioni possibili che possono tornarti utili per la definizione della tua strategia. In questo modo inizierai a stimolare opportunamente il tuo cervello, a fornirgli delle direttive precise su ciò su cui dovrà concentrarsi. Se speri di raggiungere un grande obiettivo semplicemente scrivendolo su un pezzo di carta e aspettando che un giorno ti venga magicamente l’intuizione su come realizzarlo, la tua impresa è probabilmente destinata a fallire. Devi al contrario cercare di stimolare costantemente il tuo cervello con l’immaginazione: quando la tua mente sarà “ossessionata” dall’obiettivo che ti sei prefissato di raggiungere, inizierà ad elaborare informazioni 24 ore su 24, anche (e soprattutto) durante il sonno. Si attiverà il SAR che ti permetterà di prestare attenzione a tutto ciò che potrà tornarti utile per la realizzazione del tuo obiettivo e si accenderanno tutti i meccanismi creativi che risiedono nella tua mente.

Un altro strumento fondamentale per spostare l’attenzione della mente è “la domanda”. Il nostro cervello, se sollecitato con domande chiare, precise e ripetute con una certa frequenza, si attiva per trovare una risposta adeguata. E’ come se quella domanda rimanesse intrappolata nei circuiti neuronali fin quando, anche a distanza di giorni, il cervello non partorisce una risposta.

Ad esempio ti sarà sicuramente capitato di non ricordare il nome di una persona e di chiederti “Come diavolo si chiama quel tizio?”. E magari ti sei posto quella domanda ripetutamente senza riuscire a trovare la risposta in tempo utile. Poi magari dopo 3 giorni, mentre eri imbottigliato nel traffico, ti si è accesa una lampadina ed hai esclamato “Antonio, ecco come si chiamava quella persona!” . E’ come se il tuo cervello avesse continuato a raccogliere ed elaborare informazioni per trovare una risposta alla tua domanda e probabilmente, una di quelle informazioni che ha acquisito mentre eri fermo nel traffico, gli ha permesso di fare degli opportuni collegamenti che gli hanno dato finalmente l’occasione di rispondere alla tua domanda. Ecco quindi che porsi delle domande precise e utili ha un’importanza fondamentale.

Noi ci poniamo domande in ogni istante. Quando riflettiamo non facciamo altro che porci delle domande e trovare delle risposte. La differenza è fatta sempre dalla qualità delle domande. La risposta della nostra mente sarà tanto utile quanto più la domanda sarà ben formulata. Come dice Anthony Robbins, “Domande di qualità producono un vita di qualità”.

Ma quali sono le domande ben formulate che ci aiutano a trovare le soluzioni ai nostri problemi? Le domande utili sono quelle che ci stimolano a trovare delle soluzioni.

Ci sono persone che si pongono sempre domande sbagliate o comunque poco utili. Ciò non fa altro che spostare la loro attenzione su tutto tranne che sulla soluzione al problema. Immagina tutte le volte che ti è capitato un imprevisto ed hai ripetuto più volte a te stesso: “Ma perché capitano tutte a me?” oppure “Cosa ho fatto di male per meritarmi tutto ciò?”. Queste due domande, apparentemente innocue, allontanano la tua mente dalla soluzione al problema e la portano a riflettere sulle presunte cause metafisiche che lo hanno prodotto. E visto che il tuo cervello non può fare a meno di cercare una risposta alle domande che gli poni, quando gli continuerai a ripetere “ma perché capitano tutte a me?”, non potrà che risponderti: “capitano tutte a te perché sei sfigato!”. Non solo non avrai risolto il problema, ma inizierai ad interiorizzare una convinzione (quella di essere sfigato) che non farà altro che limitarti ulteriormente in futuro (abbiamo già ampiamente parlato delle convinizioni limitanti).

Cosa accadrebbe se, la prossima volta che bucherai un pneumatico, invece di continuare a ripeterti “cosa ho fatto di male per meritarmi tutto ciò?”, ti chiedessi immediatamente: “Come posso risolvere il problema velocemente?”. Succederebbe che l’attenzione del tuo cervello si sposterebbe automaticamente su come trovare una soluzione al problema, piuttosto che sull'individuazione delle tue presunte colpe. E ciò non potrebbe che aiutarti a risolvere il problema in breve tempo.

Curare la qualità delle domande che ci poniamo ogni giorno è davvero importante, perché in base a come formuliamo la domanda il nostro cervello si concentra su determinati aspetti piuttosto che su altri. Solitamente le domande che iniziano con il “come” sono sempre più utili di quelle che iniziano con il “perché”. In altre parole chiedersi “come posso risolvere questo problema?” è molto più utile che chiedersi “perché si è verificato questo problema?”.

Ma se ci poniamo una domanda ancora più precisa obblighiamo il nostro cervello a concentrare ancor di più la sua attenzione sull’argomento che desideriamo affrontare e quindi a trovare delle soluzioni molto più appropriate e utili.

Pensa ad una persona che voglia imparare a disegnare e di fronte ai primi insuccessi continui a ripetersi “perché non riesco a disegnare come vorrei?”. Sposterebbe il focus mentale sulla causa del problema e non sulla soluzione. Cosa succederebbe se iniziasse a chiedersi: “come posso migliorare nel disegno?”. E cosa accadrebbe se si ponesse una domanda ancora più precisa del tipo “come posso migliorare le mie capacità artistiche divertendomi e senza spendere troppi soldi?”. La sua attenzione si sposterebbe sulla soluzione del problema e la sua mente avrebbe anche delle coordinate più precise su che tipo di soluzione debba trovare: in primo luogo deve essere un’attività divertente e in secondo luogo non troppo costosa. E probabilmente continuando a ripetersi costantemente questa domanda potrebbe ritenere che il modo più utile per migliorare le sue qualità artistiche sia, non pagare un costoso insegnate, ma acquistare un corso di disegno in DVD. E magari, visto che vuole "imparare divertendosi”, potrebbe decidere di cercare altre persone che abbiano la sua stessa passione per il disegno in modo da creare un gruppo di individui che, oltre a scambiare le proprie conoscenze, creino un ambiente di lavoro più piacevole e stimolante.

Ricorda sempre che una domanda formulata bene può veramente aiutarti a trovare la soluzione giusta ad ogni problema. Tornando quindi ai nostri obiettivi, inizia a trovare le domande più utili e funzionali che puoi porti fin da subito per perseguire le tue mete. Ripeti mentalmente la tua domanda e fallo più volte nel corso della giornata e per diversi giorni consecutivamente, in modo che la tua domanda penetri in profondità nella tua mente. E quando il tuo cervello ti avrà dato una prima soluzione, continua a porti delle domande più precise e dettagliate in modo da scendere sempre più nei particolari e costruire a poco alla volta un preciso piano d’azione.

Io mi sforzo continuamente di scegliere la domanda giusta, anche per raggiungere degli obiettivi apparentemente banali. Ho avuto una dimostrazione della potenzialità di questo strumento proprio qualche giorno fa. La mia macchina si era danneggiata e avrei dovuto portarla in officina. Visto che il mio meccanico dista parecchi chilometri dalla mia sede di lavoro, ho chiamato mio fratello per chiedergli se potesse darmi un passaggio, una volta che avrei lasciato la macchina in officina. Purtroppo mio fratello non era disponibile, ma io dovevo risolvere il problema rapidamente perché avevo un appuntamento importante il pomeriggio stesso. Li per li non sono riuscito a trovare una soluzione e stavo già per alzare la cornetta per posticipare al giorno dopo l’appuntamento pomeridiano. Ad un certo punto però mi sono chiesto: “come posso aggiustare la mia macchina stamattina stessa contando esclusivamente sulle mie forze ed evitando quindi che qualcuno debba accompagnarmi dal meccanico?”. Ho ripetuto mentalmente questa domanda tre o quattro volte. Ad un certo punto mi è balenata la risposta: “basta trovare un meccanico vicino alla mia sede di lavoro, in modo che io possa tornare in ufficio a piedi”. Ho iniziato a girare nei dintorni ed ho trovato un meccanico praticamente a 50 metri dal mio ufficio: soltanto ponendomi la domanda in modo corretto sono riuscito a prestare attenzione ad un’officina che fino a quel momento non avevo mai notato. Poi mi sono chiesto: “come posso essere sicuro che questo meccanico sia affidabile?”. Ho notato che l’officina del meccanico era situata di fronte ad un bar in cui lavora un mio amico. Sono entrato nel bar ed ho chiesto al mio amico se conoscesse il meccanico e lo ritenesse affidabile. Lui mi ha dato tutte le rassicurazioni del caso ed io non ho esitato a consegnare la mia automobile nelle mani di quel meccanico. Risultato? Dopo un’ora la mia macchina era pronta e non ho avuto più necessità di rimandare l’appuntamento pomeridiano. In più ho scoperto un meccanico gentile, professionale e più economico del precedente e sicurametne mi servirò di lui anche in futuro. Tutto merito delle domande giuste!

martedì 15 settembre 2009

La forza che ci spinge a cambiare

Nei post precedenti ti ho aiutato a definire una “lista dei sogni” e ti ho invitato a scegliere quattro o cinque obiettivi da perseguire nei prossimi mesi. Avere uno scopo preciso da raggiugnere è già un ottimo punto di partenza: sappiamo precisamente dove vogliamo arrivare e ciò ci permette di intuire quale strada dovremo seguire. Ma avere un obiettivo preciso potrebbe non essere sufficiente a trovare le giuste motivazioni per dedicarci con continuità al raggiungimento delle nostre mete. Dobbiamo quindi trovare un sistema per motivarci, in modo da riuscire ad avere la costanza di portare avanti i nostri progetti, la forza d’animo per far fronte agli imprevisti e l’elasticità per poter cambiare le nostre azioni in corso d’opera qualora le cose non dovessero andare secondo previsioni.

Ma come facciamo a trovare la spinta giusta che ci consentirà di dedicarci con convinzione alla realizzazione dei nostri sogni? La molla che ci permette di trovare le giuste motivazioni è rappresentata dalla cosiddetta “leva piacere/dolore”.

Il cambiamento avviene quando l’idea di continuare a vivere in una certa condizione provoca un disagio tale che non si può fare a meno di cambiare. In alternativa il cambiamento può avvenire quando il piacere che attribuiamo al raggiungimento di una nuova condizione è talmente allettante da spingerci all’azione. Meglio ancora se le due forze agiscono contemporaneamente: quando il dolore per la situazione contingente è insopportabile e contemporaneamente il piacere associato alla nuova condizione è altrettanto allettante, allora non c’è freno che tenga: in questi casi la spinta è talmente forte che il cambiamento può avvenire in pochi istanti.

Facciamo un esempio chiarificatore di come funziona l’equilibrio tra il piacere e il dolore. Immaginiamo un uomo che vive una relazione molto infelice con la propria compagna. Le continue incomprensioni, i litigi frequenti, hanno creato una condizione di forte dolore. Quell’uomo si rende conto che difficilmente riuscirà a raddrizzare il rapporto di coppia, eppure non riesce a trovare la forza di lasciare la propria compagna. Il motivo? Le possibilità sono due: o non sta soffrendo abbastanza, oppure non ha un’alternativa abbastanza piacevole. E’ possibile infatti che l’idea di lasciare la propria compagna provochi nell’uomo una certa dose di dolore che potrebbe manifestarsi sotto forma di sconforto, timore, insicurezza. Ecco alcune domande che quell’uomo potrebbe porsi: “E se dopo averla lasciata iniziassi a soffrire di solitudine?”, “Come farò ad adattarmi ad un nuovo stile di vita dopo tutti questi anni assieme? Sarò in grado di farlo?”, “E se poi non dovessi riuscire a trovare un’altra compagna e fossi costretto a passare il resto della mia vita da solo?”, "E se poi dovessi accorgermi di amarla quando ormai è troppo tardi?". Ecco che in questo caso la paura dell’ignoto, l’ansia che deriva dal dover affrontare una situazione nuova e indefinita, generano una quantità di dolore che va a controbilanciare il dolore che quell’uomo sopporta a causa della sua relazione. In questo caso la persona resta in una condizione di immobilismo, avendo creato una cosiddetta "barriera dolore/dolore": forte sofferenza per la situazione contingente, ma anche una certa quantità di dolore all’idea di cambiare.

E’ probabile che anche tu abbia conosciuto una coppia la cui relazione è durata per mesi (se non per anni), seppur fosse evidente che quelle due persone soffrissero molto nello stare assieme. In questi casi è molto probabile che entrambe le persone fossero incapaci di effettuare un cambiamento perché incastrate nella barriera dolore/dolore. Questo tipo di relazioni crea forti frustrazioni, tant’è vero che, nella maggior parte dei casi, prima o poi uno dei due si decide a lasciare il partner. E cosa avviene in quella persona quando decide di cambiare vita? Le possibilità sono sempre due. Il dolore associato alla vita di coppia potrebbe essere aumentato a dismisura: le continue incomprensioni, l’insofferenza per il partner può raggiungere un livello tale da superare la “paura dell’ignoto” ossia il dolore associato al cambiamento e al dover affrontare una situazione nuova. Ecco che il dolore causato dalla situazione contingente non è più in equilibrio con il dolore che potenzialmente provocherà la condizione futura e in questo caso il cambiamento avviene: c’è sempre una leva che spinge ogni essere umano verso una condizione di minor dolore (o di maggior piacere). Ma potrebbe anche capitare che il dolore legato alla relazione tra i due partner resti sostanzialmente invariato, mentre la quantità di dolore che si trovava sull’altro piatto della bilancia (cioè la paura del nuovo e dell’ignoto) venga sostituita da una condizione che dà piacere. Ciò potrebbe accadere ad esempio se l’uomo conoscesse una nuova donna e si innamorasse di lei. La nuova condizione non sarebbe più codificata come dolorosa (ansia per il nuovo, paura della solitudine etc..), ma al contrario sarebbe interpretata come allettante poiché prefigurerebbe una nuova relazione potenzialmente molto piacevole. Anche in questo caso la bilancia penderebbe a favore del cambiamento e quell’uomo non avrebbe più tanta difficoltà a lasciare la propria compagna.

In conclusione, ogni azione che noi compiamo, in qualsiasi contesto e in qualsiasi momento, è motivata dal fatto che tendiamo sempre ad allontanarci dal dolore e ad avvicinarci al piacere. A volte non siamo motivati ad effettuare un cambiamento: ciò può essere dovuto ad un equilibrio delle forze. Ad esempio ci troviamo già in una condizione piacevole e l‘alternativa, seppur piacevole, non ci darebbe un vantaggio significativo rispetto alla situazione contingente: pertanto associamo piacere sia alla vecchia sia alla nuova condizione e le due forze restano in equilibrio impedendo il cambiamento. Oppure non cambiamo perché proviamo dolore per la condizione nella quale ci troviamo, ma allo stesso tempo proviamo insofferenza anche quando riflettiamo sulle conseguenze del nostro cambiamento. In questo caso sono in equilibrio le due forze del dolore e il cambiamento non avviene perché crediamo che nessuna delle due alternative possa migliorare la nostra condizione.

A questo punto non dovrebbe essere difficile capire quando avviene il cambiamento: ci attiviamo per cambiare lo stato delle cose quando c’è uno squilibrio tra le due forze: o perché soffriamo di più a non agire piuttosto che a cambiare, o perché proviamo più piacere all’idea di cambiare piuttosto che rimanere immobili o perché (situazione ideale) proviamo dolore per la condizione contingente e piacere per la nuova condizione che raggiungeremo.

Questo è il motivo per cui, se anche in passato ti sei posto degli obiettivi, ad un certo punto hai preferito abbandonare il progetto in corsa e dedicarti ad altro. Perché l’equilibrio dolore/piacere non era tale da spingerti ad agire o perché tale equilibrio, mutando nel tempo, non ti ha permesso di perseguire con costanza il tuo obiettivo. Infatti la valutazione del piacere e del dolore non è un’analisi oggettiva. Si tratta di un’interpretazione del tutto personale e pertanto può cambiare da un momento all’altro, in base alla nostra esperienza e alle nostre convinzioni. Ad esempio se in passato hai rinunciato ad un progetto perché avevi paura di fallire (dolore per la nuova condizione) oggi, alla luce della tua esperienza e delle tue nuove convinzioni, potresti essere più consapevole delle tue capacità e non temere il fallimento. Questa nuova valutazione ti porterebbe a diminuire il dolore associato alla nuova condizione e a spostare l’equilibrio verso il cambiamento.

Ma torniamo ai nostri obiettivi e a come sfruttare la leva piacere/dolore per trovare le giuste motivazioni. Per perseguire con costanza i quattro o cinque obiettivi che abbiamo scelto dobbiamo cercare di condizionarci in modo tale da associare molto dolore all’idea di non agire e al tempo stesso molto piacere all’idea di realizzare i nostri obiettivi. Come detto la valutazione piacere/dolore è puramente soggettiva e pertanto siamo noi a decidere quanto dolore vogliamo attribuire alla condizione nella quale ci troviamo e quanto piacere attribuire alla condizione che otterremo. Alterando l’equilibrio tra il piacere e il dolore possiamo creare lo stato d’animo più utile per perseguire i nostri obiettivi.
Ma come possiamo agire praticamente sull’equilibrio piacere/dolore? Il modo per farlo è il seguente. Per ognuno dei 4 o 5 obiettivi che hai scelto effettua le seguenti operazioni (se non hai ancora scelto i tuoi obiettivi rileggi gli ultimi post):

  • Prendi il foglio sul quale hai descritto il tuo obiettivo e le caratteristiche dello stesso.
  • Scrivi tutto il dolore che dovrai sopportare se non decidessi di agire. Per facilitarti il compito ho preparato alcune domande alle quali puoi rispondere per iscritto sul tuo foglio: "Quanto mi costerà se non attuerò questo cambiamento? Cosa mi perdo nella mia vita se rimango in questa situazione di immobilismo? Quali svantaggi otterrei dal punto di vista fisico, mentale, finanziario, emotivo, spirituale se non decidessi di dedicarmi al mio obiettivo? E quali conseguenze sulla mia autostima?" Prova a proiettarti nel futuro di uno, cinque, dieci e venti anni, immaginando di non aver fatto nulla per perseguire il tuo obiettivo e rispondi alle seguenti domande: "Come mi sentirei tra un anno se non avessi fatto nulla per raggiungere il mio obiettivo? E quale sarebbe il mio stato d’animo se fra cinque anni mi trovassi ancora al punto di partenza? Sarei felice, mi sentirei realizzato, avrei dei rimpianti, delle recriminazioni o dei rimorsi? E quali sensazioni potrei provare tra dieci anni? Potrei ritenermi un fallito? La fiducia in me stesso e nelle mie capacità potrebbe subire delle conseguenze? In che modo non perseguire il mio obiettivo potrebbe peggiorare il mio livello di benessere? Potrei causare danni o sofferenze anche alle persone care?". Lo scopo è accumulare una buona dose di dolore da collegare all’idea di non agire. Sta a te trovare le parole corrette, individuare “le giuste corde da pizzicare” per amplificare il tuo senso di dolore e insoddisfazione per la condizione attuale (del resto chi meglio di te può conoscere ciò che ti fa star male e ciò che ti fa star bene?). Quindi rispondi alle domande come se avessi davanti a te la tua stessa persona e dovessi cercare di convincerla ad agire, perché restare in una situazione di immobilismo è la cosa più sbagliata che possa fare.
  • Ma per creare un effetto migliore possiamo anche associare molto piacere alla condizione futura. A tal fine risponderemo (sempre per iscritto) alle seguenti domande: "Quali vantaggi potrei ottenere se operassi questo cambiamento? Quali piacevoli e importanti conseguenze otterrei dal punto di vista mentale, fisico, finanziario, emotivo e spirituale? Quali vantaggi otterrebbero la mia famiglia e tutte le persone a me care? Quanto mi sentirò felice e quali altre piacevoli sensazioni proverò? Quale sarà il livello di fiducia in me stesso, la mia autostima, il mio livello generale di benessere tra uno, cinque, dieci e vent’anni se decidessi di perseguire con costanza il mio obiettivo?". Come per il punto precedente, la raccomandazione è quella di trovare le giuste parole che ti aiutino a provare un forte piacere all’idea di raggiungere la tua meta.


Tutto ciò che abbiamo scritto sul nostro foglio, dalla descrizione dell’obiettivo alla lista del piacere e del dolore, dovrà essere riletto con intensità e partecipazione nei giorni futuri. Nei primi tempi è importante rileggere quanto scritto con una certa frequenza, cercando di condizionare il più possibile la nostra mente ad associare dolore alla condizione contingente e piacere alla condizione futura. Il nostro foglio va riletto ogni volta che noteremo anche un minimo calo di motivazione. Questo è il primo passo per trovare la spinta giusta ad agire. In futuro vedremo anche come adottare degli opportuni stratagemmi per recuperare in pochi istanti le giuste motivazioni e il giusto spirito.

giovedì 10 settembre 2009

Scegliamo gli obiettivi per il prossimo anno

Nel post precedente ti ho chiesto di redigere la lista di tutti i sogni e gli obiettivi che vorresti raggiungere se avessi a disposizioni risorse infinite e un tempo infinito. Ricorda che non abbiamo scritto l’elenco di tutti gli obiettivi che devi realizzare categoricamente, ma una lista di riferimento che servirà ad orientarti nel futuro. Può anche essere suscettibile di variazioni: se tra un mese o un anno ti accorgi di voler perseguire un nuovo obiettivo, puoi tranquillamente inserirlo nella tua lista.

Ora però è arrivato il momento di scegliere alcuni di questi obiettivi e cercare il modo di realizzarli. Questo post ti aiuterà a sceglierne alcuni e a definirli meglio in modo da prendere reale consapevolezza di ciò che vuoi effettivamente raggiungere.

Il primo passo è indicare, per ogni obiettivo della lista, un termine temporale entro il quale potresti riuscire a realizzarlo. In pratica, per ogni obiettivo indicato nella tua lista, poniti la seguente domanda: “se decidessi di realizzare questo obiettivo adesso, di quanto tempo avrei bisogno?”. Dovrai quindi ottenere una lista di obiettivi con a fianco l’indicazione “1 anno”, “2 anni”, “10 anni” ... “30 anni”..., cioè il tempo necessario per realizzare quell’obiettivo qualora decidessi di portarlo avanti.

Ora è arrivato il momento di scegliere 5 o 6 progetti ai quali intendi dedicarti per i prossimi 12 mesi. Ovviamente ciò non vuol dire che devi scegliere solo obiettivi realizzabili entro un anno. Potresti ritenere prioritario un importante obiettivo professionale che richiede 5 o 10 anni per essere portato a compimento. In tal caso sceglierai di dedicarti a questo obiettivo avendo anche l’accortezza di definire le "tappe intermedie" che dovrai rispettare entro l'anno. Puoi anche scegliere più di cinque obiettivi per i prossimi 12 mesi. Molto dipende dalla complessità degli obiettivi che sceglierai: se entro 12 mesi desideri triplicare il tuo reddito, viaggiare in 20 paesi del mondo e costruirti una famiglia, è molto probabile che tu vada incontro ad un fallimento. Ma se entro 12 mesi vuoi creare le basi di un progetto imprenditoriale, vuoi approfondire i tuoi studi di musica, fare un viaggio all’estero e frequentare una scuola di ballo, stai evidentemente scegliendo degli obiettivi più facilmente realizzabili nell’arco di tempo considerato.

Non dovresti avere particolare difficoltà a scegliere i tuoi obiettivi per il prossimo anno. Semplicemente scorrendo la tua lista dei sogni proverai più interesse e entusiasmo per questo o quell’obiettivo e riuscirai facilmente ad individuare gli obiettivi che ritieni prioritari. In questo processo non aver paura di farti guidare dall’istinto.

Ora prendi un nuovo foglio e trascrivi il primo obiettivo seguendo le seguenti regole:

1) Scrivi l’obiettivo in forma positiva. Ad esempio è corretto l’obiettivo “Voglio studiare i primi 15 DVD del mio corso multimediale di inglese”. Non è valido l’obiettivo “Non voglio più essere disordinato”. In altre parole dobbiamo indicare ciò che vogliamo raggiungere e non ciò da cui vogliamo allontanarci. Ciò perché la nostra mente non riesce a codificare la negazione: scommetto che se ti dico di “non pensare ad un elefante” e ti ripeto con tono ancora più fermo di “non pensare assolutamente ad un elefante”, tu stai già per rappresentarti nella tua mente un elefante. L’istruzione contenuta nella parolina “non”, posta all’inizio della frase, non viene elaborata dalla nostra mente in fase di creazione di immagini e pensieri. Ecco il fondamentale motivo per cui ogni nostro obiettivo deve essere posto in forma positiva. Prima di realizzare qualcosa non possiamo fare a meno di rappresentarcela mentalmente. E quanto più ci rappresentiamo mentalmente un obiettivo in modo vivido, dettagliato e luminoso, tanto più riusciremo a trovare le risorse utili per perseguirlo. Pertanto se ci concentriamo su ciò che "non vogliamo", non facciamo altro che costruire nella nostra mente l'immagine del fallimento. Ad esempio chi cerca in tutti i modi di “non essere timido nel rapporto con le persone”, non fa altro che concentrarsi sulla sua immagine impacciata e inadeguata e, visto che la nostra mente non riconosce il “non”, va esattamente nella direzione opposta a quella che si era prefissato. Se invece quella persona si ponesse come obiettivo di “voler essere estroverso, solare e raggiante quando è in mezzo alla gente”, rappresenterebbe nella sua mente delle immagini (e quindi delle mete da raggiungere) completamente diverse. Non di rado si trovano persone che prima di fare qualcosa che provoca loro tensione si ripetono tantissime volte frasi del tipo “non devo andare nel panico” oppure “non devo farmi prendere dall’ansia”. Puntualmente ottengono il risultato contrario, proprio perché non hanno fatto altro che figurarsi nella loro mente le immagini del fallimento, dando al cervello coordinate sbagliate. Otterrebbero un risultato completamente diverso se ripetessero più volte una frase del tipo: “rimarrò calmo e rilassato”.

2) Ora, sempre sullo stesso foglio, descrivi nel modo più preciso possibile come deve essere il risultato finale che vuoi ottenere: che aspetto avrà? Quali sono i parametri che ti permetteranno di capire che avrai raggiunto il tuo obiettivo? Cosa vedrai, udirai e quali sensazioni proverai quando avrai raggiunto il tuo obiettivo? Scrivi quanti più dettagli possibili, in modo che si formi nella tua mente un’immagine nitida del traguardo che intendi raggiungere. Ricorda che ogni cosa che hai ottenuto nella tua vita si è prima formata nella tua mente. E le cose per le quali ti sei più impegnato (e che probabilmente hai anche realizzato) sono quelle che hai desiderato di più. E desiderare vuol dire immaginarsi in modo dettagliato, vivido, grande, luminoso ciò che vogliamo ottenere. Significa immaginare i suoni che ascolteremo e le sensazioni bellissime che proveremo quando avremo realizzato il nostro obiettivo. Significa vivere mentalmente, più e più volte, le esperienze future che vogliamo perseguire. Ciò che scriverai ti servirà anche da procedura di verifica: infatti quanto più dettagliata sarà la descrizione di ciò che vuoi ottenere, tanto più riuscirai a riconoscere il momento in cui avrai raggiunto il tuo obiettivo. Inoltre mettendo per iscritto queste caratteristiche e rileggendole con una certa frequenza, creerai nella tua mente dei riferimenti precisi che avranno delle submodalità utili per attingere alle giuste risorse.

3) Verifica inoltre che l’obiettivo che ti sei posto non dipenda da altri. Ciò non vuol dire che devi fare tutto da solo (molti obiettivi richiedono la cosiddetta “alleanza di cervelli”, ossia l’interazione tra più persone), ma di sicuro devi accertarti che il tuo obiettivo non dipenda esclusivamente dall’azione di altri.

4) Verifica che il tuo obiettivo sia – come si suol dire in PNL – “ecologico”, cioè tale che la sua realizzazione non procuri alcun danno a te, all’umanità e all’ambiente nel quale vivi.

Ripeti la procedura (i punti da 1 a 4) per i restanti obiettivi che hai scelto.

Ora hai ancora bisogno di definire le opportune strategie per raggiungere i tuoi obiettivi e trovare le motivazioni giuste che ti consentano di perseguire i tuoi scopi con costanza ed entusiasmo. Vedremo come fare nei prossimi post.

sabato 5 settembre 2009

La lista dei nostri sogni

E dunque il primo passo è fissare degli obiettivi. Cosa vuoi veramente dalla vita? Cosa vuoi diventare? Quali sensazioni vuoi provare?
Il post di oggi sarà il primo passo verso la formulazione di obiettivi chiari e precisi ed è quindi particolarmente importante.

Abbiamo già detto quanto sia fondamentale avere degli obiettivi definiti e quantificabili. Potrei desiderare semplicemente “più soldi”. Oppure potrei desiderare di "guadagnare almeno 10.000 euro al mese". Chi ha l'obiettivo di “guadagnare semplicemente di più”, accetterebbe facilmente un lavoro di 2.000 Euro al mese. Ma se il suo reale obiettivo fosse guadagnare 10.000 euro al mese, molto probabilmente rifiuterebbe quel lavoro perché non coerente con l’obiettivo prefissato. A meno che la sua strategia non preveda di lavorare a 2.000 Euro al mese per un certo tempo in modo da mettere da parte il capitale necessario da investire successivamente in un progetto che gli procuri i 10.000 euro al mese ai quali ambisce.

Se abbiamo degli obiettivi precisi, se sappiamo veramente dove vogliamo arrivare, riusciremo a fare le nostre scelte con una certa facilità. Chi non ha obiettivi definiti e chiari, ha sempre enorme difficoltà a prendere decisioni. La persona che non sa cosa vuole dalla vita va facilmente in “tilt” ogni volta che si trova di fronte ad una nuova opportunità: la causa sta proprio nel fatto che quella persona non si è mai chiesta cosa realmente vuole dalla vita, perché, se lo avesse fatto, riuscirebbe facilmente a valutare se quell’opportunità può essere compatibile o meno con gli obiettivi finali che intende raggiungere. Se abbiamo degli obiettivi ben formati, riusciamo a far fronte agli inevitabili imprevisti che dovessero sorgere lungo il percorso. Se parto da Napoli e so di dover raggiungere Firenze, potrò anche trovare un’interruzione all’altezza di Roma, ma in tal caso saprò di dover trovare una strada alternativa che mi consenta di giungere a destinazione. Ma se parto da Napoli e non so dove arrivare, qualsiasi ostacolo lungo la strada potrebbe farmi deviare, arenare o addirittura farmi tornare indietro.

Ma definire gli obiettivi che perseguiremo nel corso della nostra vita non è facile. Se io ti chiedessi di scrivere su due piedi l’elenco degli obiettivi che dovranno caratterizzare la tua vita futura, probabilmente troveresti qualche difficoltà. Non è facile tracciare la rotta da seguire in pochi minuti e soprattutto avere la certezza di restare coerenti con quegli obiettivi e non rimetterli in discussione dopo qualche mese o qualche anno. Inoltre ti faresti inevitabilmente condizionare dalle tue risorse contingenti e dai i tuoi limiti attuali. Dopo qualche minuto la tua mente si ritroverebbe in quache circolo vizioso che ti porterebbe a demoralizzarti.

Ecco una tipica sequenza di pensieri con la quale ti troveresti a fare i conti:
- vorrei sviluppare quel progetto imprenditoriale e fondare un’azienda...
- ...m
a non ho nemmeno un euro da investire e poi forse sono un po’ avanti con gli anni per tentare questa strada...
- Mi convinene veramente?
- E se poi mi ritrovo a perdere la mia condizione attuale che comunque mi garantisce di vivere decentemente?
- Forse è meglio che ripiego su quest’altro obiettivo, anche se non è così gratificante. Ma almeno non è così rischioso...
”.

Ecco, se ti chiedessi di fare questo tipo di lavoro, ti ritroveresti ad utilizzare i “circuiti mentali” che utilizzi da sempre, quelli che probabilmente ti procurano un certo immobilismo o ti spingono ad affrontare le situazioni senza le giuste convinzioni e motivazioni.

Il lavoro che ti chiedo di fare è diverso. Iniziamo prima di tutto a scrivere tutti i tuoi sogni e gli obiettivi che potrebbero renderti felice. Prendi un foglio e una penna. Ti consiglio anche di preparare una cartellina che raccoglierà tutti i tuoi esercizi. Assicurati di avere un po’ di tempo a disposizione. Inizia a scrivere tutte le cose che avresti voluto fare e che non hai fatto. Tutti i sogni e i desideri che sono affiorati nella tua mente da quando sei nato. Scrivi tutti gli obiettivi che vorresti raggiungere a prescindere dalla loro complessità e dalle risorse che hai a disposizione. Se mentre scrivi affiora un pensiero che ti invita a tralasciare quell’obiettivo perché irrealizzabile o perché richiederebbe risorse che non hai, tu accompagna quel pensiero fuori dalla tua mente e scrivi ugualmente quell’obiettivo. In pratica mentre scrivi i tuoi obiettivi, poniti la seguente domanda: “Cosa vorrei realizzare nella mia vita se io avessi risorse infinite, un tempo infinito a disposizione e se avessi la garanzia di non poter fallire?”. Nota bene che qui non parliamo soltanto di obiettivi professionali, anche se più volte ho fatto riferimento a questa sfera. Devi scrivere tutto ciò che vuoi realizzare, fare, vedere, sentire, provare; e devono essere obiettivi relativi a qualsiasi sfera della tua esistenza (lavoro, hobby, studio e conoscenza, famiglia, divertimento etc..). Non aver paura di scrivere decine e decine di obiettivi: ricorda che abbiamo supposto che avrai a disposizione un tempo infinito per realizzare i tuoi obiettivi. Cerca di scrivere il più velocemente possibile, man mano che gli obiettivi ti vengono in mente. Usa delle abbreviazioni per velocizzare l’operazione, in modo da assecondare la tua mente che sicuramente viaggierà ad una velocità superiore a quella della tua penna. Vedrai che man mano che scriverai i tuoi obiettivi, te ne verranno in mente altri automaticamente. Nella tua mente si accenderanno decine di lampadine e questo processo ti darà anche delle belle soddisfazioni. Ricorda che non è detto che dovrai realizzare tutto ciò che avrai scritto: questo esercizio ti serve per liberarti di tutto ciò che hai dentro in merito alle tue aspirazioni. Pertanto non tralasciare nulla, anche se ti vengono in mente cose assurde e fantasiose.
Pensa che nella mia lista degli obiettivi (che contiene oltre 200 voci!), tra le altre cose, c’è anche “un viaggio sulla luna con annessa camminata lunare”, una “scalata di una tra le cinque vette più alte del mondo” oltre ad “imparare a guidare un sommergibile ed un elicottero” e a “lanciarmi con il paracadute”. Per inciso, tra gli obiettivi che qualche anno fa avevo scritto sul mio foglio, c’era anche “gestire un blog su internet” e ti assicuro che quando ho aperto questo blog mi era proprio passato di mente di aver indicato questo obiettivo nella mia lista (me ne sono accorto solo qualche settimana fa, rileggendo la mia lista): segno che già il semplice fatto di mettere per iscritto ciò che desideriamo, aiuta la nostra mente ad avere delle coordinate precise e indirizza meglio le nostre azioni.

Anche tu non devi aver paura di scrivere centinaia di obiettivi: lo scopo è quello di svuotare la mente da tutto ciò che nel corso degli anni hai considerato di realizzare, anche se per un solo istante. Ovviamente devi indicare degli obiettivi che, se realizzati, ti procureranno una certa dose di piacere. Se da bambino volevi fare il poliziotto, ma oggi sai che non ti darebbe alcuna soddisfazione, evita di inserire in lista questo obiettivo. E’ una precisazione scontata, ma a volte è opportuno farla perché ci sono alcuni che prendono alla lettera delle istruzioni senza avere la giusta elasticità mentale... :-)
L’unica accortezza che devi avere è scrivere degli obiettivi che abbiano un certo grado di definizione: per intenderci non ha senso scrivere “viaggiare”, “dimagrire”, “guadagnare di più” e "imparare le lingue"; è molto più utile scrivere: “fare un viaggio in Indonesia, in Giappone e in Brasile” o “raggiugere il peso forma di 70Kg” o “guadagnare almeno 10.000 euro al mese” o "studiare il corso multimediale di inglese che giace nella mia libreria da oltre 5 anni". Ciò permetterà in futuro alla nostra mentre di avere delle coordinate precise e soprattutto di saper riconoscere il momento in cui l’obiettivo sarà realizzato. Arresta il processo quando sei veramente convinto di aver tirato fuori tutto. Questo è solo il primo passo...

mercoledì 2 settembre 2009

Le persone di successo

Riprendo la pubblicazione dei post dopo la pausa estiva e ne approfitto per ricapitolare i principali concetti esposti in questi primi quattro mesi e per tracciare le linee guida del prossimo futuro.

Partiamo dal principio. Qual è lo scopo di questo sito? L’obiettivo di questo blog è fornire degli strumenti (o a volte dei semplici spunti di riflessione) che consentano al lettore di “migliorarsi” come persona, di crescere e di sentirsi realizzato. Parentesi doverosa: non ho la pretesa di considerarmi un guru di questa materia; il mio lavoro consiste nell’esporre concetti e teorie che ho appreso leggendo diversi libri sull’argomento e che ho sperimentato in prima persona. Pertanto in questo sito troverai anche alcune intuizioni personali, ma la maggior parte del lavoro è stata fatta da altri.

Ho affermato poc’anzi che, quanto esposto in questo blog, può aiutarci a sentirci realizzati. Ma come possiamo definire un “uomo realizzato”? Credo che si possa essere concordi nel definire “realizzato” colui che è riuscito a realizzare i suoi sogni. Ma non basta: un uomo realizzato è soprattutto colui che, oltre ad aver raggiunto gli obiettivi che si era prefissato, ha anche imparato a goderseli. Il mondo è davvero pieno di uomini che hanno fatto enormi sacrifici per raggiungere degli obiettivi, ma, una volta raggiunti, non sono stati in grado di goderseli.

I sogni di ciascuno di noi sono molto diversi: c’è chi sogna di dedicarsi al prossimo e vorrebbe diventare missionario, chi sogna di diventare un imprenditore, chi sogna di diventare un grande attore o un musicista. Ogni sogno ha uguale valore: qui non parliamo di quale obiettivo dia più o meno soddisfazioni, perché questo tipo di valutazione è puramente soggettiva. Semmai ci poniamo il problema di come dobbiamo comportarci per raggiungere quell’obiettivo, cioè di ciò che dobbiamo fare per realizzare i nostri sogni.

Alcuni autori hanno analizzato gli uomini di successo, cioè coloro che si ritengono pienamente soddisfatti della loro vita perché sono riusciti a realizzare i loro sogni. Ci sono delle caratteristiche comuni agli uomini di successo: se anche noi vogliamo ritenerci "realizzati", dobbiamo imparare a far nostre queste caratteristiche.

La prima caratteristica delle persone di successo, cioè di tutti coloro che sono riusciti a raggiungere i propri obiettivi, risiede nel fatto che quelle persone avevano effettivamente degli obiettivi. E’ un’affermazione apparentemente scontata, ma ti assicuro che sono davvero poche le persone che hanno degli obiettivi chiari nella vita. Nell’ultimo post abbiamo parlato della necessità di fissare degli obiettivi precisi e quantificabili; svilupperemo meglio questo argomento nel prossimo post.
Ma non basta avere uno o più obiettivi precisi: tutte le persone di successo hanno adottato una precisa strategia per raggiungere il loro scopo. Quindi il primo passo è fissare un obiettivo e il secondo è studiare una precisa strategia per ottenerlo. Ma a cosa serve un buon obiettivo e una buona strategia se poi non si passa all’azione? Ecco che tutte le persone di successo sono portate all’azione: c’è chi ha degli obiettivi, ha una strategia per raggiungerli, ma non ha mai alzato un dito per realizzare ciò che desidera. La differenza tra chi ha realizzato qualcosa e chi avrebbe voluto farlo, sta semplicemente... nell’azione, ossia nella capacità di attuare quella strategia. Ma non è detto che ogni persona di successo abbia sempre adottato la strategia giusta (l'infallibilià non è prerogativa del genere umano!): ecco che un’altra caratteristica delle persone di successo è la capacità di analizzare obiettivamente i risultati ottenuti, giorno dopo giorno, ed eventualmetne correggere la rotta, modificare la strategia in modo da avvicinarsi sempre di più all’obiettivo finale. In fin dei conti la formula del successo è tutta qui: 1) fissare degli obiettivi 2) studiare una strategia 3) agire 4) valutare in itinere i risultati e rimodulare la strategia quando necessario. Svilupperemo tutti questi argomenti nei post futuri.

Le persone di successo hanno poi un sistema di credenze in linea con gli obiettivi che intendono raggiungere: in altre parole hanno un insieme di convinzioni profonde che rema a loro favore e non contro. Ogni persona di successo è sempre stata fermamente convinta di avere le risorse e le caratteristiche per poter realizzare i suoi sogni. Questo è un argomento che abbiamo già affrontato in diversi post e ti invito a rileggerli per rafforzare i concetti. L’importanza di avere delle convinzioni potenzianti e di liberarsi delle convinzioni limitanti è stata affrontata nei seguenti post:
1) Il potere delle nostre convinzioni
2) Il ciclo del successo
3) Il labirinto delle nostre convinzioni
4) Liberarsi di una convinzione limitante
5) La PNL per cambiare le nostre convinzioni

Inoltre le persone di successo hanno solitamente una serie di convinzioni di base sulla propria esistenza e sulle cose che accadono che in generale permette loro di avere un approccio utile e produttivo verso qualsiasi cosa accada o che si accingono a fare. Un esempio tipico è l'interpretazione che alcuni hanno del fallimento. Alcuni lo interpretano come un segnale che indica di non essere idonei per ciò che si sta facendo; questa categoria di persone è solita vivere il fallimento come un invito a rinunciare. Ci sono invece altre persone che interpretano il fallimento come un utile segnale per capire quale strada non deve essere più percorsa e come un’opportunità per trovare una strada alternativa che permetta loro di raggiungere il proprio obiettivo. Sicuramente la seconda credenza relativa al fallimento è molto più potenziante della prima ed è una di quelle convinzioni che caratterizzano le persone di successo. Uno dei prossimi post sarà dedicato alle cosiddette “credenze del successo”.

Come detto, tutte le persone che hanno realizzato qualcosa di importante nella vita, lo hanno fatto perché hanno agito. Senza l’azione non è possibile raggiungere alcun risultato. L’azione deve essere costante, mirata, precisa, metodica e finalizzata al raggiungimento degli obiettivi. E come si creano i presupposti per agire in questo modo? E’ necessario trovarsi nello stato d’animo giusto! Ognuno di noi ha sperimentato uno stato d’animo di forte motivazione ed entusiasmo per ciò che stava facendo: è uno di quegli stati d’animo che può consentirti di dormire 4 ore a notte pur di portare avanti il tuo progetto. Ma quanti di noi riescono a perdurare in uno stato d'animo utile? Lo stato d'animo della maggior parte delle persone è condizionato dagli eventi esterni, anzi è completamente in balìa degli eventi: ecco che un giorno ci capita di trovare le giuste motivazioni che ci spingono ad agire ed il giorno dopo piombiamo in uno stato d’animo di apatia e di pigrizia perché qualcosa ci è andato storto. E questo stato d'animo non ci spinge certo a perseguire il nostro obiettivo con costanza e metodo. Poi magari dopo una settimana ritorniamo a riflettere sul nostro progetto, ci rendiamo conto di quanto sarebbe bello realizzarlo e ritroviamo le giuste motivazioni e il giusto entusiasmo. Ma per quanto tempo? Non saper controllare i propri stati d’animo è una delle principali cause di fallimento. Una delle caratteristiche tipiche della persone di successo è proprio la capacità di sapersi mettere continuamente nello stato d’animo adatto per perseguire il proprio obiettivo. Questo è un argomento che in parte abbiamo già affrontato. Abbiamo già visto come sia in nostro potere “dirigere” gli stati d’animo e richiamare in qualsiasi momento lo stato d’animo che desideriamo. Abbiamo anche imparato ad ancorarlo, in modo da recuperare quelle sensazioni in pochi secondi. Ecco i post che parlano di questo argomento:
1) Stati d'animo
2) Stati d'animo /2
3) Richiamare uno stato d'animo
4) Cambiare stato d'animo grazie alle intuizioni di Pavlov

In futuro svilupperemo ancora meglio questo concetto e impareremo a ricreare le opportune condizioni che ci permettano di perseguire i nostri scopi con costanza e metodo.

Ma torniamo alle caratteristiche del successo. Le persone di successo sono in grado di decidere e sanno farlo anche alla svelta. Ci sono persone capaci di far tracorrere degli anni prima di decidersi se andare a destra o a sinistra: fanno trascorrere del tempo nella speranza di poter fare valutazioni più precise, senza sapere che tali ulteriori parametri di valutazione, nella maggior parte dei casi, non arriveranno mai. Ogni volta che siamo chiamati a fare una scelta dobbiamo fare i conti con l’incertezza delle conseguenze. Anche perché, se avessimo la certezza di ciò che comporterà la nostra decisione, non avremmo bisogno di rifletterci nemmeno un secondo, perché automaticamente apparirebbe chiara la strada da seguire. Prendere tempo in attesa di un'ipotetica certezza è la cosa più inutile che si possa fare quando siamo chiamati a decidere: perché ogni scelta implica, per definizione, di dover accettare un certo margine di imprevedibilità. Ecco che le persone di successo sono in grado di vincere le loro paure e scegliere con relativa rapidità, dopo aver valutato le informazioni in loro possesso. Sono quelle persone - per intenderci - abituate ad uscire spesso dalla loro comfort zone. Sono persone non incastrate nelle loro abitudini e pertanto più propense a sperimentare nuove cose e a focalizzare di più l’attenzione su ciò che otterrebbero da una determinata scelta, piuttosto che su ciò che eventualmente perderebbero.
Ho parlato di zona di comfort in questi post:
1) Abituarsi a non abituarsi
2) Affrontare la paura

Ho anche descritto un’utile tecnica di PNL per vincere le paure nel post del 22 giugno. Può essere applicata ogni volta che ci rendiamo conto razionalmente di dover superare le nostre paure se vogliamo davvero raggiungere i nostri obiettivi.

Le persone di successo sono coloro che hanno una comunicazione interna molto produttiva: abbiamo affrontato l’argomento in questo post e lo svilupperemo ulterioremente in futuro.

Un’altra caratteristica delle persone di successo è la capacità di sapersi relazionare agli altri: chi compie delle azioni che danneggiano gli altri, forse riuscirà a raggiungere i propri obiettivi, ma resterà probabilmente da solo (o circondato da gente opportunista come lui) e di ciò che ha ottenuto non saprà cosa farsene. La capacità di saper comunicare con gli altri e di saperli rispettare, il principio secondo cui la gente è la nostra maggior risorsa, è una delle chiavi che ci consentirà di ritenerci davvero una persona di successo.