giovedì 18 giugno 2009

Stati d'animo

Nell’ultimo post abbiamo parlato dello stato d’animo della paura e di come sia importante affrontarlo subito per evitare che la nostra mente lo amplifichi a dismisura. Nel prossimo post esporrò una tecnica di programmazione neurolinguistica molto potente per affrontare le paure e le fobie. Ma prima è necessario fare un passo indietro e parlare più in generale di cosa sono gli stati d’animo.

Abbiamo parzialmente affrontato l’argomento in uno dei primi post di questo blog, quando abbiamo accennato al fatto che non sono gli eventi esterni che “portano con sé” l’emozione che noi proviamo, ma siamo noi che decidiamo quale emozione associare ad ogni evento esterno. In altre parole ogni nostra emozione, sia essa piacevole o spiacevole, non è generata direttamente da qualcosa che vediamo, ascoltiamo o ci succede. Ogni emozione che proviamo è semplicemente la conseguenza del modo in cui noi interpretiamo ciò che vediamo, ascoltiamo o ci succede: noi attribuiamo un significato ad ogni evento esterno e quel significato dà al nostro cervello le istruzioni necessarie per “produrre” uno stato d’animo, che in termini fisiologici non è altro che l’attivazione di determinate reazioni chimiche (ad esempio alla felicità corrisponde la produzione di endorfine).

Ogni persona interpreta a modo suo gli eventi esterni: ciò che a noi fa paura, potrebbe generare sensazioni di piacere in altre persone; alcuni potrebbero sentirsi gratificati da qualcosa che a noi rende nervosi.

Anche noi stessi possiamo rispondere in modo diverso a determinati stimoli esterni. Probabilmente anni fa c’erano cose che ci infastidivano e che ora invece abbiamo imparato a tollerare. In passato provavamo più piacere nel fare certe attività che probabilmente ora non ci procurano più le stesse emozioni. La nostra evoluzione, le nostre esperienze cambiano anche il modo di interpretare gli eventi esterni e ciò modifica la percezione che abbiamo di essi.

Anche nel giro di pochi minuti uno stesso evento può essere interpretato in due modi completamente opposti. Immagina di trovarti in auto, di ritorno dal lavoro, stanco e nervoso perché hai passato una giornata terribile. Un idiota ti taglia la strada e per giunta ti riempie di ingiurie. Come intepreti questo evento? E’ probabile che il tuo nervosismo aumenti e che il tuo cervello produca “le reazioni chimiche” della rabbia che ti spingono a reagire e a cercare lo scontro.
Supponi che pochi minuti dopo quest’episodio, la radio comunica le estrazioni del lotto e scopri che sulla ruota di Bari sono usciti i 3 numeri che giochi da sempre. Hai preso un magnifico terno di 50mila Euro! Il tuo stato d’animo cambia repentinamente: ti fai invadere dalle endorfine, diventi felice, euforico, energico e vitale. Immagina poi che, proprio in quell’istante, ripassi lo stesso idiota di qualche minuto prima che ti taglia di nuovo la strada e ti riempie nuovamente di ingiurie. Che effetto ti fa? E’ molto probabile che, euforico per la vincita appena riscontrata, tu ti faccia “scorrere sulla pelle” questo episodio; magari potresti reagire con un semplice sorriso... Penseresti: “ho vinto 50mila euro, che mi frega di questo idiota che sta delirando?”.
Ecco che nel giro di qualche minuto, hai interpretato uno stesso evento esterno (l’uomo che ti taglia la strada e ti riempie di ingiurie) in due modi completamente opposti e la risposta del tuo cervello, in termini di sensazioni e stati d’animo associati, è stata diversa.

Ciò dimostra che ogni sensazione che proviamo non è mai conseguenza diretta di qualcosa che è successo. Non sono gli eventi che "portano" gli stati d'animo, ma è il modo in cui noi li interpretiamo che ci procura sensazioni. Gli eventi esterni sono solo una causa indiretta dei nostri stati d’animo. La giusta sequenza è questa: 1) succede qualcosa, 2) noi interpretiamo quell’evento in un determinato modo, 3) la nostra interpretazione dà al cervello le istruzioni su quale stato d’animo “produrre”, 4) il nostro cervello attiva reazioni chimiche finalizzate a farci provare quella sensazione fisica.

Ciò che voglio realmente comunicarti è questo: sei TU che attribuisci valore alle cose che succedono; sei TU che decidi quanto peso devono avere per te le cose che ti capitano; sei TU che decidi se una cosa può o deve farti soffrire o se deve procurarti piacere. Non è ciò che succede che ti fa star bene o male, ma il significato che TU attribuisci a ciò che accade. Visto che il significato lo attribuisci TU e solo TU, allora hai il potere di modificare, in qualsiasi momento, il significato che attribuisci agli eventi esterni: puoi riprogrammare gli stati d’animo da “provare” in corrispondenza di determinati stimoli esterni. Del resto è una cosa che già fai continuamente (come nel caso paradossale descritto poco fa). Il problema è che non ne hai consapevolezza: non ti sei mai reso realmente cosciente di quanto sei padrone dei tuoi stati d’animo e delle tue emozioni. Il primo passo è proprio prendere consapevolezza di questo enorme potere che hai: la capacità di gestire i tuoi stati d’animo.

Fin da subito sforzati di interpretare in modo diverso il rapporto causa-effetto che genera i tuoi stati d’animo: non è più valida l’affermazione “Marco mi fa incazzare quando arriva in ritardo”; tale affermazione va modificata con “io decido di incazzarmi quando Marco fa ritardo”. Non è più valida l’affermazione “Il tramonto mi procura emozioni bellissime”, ma va modificata con l’affermazione “Io faccio in modo che il tramonto mi procuri emozioni bellissime”. Non è l’evento esterno a procurarci emozioni, ma è come noi lo interpretiamo.

Ovviamente tale interpretazione è il più delle volte inconscia e automatica ed è influenzata dalla nostra educazione, dalla nostra cultura, dai modelli di insegnamento che abbiamo ricevuto, dalle esperienze che abbiamo fatto e da come il nostro cervello le ha rielaborate. Un individuo cresciuto in una famiglia di marchesi “deciderà” di “provare imbarazzo” anche se ha un capello sulla giacca. Una qualsiasi altra persona non proverebbe poi così tanto imbarazzo in una situazione del genere. I modelli comportamentali trasferiti dalla famiglia del marchese hanno plasmato quell’individuo in modo diverso rispetto alla stragrande maggioranza delle persone...

Ciò non toglie che è sempre l’individuo ad essere padrone dei suoi stati d’animo. L’obiettivo deve essere quello di NON demandare completamente la gestione degli stati d’animo al nostro sistema inconscio, ma imparare gradualmente a rendere tale gestione sempre più consapevole.
Così impareremo a prendere il controllo di quei meccanismi che ci fanno arrossire, ci limitano e ci bloccano, ci deprimono, ci fanno gioire, ci danno motivazioni, ci spingono all’azione, ci permettono di rilassarci o di rimanere concentrati.

E pensate quale grande potere potrebbe derivare dal prendere pieno possesso della leva di comando dei nostri stati d’animo...

Quindi ricorda: il primo passo è prendere consapevolezza di essere padroni dei propri stati d’animo.

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