tag:blogger.com,1999:blog-3263776068365683022024-03-13T21:02:00.748-07:00Personal Power: PNL e sviluppo personaleIl blog che con la programmazione neurolinguistica ti aiuta a scoprire il tuo potere personale.Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.comBlogger43125tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-66641107963140193072009-11-30T06:28:00.000-08:002010-06-20T15:05:19.849-07:00La checklist del successo<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjaiSHq5r0qJkziVBJrp1qu1eOWE0E3KCUPlCkaxWG5qBMy2OhKaUTPcNrDCgrjVrcLC_A43e8ylw3BKZRVNjW9-wun8OBsmaKW_3NNnWxcerEp-dy4bAn5vV9apn-UASmLbDlSieatdTmB/s1600/checklist2.gif"><img style="MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 203px; FLOAT: left; HEIGHT: 209px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5409907600631630402" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjaiSHq5r0qJkziVBJrp1qu1eOWE0E3KCUPlCkaxWG5qBMy2OhKaUTPcNrDCgrjVrcLC_A43e8ylw3BKZRVNjW9-wun8OBsmaKW_3NNnWxcerEp-dy4bAn5vV9apn-UASmLbDlSieatdTmB/s320/checklist2.gif" /></a>In questo post riassumerò in pochi concetti alcuni degli argomenti più importanti trattati fino a questo momento. Partiremo come sempre dagli obiettivi e vedremo quali sono i requisiti che ci danno maggiori possibilità di realizzarli.<br /><p>Ogni volta che ci prefiggiamo di raggiungere un risultato, sarebbe opportuno verificare alcune condizioni: è quella che io chiamo la “checklist del successo”, cioè la lista di tutto i requisiti che devono essere soddisfatti per avere ottime possibilità di realizzare quell’obiettivo. Se mi accorgo che anche un solo requisito non è soddisfatto, allora evito di iniziare a lavorare al mio progetto perché so già di avere una o più condizioni che “remano contro” e che potrebbero portarmi a fallire. In tal caso faccio in modo di procurarmi gli strumenti che mi mancano, in modo da soddisfare tutti i requisiti della mia checklist e solo dopo averli soddisfatti tutti, mi metto al lavoro per ottenere ciò che mi sono prefissato.<br /><br />Il primo strumento di cui ho bisogno per raggiungere i miei obiettivi è il “<strong>desiderio</strong>”. Posso avere le capacità per portare avanti un progetto, posso avere le giuste convinzioni, la strategia migliore e tutta l’esperienza di questo mondo, ma se non desidero raggiungere quell’obiettivo, sarà molto difficile che io possa “costringermi” a farlo. Quindi la prima domanda che mi pongo è: <strong>desidero veramente raggiungere questo obiettivo</strong>?<br />Spesso in passato mi capitava di cimentarmi in progetti che non desideravo realmente o che m’illudevo potessero darmi piacere. Puntualmente dopo una settimana o un mese perdevo l'iniziale interesse e abbandonavo il progetto. Tirando le somme mi accorgevo di aver sprecato del tempo in qualcosa che non mi aveva procurato alcun beneficio. Oggi cerco sempre di capire se desidero realmente perseguire un certo obiettivo, prima ancora di dedicarmi ad esso.<br /><br />Altre volte mi capita di non desiderare affatto di cimentarmi in determinate attività, ma di avere la consapevolezza che quelle attività debbano essere fatte. Situazioni del genere capitano quando sappiamo razionalmente di dover fare una determinata cosa, ma avvertiamo che quella cosa non ci procura piacere e siamo quindi portati a farla controvoglia. Un classico esempio è quando ci proponiamo di migliorare la nostra condizione fisica svolgendo un’attività sportiva con regolarità: è una pratica che sappiamo (razionalmente) di dover fare, ma che potremmo ritenere faticosa, noiosa, e ripetitiva; ed è improbabile provare un forte desiderio per un’attività che non gradiamo. Quando mi capita di vivere una situazione del genere, mi sforzo di reinterpretare quell’attività, di osservarla da un’altra prospettiva, in modo tale da far nascere in me il desiderio di dedicarmi ad essa. Ma come possiamo far nascere il desiderio di fare o ottenere qualcosa? Lo abbiamo già visto in passato, quando abbiamo parlato della leva piacere/dolore: abbiamo imparato a spostare una certa quantità di dolore all’idea di non fare una determinata cosa e, al contrario, abbiamo imparato ad amplificare il piacere che deriverebbe dal portare a compimento quel determinato progetto (ti consiglio di leggere i vecchi post che parlano di motivazioni per una trattazione più approfondita di questo argomento). Ad esempio potremmo provare avversione per lo sport perché ci immaginiamo affaticati nell’atto di fare attività sportiva o intenti a compiere immani sacrifici: quest’idea ci procura dolore e quindi ci impedisce di desiderare di fare quell’attività. Ma se operiamo un cambiamento di prospettiva e iniziamo a focalizzare l’attenzione sul piacere che deriverebbe dall’avere un fisico atletico e scattante o sull’idea di avere una salute migliore, qualcosa potrebbe cambiare. E se contemporaneamente spostassimo più dolore sull’idea di restare nella situazione contingente (magari immaginandoci come saremmo tra 5, 10 o 20 anni se continuassimo a trascurare la nostra salute), probabilmente riusciremmo a far nascere in noi il desiderio di dedicarci a qualche attività sportiva. In parole povere, già il sostituire nella nostra mente l’immagine di noi stessi affaticati su una cyclette, con l’immagine di un fisico tonico e scolpito potrebbe essere sufficiente per desiderare di agire.<br /><br />Una volta che ho preso atto di desiderare di raggiungere un determinato obiettivo, mi preoccupo di renderlo <strong>quantificabile</strong> e <strong>ben definito</strong>. Questo è il secondo punto della mia checklist. La domanda a cui rispondo è la seguente: <strong>quando mi accorgerò di aver raggiunto il mio obiettivo? Quali risultati concreti e misurabili dovrò verificare?</strong> Così nel caso dell’attività fisica, il mio obiettivo quantificabile potrebbe tradursi nel riuscire a sollevare 50Kg con i muscoli pettorali oppure nel perdere 5Kg di peso corporeo. E’ fondamentale avere dei parametri di valutazione, in modo da sapere riconoscere il momento in cui avremo raggiunto il nostro obiettivo. Porsi degli obiettivi troppo vaghi (come “devo dimagrire”, “devo cambiare lavoro” o “devo guadagnare di più”) ci impedisce di studiare una strategia adeguata e crea più facilmente i presupposti per il fallimento.<br /><br />Il terzo punto della mia checklist è rappresentato dalle <strong>convinzioni</strong>. Ho scritto tantissimo in questo blog sull’importanza delle convinzioni. Ricorda che è sempre valido il principio per cui “se sei convinto di non essere in grado di raggiungere un obiettivo, la tua mente non ti permetterà mai di raggiungerlo”. Lo stesso principio può essere espresso nella forma seguente: “<strong>la tua mente non può realizzare qualcosa in cui non crede</strong>”. Abbiamo parlato in passato degli ostacoli e degli autosabotaggi che la nostra mente può mettere in atto pur di rimanere coerente con le proprie convinzioni. Ecco quindi che diventa fondamentale verificare se <strong>siamo realmente convinti di poter raggiungere il nostro obiettivo</strong>. Il terzo punto della checklist risponde alla domanda: “<strong>sono convinto di potercela fare? Penso di avere le giuste risorse e capacità per poter perseguire il mio obiettivo nel migliore dei modi?</strong>”. Se ho dei dubbi, provvedo a cambiare o a rafforzare le mie convinzioni attraverso delle opportune tecniche di PNL. Quando abbiamo forti convinzioni accediamo automaticamente a delle risorse mentali che ci permettono di dedicarci in modo ottimale alle nostre attività. In passato abbiamo ampiamente parlato delle tecniche di PNL per modificare le nostre convinzioni e ti invito a rileggere i vecchi post per capire come fare.<br /><br />Il quarto punto della mia checklist è rappresentato dalla <strong>strategia</strong>: per realizzare obiettivi anche piuttosto complessi ho bisogno di un preciso programma, organizzato in “step” e verifiche intermedie. Una strategia precisa, ma anche elastica; che mi permetta di capire in tempo se sto percorrendo la strada giusta per raggiungere la meta ed eventualmente di trovare strade alternative nel caso in cui nascessero ostacoli imprevisti. Il primo strumento per individuare una precisa strategia è porsi le <strong>giuste domande</strong>. Abbiamo dedicato un post intero al potere delle domande e ti invito a rileggerlo. Molte volte la definizione di una strategia passa per l’<strong>acquisizione di informazioni</strong> adeguate. Io non sottovaluto mai l’importanza di acquisire le giuste conoscenze prima di incamminarmi lungo il tragitto che mi avvicinerà alla meta. Tornando all’obiettivo di migliorare il mio stato di salute, se mi sono prefissato di raggiungere una certa capacità aerobica nell’arco di un mese, è inutile che un minuto dopo mi metta a correre in un parco pubblico senza un metodo e senza le giuste conoscenze in materia. Piuttosto che improvvisare, sarebbe meglio acquistare un libro che mi spieghi come ottenere quell’obiettivo nel modo corretto. Oppure potrei rivolgermi ad un trainer che abbia una sufficiente esperienza per consigliarmi un buon programma di allenamento. Una buona strategia passa sempre attraverso l’acquisizione di opportune informazioni. Altro punto importante è la capacità di saper delegare. Ci sono progetti che richiedono l’intervento di più persone e la capacità di assegnare dei compiti diventa fondamentale.<br />In molti casi diventa importante “farsi venire” delle idee. E’ il caso dei progetti professionali, quelli ad esempio che rispondono alla domanda “<em>cosa posso inventarmi per fare più soldi?</em>”. Oppure “<em>Cosa posso inventarmi per risolvere questo problema?</em>”. In questi casi è importante sollecitare la nostra creatività. Ci sono degli ottimi strumenti che ci aiutano a fare i cosiddetti <em>brainstorming</em> in modo efficiente. Uno di questi strumenti è rappresentato dalle <strong>mappe mentali</strong> di cui parleremo in un post futuro.<br /><br />Quinto punto: i <strong>valori</strong>. Quest’ultimi sono delle convinzioni ancor più forti e rappresentano la nostra bussola, ciò che ci guida ad un livello superiore. Ogni volta che fisso un obiettivo e definisco una strategia per ottenerlo, verifico sempre che sia compatibile con i miei valori. Nei post più recenti abbiamo imparato ad individuare i nostri valori e a modificarli per limitare i conflitti. Ora dobbiamo verificare che gli obiettivi che ci siamo posti siano compatibili con la nostra lista di valori. Supponiamo che mi sia posto l’obiettivo di guadagnare di più e che abbia anche definito un’opportuna strategia per ottenerlo. Scorrendo la lista dei miei valori mi accorgo di aver dato un peso importante al valore dell’onestà e che nella mia strategia per "guadagnare di più" c’è una fase in cui devo raccontare delle menzogne ad alcuni potenziali clienti per riuscire a piazzare un determinato prodotto. In questo caso so già che potrei andare incontro ad un conflitto interiore e trovare forti difficoltà nel vincerlo. Allora devo cambiare strategia, crearne una che sia perfettamente compatibile con i miei valori.<br />Più di una volta mi è capitato di essermi dedicato per mesi ad un progetto e ad un certo punto di averlo riposto in un cassetto perchè ero incapace di andare avanti. Col senno di poi mi sono reso conto che da quel momento in poi avrei dovuto fare delle azioni che erano incompatibili con i miei valori e ciò mi creava frustrazioni. Ma è inutile spendere mesi del proprio tempo in un'attività per poi rendersi conto di essere incapaci di portarla avanti perché palesemente in conflitto con alcuni valori personali. Molto meglio fare una verifica a monte e creare i presupposti affinché nessun conflitto di valori debba mai verificarsi.<br /><br />Bisogna poi passare alla fase più importante: l’azione. Posso fissare un obiettivo, desiderarlo ardentemente, avere le giuste convinzioni e le migliori strategie, ma se alla fine non agisco non otterrò mai niente. C’è un aforisma bellissimo che avrò letto su qualche libro e al quale sono molto legato. Dice: “<em>al mondo ci sono solo due categorie di falliti: chi agisce senza pensare e chi pensa senza agire</em>”.<br />Ma cosa crea i presupposti per agire in modo adeguato ed incisivo? E’ il nostro stato d’animo, come abbiamo più volte ripetuto. Ecco che in questa fase mi preoccupo di trovare le “giuste ricette” in grado di procurarmi lo stato d’animo opportuno che mi possa permettere di dedicarmi al mio obiettivo nel migliore dei modi. Abbiamo parlato di questo argomento nei post relativi alle motivazioni.<br /><br />In ultima analisi mi preoccupo di fare una cosiddetta “verifica ecologica” accertandomi che la realizzazione del mio obiettivo non porti svantaggi di qualsiasi tipo a me o a terzi.<br /><br />Solo quando tutti i punti della mia checklist sono soddisfatti, posso partire per il mio tragitto, sicuro di aver creato i presupporti migliori per avere successo.</p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-81191211212444717022009-11-21T03:36:00.000-08:002010-06-20T15:05:34.493-07:00Obiettivi e stati d'animo<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGGfrKwzrW41V8w0h_3U1ciU2ZloQwPsDF_2FhshcV9TAPS9MqJtXv6yYQGzxT6W6L649Q-AJlyYl91uN1pyh74HmDmADCuH55rjZlMvEtD4t6J2mnHni_c5JiTln6MgsKTx-dIIpzkBki/s1600/success.jpg"><img style="MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 161px; FLOAT: left; HEIGHT: 220px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5406525360758133026" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGGfrKwzrW41V8w0h_3U1ciU2ZloQwPsDF_2FhshcV9TAPS9MqJtXv6yYQGzxT6W6L649Q-AJlyYl91uN1pyh74HmDmADCuH55rjZlMvEtD4t6J2mnHni_c5JiTln6MgsKTx-dIIpzkBki/s320/success.jpg" /></a> Qualche post fa abbiamo parlato di obiettivi. Abbiamo visto come sia importante avere degli <strong>obiettivi ben formati</strong>, ossia definiti in modo dettagliato, quantificabili e che abbiano una data di scadenza (cioè un termine ultimo entro il quale debbano essere realizzati).<br /><br />Avere degli obiettivi è fondamentale: la necessità di <strong>crescere</strong> e di <strong>migliorarsi</strong> è<strong> insita nella natura umana</strong> e quindi il primo requisito per considerarci "vivi" è definire la direzione che ci porterà a migliorarci. Le persone che ad un certo punto della vita smettono di chiedersi in che modo possono migliorare e acquisiscono un atteggiamento mentale di staticità, si avviano inesorabilmente a spegnersi.<br /><br />Ma abbiamo anche parlato di stati d’animo e di come quest’ultimi siano <strong>indipendenti </strong>dagli eventi esterni e completamente <strong>sotto il nostro controllo</strong>. Non è facile prendere il totale controllo delle nostre sensazioni: c’è bisogno di tempo e di un allenamento continuo, ma è possibile.<br />Abbiamo inoltre dimostrato come la qualità di ogni nostra azione dipenda dallo stato d’animo nel quale ci troviamo. Cambiando il nostro stato d’animo recuperiamo automaticamente le giuste risorse che ci consentono di perseguire in modo adeguato questo o quell’obiettivo.<br /><br />A questo punto però è necessario fare un’importantissima precisazione: <strong>il bisogno di migliorarsi da parte di un individuo e il suo stato d’animo sono concetti indipendenti</strong>. Guai a collegare uno stato d’animo di piacere solo all’idea di raggiungere un obiettivo. Questo sarebbe l’errore più grande che potremmo fare.<br /><br />Quante persone hanno l’obiettivo di migliorare la propria situazione finanziaria? Nella maggior parte dei casi hanno creato nella loro mente una serie di meccanismi per cui l’idea del piacere e della felicità è ancorata al momento in cui raggiungeranno l’obiettivo finanziario prefissato. Di conseguenza saranno disposte a fare attività stressanti, faticose e poco gratificanti pur di raggiungere quella meta. Questi individui ritengono che il raggiungimento di quell’obiettivo possa dar loro felicità e che, per raggiungere questa determinata condizione, debbano inevitabilmente percorrere un tragitto caratterizzato da sacrifici e sofferenza. Probabilmente queste persone rimarranno molto deluse quando raggiungeranno il loro obiettivo: lo stato d’animo negativo nel quale si sono immerse per lughi periodi, impedirà loro di godere appieno dei risultati raggiunti.<br /><br />In realtà l’atteggiamento che dobbiamo avere nei confronti dei nostri obiettivi deve essere invertito: non è l’obiettivo in sè che deve darci piacere, ma dobbiamo <strong>provare gioia ed entusiasmo all’idea di percorrere un tragitto che ci avvicinerà gradualmente al nostro obiettivo</strong>. Non dobbiamo costringerci a sacrificarci per anni in attesa di un fantomatico momento di liberazione nel quale potremo dar libero sfogo alla nostra felicità. Ma dobbiamo <strong>godere di ogni singolo passo</strong> che ci permette di avvicinarci al nostro traguardo. <strong>E’ l’idea di avvicinarci sempre più alla meta che deve entusiasmarci, non la meta stessa</strong>.<br /><br />Allora non commettiamo l’errore di collegare l’idea del piacere al momento in cui avremo raggiunto l’obiettivo, altrimenti potremmo ritrovarci in uno stato d’animo di perenne insofferenza. E ricorda che la qualità delle nostre azioni dipende dallo stato d’animo nel quale ci troviamo. E quando siamo immersi continuamente in uno stato d’animo che non ci è congeniale, agiamo in modo poco incisivo, anzi rischiamo di creare i presupposti per un autosabotaggio e quindi per il fallimento. E’ questo uno dei motivi per cui molte persone si prefiggono degli obiettivi e inevitabilmente falliscono. Pensano: "<em>come sarebbe bello se avessi una casa tutta mia</em>" oppure "<em>come sarebbe bello se imparassi questa abilità</em>". E nel momento in cui lo dicono già associano l’idea di piacere al momento preciso in cui avranno realizzato il loro obiettivo, senza preoccuparsi di studiare un percorso di avvicinamento alla meta che sia di per sè gratificante ed entusiasmante. Un altro caso tipico è quello delle persone che vogliono incrementare i propri guadagni e si ritrovano a svolgere attività che odiano. Magari lavorano 12 ore al giorno, si sottopongono a degli stress enormi. E tutto ciò in attesa che arrivi quel giorno in cui potranno dire: "<em>ce l’ho fatta! ho raggiunto il mio obiettivo finanziario</em>". Sarebbe una gioia effimera, che durerebbe poche ore: perché quelle persone avranno ancora in circolo le "scorie tossiche" di anni e anni di sacrifici e privazioni. Avrebbero educato la loro mente a sopportare grandi sacrifici, a fare le cose controvoglia, a soffrire in attesa della liberazione e questo atteggiamento acquisito impedirà loro di provare veramente piacere. E così quelle persone rimarranno deluse dal fatto che la meta che si erano prefissate non gli abbia dato il livello di soddisfazione che speravano (come se il piacere fosse insito nell’evento esterno e non fosse "programmato" dai noi stessi). Ed ecco che il circolo vizioso ricomincerà: "<em>se ho raggiunto questa meta, ma non mi ha dato le soddisfazioni che mi aspettavo, allora vuol dire che non è sufficiente. Devo ottenere di più. Devo fare un ulteriore scatto di carriera o espandere la mia attività o devo migliorare questa mia abilità e così via...</em>". E non fanno altro che ripetere all’infinito l’errore che hanno commesso fin dall’inizio: associare l’idea del piacere ad un evento futuro e sacrificarsi per cercare di ottenerlo. E quando lo raggiungeranno non saranno soddisfatti. Il circolo vizioso ricomincerà e le frustrazioni aumenteranno sempre di più.<br /><br />Ora ci sono persone che ad un certo punto si stancano di sacrificarsi e di soffrire e allora abbandonano la gara. E’ piuttosto normale: il nostro cervello non si trova a suo agio in una condizione di stress permanente e prima o poi potrebbe creare i presupposti per "ritirarsi dalla corsa". E’ comunque una condizione che genera frustrazione, perché l’idea di non aver raggiunto degli obiettivi che ci si era prefissati genera sempre una certa sofferenza. Poi ci sono delle persone che hanno esercitato a tal punto la forza di volontà e lo spirito di sacrificio che vanno avanti a tutti i costi. Si sovraccaricano di stress e di sensazioni negative perché l’idea di dover raggiungere il "piacere" è troppo allettante. Ma come già spiegato queste persone non riusciranno mai a godere appieno dei risultati raggiunti, perché avendo educato per anni la propria mente in un certo modo, avranno perso completamente l’abitudine a "<strong>godersi il momento</strong>". E anche queste persone, tirando le somme, vivranno una condizione di perenne frustrazione, perchè si troveranno a rincorrere una "carota" che non raggiungeranno mai. Ma non perché sia irraggiungibile, ma perché loro stessi hanno deciso (più o meno incosapevolmente) di collocare l’idea del piacere all'ottenimento di qualcosa che non riusciranno mai a stringere tra le mani.<br /><br />E allora qual è la soluzione? La soluzione sta in ciò che ho premesso in questo post. Il raggiungimento degli obiettivi è (e deve) essere <strong>indipendente</strong> dagli stati d’animo che proviamo. Per uscire da quel tremendo circolo vizioso dobbiamo prendere piena consapevolezza del fatto che <strong>siamo padroni dei nostri stati d’animo</strong> <strong>e per essere felici non abbiamo bisogno assolutamente di NIENTE</strong>. Possiamo decidere di essere felici adesso. Basterebbe un esercizio di 5 minuti per fare provare a qualsiasi persona una sensazione di estasi. Ho già speso fiumi di parole su come poter dirigere i nostri stati d’animo: in passato in questo blog abbiamo parlato di come cambiare le sensazioni governando i nostri pensieri, gestendo la postura del nostro corpo, applicando delle precise "ricette" che attivano determinati stati d’animo. Abbiamo tutti gli strumenti <strong>per metterci in uno stato di serenità a prescindere</strong>. E visto che la qualità delle nostre azioni dipende dallo stato d’animo nel quale ci troviamo, quando siamo sereni e gioiosi agiamo anche in modo molto più produttivo e gratificante e quindi ci avviciniamo ai nostri obiettivi più velocemente e con strumenti più incisivi.<br /><br />L’obiezione che potresti rivolgermi è la seguente: "<em>perché dovremmo porci degli obiettivi, se possiamo essere felici già adesso senza alcun pretesto?</em>"<br />Sarebbe una giusta osservazione: ma dobbiamo comunque fare i conti con <strong>il nostro bisogno innato di progredire, di crescere e migliorarci</strong>. Certo possiamo (e dobbiamo) provare sensazioni piacevoli a prescindere dal raggiungimento dei nostri obiettivi. Dobbiamo (e possiamo) essere felici anche quando falliamo. Ma non possiamo rimanere in una condizione di <strong>immobilismo </strong>per lungo tempo: c’è qualcosa dentro di noi che ci spinge a perfezionarci e con la quale dobbiamo fare i conti. Ecco perché non possiamo prescindere dal porci degli obiettivi e dall’impegnarci per raggiungerli.<br /><br />Ora però possiamo scegliere: o scegliamo di essere felici quando avremo raggiunto il nostro obiettivo oppure decidiamo di <strong>perseguire i nostri obiettivi felicemente</strong>.<br />Si tratta effettivamente di una scelta, cioè di qualcosa di cui noi possiamo decidere consapevolmente. Sono due approcci completamente diversi: possiamo ritenere di aver bisogno di quell’obiettivo per stare bene. Oppure possiamo stare bene <strong>a prescindere</strong> dal raggiungimento di quell’obiettivo, ma comunque <strong>impegnarci ad ottenerlo per stare meglio</strong>. Possiamo associare l’idea di felicità al momento in cui avremo raggiunto la nostra meta oppure <strong>essere felici per il fatto di perseguire una meta</strong>, cioè <strong>godere del tragitto</strong> che ci porterà ad avvicinarci sempre più al nostro obiettivo.<br />E quando percorri una strada e provi piacere già nel percorrerla (a prescindere da quanto sia lunga e da quanto tempo ci vorrà per arrivare alla fine) allora non corri il rischio di autosabotarti o di provare sensazioni negative. Perché è già il percorso di avvicinamento alla meta (e non la meta stessa) a procurarti piacere.<br /><br />Tirando le somme, il discorso di cui sopra può riassumersi in due parole: abbiamo bisogno di obiettivi per poter soddisfare il nostro innato bisogno di crescita. Ma il piacere va associato al percorso che faremo per raggiungere l’obiettivo piuttosto che all’idea di raggiungere l’obiettivo stesso.<br /><br />Ti ricordo che per qualsiasi chiarimento puoi lasciare un commento al post.Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-54829649778841026102009-11-15T02:15:00.000-08:002010-06-20T15:05:44.494-07:00La nuova scala di valori<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZjY2u7vMyQkcg87K4nqfceL9AA4MGM0tAwEnHjzc_-qYewc4Z3h-_73Tq6XHAbxn0sG8yKvaUpDJxK5oiPOnqNmUpY7dOX4tSdUY6QoJ_b2WRGfgxg58fTboeBzTwfXY0TT8pY9bv9p8Z/s1600-h/scala.jpg"><img style="MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 169px; FLOAT: left; HEIGHT: 184px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5404278966063187826" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZjY2u7vMyQkcg87K4nqfceL9AA4MGM0tAwEnHjzc_-qYewc4Z3h-_73Tq6XHAbxn0sG8yKvaUpDJxK5oiPOnqNmUpY7dOX4tSdUY6QoJ_b2WRGfgxg58fTboeBzTwfXY0TT8pY9bv9p8Z/s320/scala.jpg" /></a><br /><p>Negli ultimi due post ti ho invitato ad elencare i tuoi valori positivi e negativi e a scrivere le condizioni che devono verificarsi affinché quei valori siano soddisfatti. Se hai svolto gli esercizi con impegno e attenzione, dovresti già esserti reso conto di quali sono le <strong>forze che ti guidano</strong> e di quali sono quelle che ti <strong>frenano</strong>.<br />Parti dal presuppoto che le condizinoi che hai scritto sul foglio dei valori positivi rappresentano <strong>le regole che comunicano al tuo cervello di provare sensazioni piacevoli</strong>. Quelle che hai associato ai valori negativi sono invece <strong>le regole che ti fanno provare dolore</strong>. Prendere consapevolezza di queste regole è il primo passo per imparare a correggerle, rendendole eventualmente più elastiche, meno rigide o più facilmente soddisfacibili.<br /><br />Per prima cosa devi confrontare le condizioni che hai associato ad ogni valore in modo da verificare che siano <strong>compatibili</strong> tra di loro e <strong>non contradditorie</strong>. Immagina una persnoa che abbia, nella propria lista dei valori positivi, sia la carriera, sia l’amore. La carriera e l’amore non sono valori antitetici e potrebbero andare benissimo d’accordo. Ciò che potrebbe renderli incompatibili è l’insieme delle regole che quella persona associa a ciascuno dei due valori. Così se le condizioni per fare carriera sono “<em>impegnarsi per 10 ore al giorno nella propria attività professionale</em>” o “<em>accettare tutti gli incarichi assegnati dal capo</em>” e contemporaneamente per soddisfare il valore dell’amore è necessario “<em>passare non meno di 2 ore al giorno con i propri figli, portandoli ogni tanto allo stadio, al cinema e dovunque loro desiderino andare</em>”, evidentemente potrebbe diventare veramente difficile riuscire a soddisfare entrambi i valori. Un conflitto del genere potrebbe portare l’individuo a non essere mai pienamente soddisfatto di ciò che fa, perché mentre svolge un’attività pensa che dovrebbe anche occuparsi dell’altra e viceversa. La causa è da ricercare proprio in quelle <strong>due condizioni incompatibili</strong> alle quali l’individuo attribuisce più o meno la stessa <strong>importanza</strong>. E’ quindi opportuno che tu conduca <strong>un’analisi delle regole che hai associato ad ogni valore</strong>: tale analisi deve servire ad individuare le eventuali condizioni discordanti o poco compatibili tra di loro e ad avviare un primo processo di riformulazione delle condizioni finalizzato a renderle più elastiche e meno stringenti.<br /><br />Un altro confronto altrettanto importante deve essere effettuato tra le condizioni associate ai valori positivi e quelle associate ai valori negativi. E’ qui che le contraddizioni emergono in modo ancora più evidente. Pensa ad una persona che abbia associato al valore positivo dell’amore la condizione di “<em>voler condividere emozioni ed esperienze con persone interessanti e stimolanti</em>” e contemporaneamente abbia indicato come valore negativo il “senso di inferiorità” che si concretizza come “<em>timore di non sentirsi all’altezza degli altri o di non sentirsi adeguato a determinate situazioni sociali</em>”. Come potrebbe quella persona soddisfare la sua necessità di stringere profondi rapporti interpersonali (che gli procurerebbero piacere) se al tempo stesso è ossessionato dall’idea di non essere all’altezza degli altri?<br /><br />Scorri la lista delle condizioni dei valori positivi e negativi e cerca di capire quali sono quelle incompatibili tra di loro. Confronta le varie condizioni e chiediti:<em> può coesistere la condizione X con quella Y</em>? Segna tutte le condizioni che non vanno d’accordo in modo che successivamente tu possa procedere ad una riformulazione delle stesse.<br /><br />Un’altra causa di frustrazione è rappresentata da tutte quelle condizioni che non dipendono da noi in prima persona, ma sono sotto il controllo degli altri. Ricorda sempre che le condizioni che hai associato ai tuoi valori positivi sono le tue personali regole per essere felice. Quando soddisfi queste regole ti senti bene, sei felice e provi sensazioni positive. Supponiamo che nella lista dei valori positivi tu abbia indicato l’amore e che una delle condizioni che devono verificarsi affinché tu provi questo stato emozionale sia “<em>essere amato dal partner e dai tuoi familiari e ben voluto dagli amici</em>”. Davvero credi che per te sia facile soddisfare il valore dell’Amore? Hai praticamente consegnato un tuo stato emozionale nelle mani degli altri: infatti “proverai amore” solo quando qualcun altro paleserà i sentimenti che prova per te e quando riceverai affetto da parte dei tuoi amici. Pensi di poter avere il controllo delle azioni e dei comportamenti degli altri? Ovviamente no! E cosa comporterà per te l’aver consegnato in mani altrui le condizioni per poter soddisfare un tuo valore e quindi per poter essere felice? Ovviamente ti comporterà frustrazione, perchè i tuoi stati d’animo non saranno più sotto il tuo controllo, ma dipenderanno esclusivamente da ciò che faranno gli altri. Se la maggior parte delle condizioni associate ai tuoi valori dipendono più o meno direttamente da comportamenti altrui, allora sei praticamente sulla strada per l’infelicità.<br /><br />Altra causa di frustrazione sono tutte quelle condizioni che hanno carattere imperativo: sono quelle regole espresse nella forma “<em>devo fare questo...</em>” o “<em>deve accadere questa cosa...</em>” per provare un determinato stato d’animo. Immagina una persona che abbia dato un forte peso al valore della salute e che, per ritenere soddisfatto questo valore, abbia formulato le seguenti condizioni: “<em>devo mangiare solo determinati alimenti, devo fare attività fisica una volta al giorno per almeno 60 minuti, devo rimanere nei limiti del peso forma e devo dormire almeno 8 ore al giorno</em>”. Se ha condizioni così stringenti è probabilmente un individuo che si attiene scrupolosamente ai suoi principi. Ma proprio a causa di questi principi così categorici e imperativi potrebbe cadere facilmente nello sconforto se solo una di quelle condizioni non venisse soddisfatta. Così potrebbe sentirsi frustrato se per un solo giorno fosse impossibilitato a fare attività fisica o si lasciasse tentare da una fetta di torta al cioccolato. Regole rigide e con un carattere imperativo sono una comune causa di sofferenza e insoddisfazione: ciò perché lo stato di piacere dell’individuo è legato <strong>al soddisfacimento di tutte quelle condizioni simultaneamente</strong>. Si intuisce facilmente come basti un semplice imprevisto che porti a non attenersi ad una sola di quelle regole per far sprofondare quella persona in uno stato doloroso. Ricorda che la perfezione non esiste (ne abbiamo già parlato in un post passato) e cercare di perseguire la vita perfetta, caratterizzata cioè dall’attenersi in maniera scrupolosa e diligente ad una serie di regole rigide, è la strada maestra per l’infelicità. Segna tutte le condizioni imperative e poco elastiche che hai associato ai tuoi valori, perchè successivamente dovranno essere modificate.<br /><br />A questo punto il quadro della tua situazione ti dovrebbe essere più chiaro: forse avrai intuito come la maggior parte delle condizioni che soddisfano i tuoi valori vadano modificate. Ma prima di farlo è necessario un primo lavoro di riorganizzazione della scala gerarchica dei tuoi valori. L’ordine in cui hai collocato i tuoi valori dirige le tue azioni e i tuoi pensieri. Ma quell’ordine non è stato stabilito consciamente, ma si è costituito nel tempo e quasi sempre in modo incoscio, senza che tu abbia potuto modificarlo consapevolmente.<br />Per capire l’importanza che riveste l’ordine in cui sono collocati i valori pensa a due persone che abbiano in testa alla scala di valori la <em>sicurezza</em> e l’<em>orgoglio</em>. Uno dei due però, pur avendo gli stessi valori, li ha invertiti. Supponiamo che questi due individui si trovino in un gruppo di persone in procinto di fare un’esperienza potenzialmente pericolosa (supponiamo che debbamo lanciarsi con il paracadute). Entrambe le persone provano una forte paura e sono indecise se partecipare all’esperienza. La persona che ha la sicurezza al primo posto potrebbe facilmente desistere: la cosa più importante per quella persona è <strong>sentirsi al sicuro</strong> e tenderà ad evitare un rischio inutile, anche se tutto il gruppo dovesse scegliere di lanciarsi con il paracadute. La seconda persona considera la sicurezza molto importante (infatti ha posizionato questo valore al secondo posto), ma deve anche fare i conti con l’orgoglio che è al primo posto della sua lista. Se vedesse tutto il gruppo lanciarsi con il paracadute, <strong>pur di non tradire il bisogno di amor proprio e di essere stimato dagli altri</strong>, quell’individuo riuscirebbe a superare le proprie paure e ad esporsi ad una situazione rischiosa (proprio perché l’orgoglio ha per lui un peso maggiore della sicurezza). Ti rendi conto quindi di come un semplice scambio di posto di due valori possa avere un effetto determinante sulle azioni di una persona.<br /><br />Passiamo ora alla fase operativa: <strong>il nostro obiettivo è riscrivere una nuova scala di valori che sia perfettamente armonizzata, equilibrata, priva di conflitti e associata a regole elastiche, facilmente realizzabili e compatibili tra di loro</strong>. E’ un lavoro che potrebbe anche richiedere delle ore: dovrai farlo quando sarai certo di poter dedicare un po’ di tempo a te stesso senza correre il rischio di essere disturbato da fattori esterni.<br /><br />Per prima cosa dovrai ridefinire la tua scala di valori. Ma per far ciò devi avere ben in mente chi vuoi essere, cosa vuoi diventare e dove sei diretto. Non parlo di obiettivi a breve termine, ma della mission personale. Affronteremo meglio quest’ultimo concetto in qualche post futuro, ma per il momento cerca di interrogarti e di capire realmente cosa vuoi realizzare, cosa vuoi essere, qual è l’immagine che vedi di te stesso tra un anno, cinque anni, dieci anni e venti anni. Come ti vedi? Cosa starai facendo da qui a cinque o dieci anni? Che capacità avrai assunto e che tipo di ambiente ti circonderà? Cerca di vivere mentalmente il tuo futuro, immagina di poter realizzare ogni tuo desiderio. Se segui il blog da qualche tempo, avrai sicuramente svolto l’esercizio di definizione dei tuoi obiettivi illustrato in un post del passato. Mi riferisco all’elenco di tutto ciò che ti piacerebbe realizzare nel corso della tua vita. Rileggi quell’elenco, chiediti come dovrai essere (e di conseguenza quali valori dovrai far tuoi) per raggiungere quegli obiettivi.<br />Prendendo spunto dalla tua attuale lista di valori, poniti le seguenti domande: <em>l’attuale ordine dei miei valori mi consentirà di diventare ciò che voglio diventare? In quale ordine dovrei ricollocare i miei valori per procedere speditamente verso i miei obiettivi supremi? Cosa accadrebbe se spostassi questo valore più giù o quest’altro più su? Quali valori dovrei eliminare e quali altri potrei aggiungere per acquisire maggiore potere? Ho veramente bisogno di tenere questi valori in queste posizioni della mia scala dei valori?</em><br />In pratica devi creare una scala dei valori che sia il più possibile <strong>allineata con l’immagine che hai di te</strong> e di ciò che vuoi diventare negli anni futuri. Ad esempio potresti renderti conto che, se per te è importante il divertimento (magari inteso come desiderio di viaggiare o di dedicarti a tante attività nuove) e vuoi divertirti per altri cinquant’anni, allora è altrettanto importante far salire di livello il valore della salute: se continui a non curare la tua salute con delle pratiche quotidiane per il benessere, fino a quando potresti goderti la vita come desideri? Oppure che senso avrebbe perseguire il successo se poi dovrai trascurare la salute o l’amore (inteso anche come capacità di stringere rapporti con altre persone)? Magari ti ritroveresti tra vent’anni soddisfatto per i risultati ottentuti e con un conto in banca milionario, ma senza un partner, senza amici e per di più talmente stressato da correre il rischio di beccarti un infarto e di non goderti ciò che hai costruito con sacrificio. Poni pertanto la massima attenzione alla nuova scala di valori, pondera ogni valore valutando tutte le conseguenze che deriverebbero dal tenerlo in una posizione piuttosto che in un’altra. Contemporaneamente inizia a pensare alle condizioni da associare ad ogni valore, in modo da evitare di inserire valori che in qualche modo siano già contenuti in altri. Ad esempio se sai già che per te il successo equivale ad amare il tuo partner e la tua famiglia, a dedicarti ai tuoi hobby e ad avere determinate risorse economiche, allora già i due valori Amore e Passione (intendendo per passione la capacità di dedicarsi con impegno ai propri progetti e a perseguire gli obiettivi) potrebbero inglobare il valore del Successo. In questo caso sarebbe inutile includere questo valore, perché già soddisfacendo il valore dell’amore e dedicandoti con passione ai tuoi progetti otterresti automaticamente i risultati che ti farebbero sentire una persona di successo.<br /><br />Terminato il lavoro su i valori positivi, devi passare a quelli negativi. Chiediti: <em>per diventare ciò che desidero, quali sono gli stati emozionali dai quali mi devo assolutamente allontanare? Da quali stati d’animo devo rifuggire per ottenere ciò che desidero?</em> Anche in questo caso dovrai stilare una classifica, mettendo al primo posto il valore che meno di tutti dovrai provare e collocando via via tutti gli altri.<br /><br />A questo punto potrai passare alla definizione delle condizioni: potrai prendere spunto dalle condizioni già indicate nella vecchia lista di valori, ma questa volta dovrai fare molta attenzione. in primo luogo non dovrai indicare condizioni imperative e troppo stringenti. Introduci le condizioni nella forma “<strong>Ogni volta che faccio questo...</strong>” oppure “<strong>Ogni volta che si verifica questa cosa...</strong>” piuttosto che nella forma “devo fare questo...” oppure “deve verificarsi questa cosa...”. Intuirai che c’è una differenza abissale tra il valore dell’Amore inteso come “<em>deve accadere che il mio partner mi dimostri il suo affetto</em>” e il valore dell’Amore inteso come “<em>ogni volta che il mio partner mi dimostra il suo affetto</em>”...<br />Inoltre è opportuno svincolare le tue emozioni dal comportamento altrui. Non puoi avere il controllo delle azioni degli altri e pertanto sarebbe davvero da stupidi mettere in mani altrui la tua felicità. Quindi molto meglio amare “<em>ogni volta che dispensi amore e affetto agli altri e ogni volta che ti incanti davanti al miracolo della Vita e della Natura</em>” (inteso quindi come “amare nel dare agli altri”) piuttosto che interpretare l'amore come uno stato emozionale che devi esclusivamente "ricevere" da terzi.<br />Ovviamente i miei sono esempi indicativi: dovrai essere tu a definire le tue condizioni. L’enorme vantaggio sta nel fatto che adesso sarai tu a stabilire quando e come dovrai sentiri felice. E poichè sei tu a stabilire le nuove condizioni, tanto vale creare delle regole <strong>flessibili</strong> e <strong>facili da soddisfare</strong> in modo da essere felici il più spesso possibile... Per ogni valore definisci almeno 3 o 4 condizioni che possono essere soddisfatte, in modo da avere un maggior numero di alternative. Ripeto, esprimile sempre nella forma “ogni volta che... “ in modo che, se anche non dovesse verificarsi quella condizione, non ti “costringerai” a stare male. Inoltre avrai sempre delle alternative che ti faranno provare sensazioni piacevoli. Esprimendo le tue regole in questa nuova forma, non dovrai più soddisfare tutte le condizioni per provare emozioni positive, ma basterà che una sola condizione sia soddisfatta per provare piacere.</p><br /><p>Per ultimo devi definire le condizioni associate a tuoi valori negativi. Per gli stessi motivi indicati poc’anzi (cioè per cercare di stare bene più tempo possibile e male il minor tempo possibile) introducile nella forma “<strong>Solo nel caso in cui si verificasse ripetutamente questa cosa....</strong>” o “<strong>Solo nel caso in cui io facessi ripetutamente quest’altra cosa...</strong>”, cercando il più possibile di creare delle situazioni difficili da realizzare. Ad esempio se vogliamo rifuggire dal sentimento di “<em>inferiorità nei confronti degli altri</em>”, una cosa è provarlo “<em>quando in comitiva rimaniamo in silenzio o non partecipiamo attivamente</em>” e un’altra cosa è provarlo “<em>solo se ripetutamente dovessimo isolarci, evitando anche il minimo contatto con gli altri...</em>”.<br /><strong>Lo scopo di questo lavoro e rendere i valori positivi facili da soddisfare e i negativi difficilissimi da provare</strong>.<br /><br />Terminato questo lavoro dovrai cercare il più possibile di <strong>condizionare la tua mente</strong> affinché faccia suoi questi nuovi valori e le relative condizioni. Il primo modo per farlo è <strong>prendere consapevolezza</strong> della tua nuova lista di valori: leggila almeno due volte al giorno (appena sveglio e prima di andare a dormire) cercando di immaginare nel modo più vivido e grande possibile delle esperienze di vita in cui soddisfi i nuovi valori. Interrogati ogni sera su ciò che hai fatto durante la giornata e su come avresti dovuto comportarti se avessi già interiorizzato i tuoi nuovi valori. Porta sempre con te la lista in modo da rileggerla spesso, immaginando tutte le situazioni tipiche in cui soddisfi i nuovi valori e le nuove regole. Usa il potere dell’immaginazione e dell’anticipazione. Immagina il futuro che ti aspetta nel momento in cui avrai acquisito i tuoi nuovi valori. Ogni volta che ti sorprendi a vivere stati d’animo depotenzianti, chiediti se quella condizione è compatibile con i tuoi nuovi valori e cerca di fare qualcosa per reinterpretare ogni esperienza alla luce della nuove condizioni che hai scritto. Quando stai facendo qualcosa, chiediti se quella cosa non sia già sufficiente per soddisfare una delle tue condizioni e per provare lo stato emozionale ad essa associato. Usa quella lista come una bussola che deve guidarti nei giorni e nei mesi futuri, fin quando non l’avrai completametne interiorizzata.<br />Un sistema molto valido e rapido per l’acquisizione dei nuovi valori è attraverso l’autoipnosi: ma questo è un argomento troppo prematuro che affronteremo a tempo debito.<br /></p><br /><p>Ti ricordo che per qualsiasi chiarimento puoi lasciare un commento al post.</p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-33625711278525494152009-11-09T02:14:00.000-08:002010-06-20T15:05:53.741-07:00Le condizioni che soddisfano i nostri valori<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvVqhnk5s4OenvUBj2sdxo-mra2DiGA0auuqBgRfkdsi9J6EbDTkroRqz4uZGu8ieJdj3mFkvLmb5igLrb5nvxpTU_T3lFeOLVpRnm3QkTg9mLtAx0dUXXTcogWV9PPmULdZbgqUKZEL8E/s1600-h/rules.jpg"><img style="MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 284px; FLOAT: left; HEIGHT: 200px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5402053536029110226" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvVqhnk5s4OenvUBj2sdxo-mra2DiGA0auuqBgRfkdsi9J6EbDTkroRqz4uZGu8ieJdj3mFkvLmb5igLrb5nvxpTU_T3lFeOLVpRnm3QkTg9mLtAx0dUXXTcogWV9PPmULdZbgqUKZEL8E/s320/rules.jpg" /></a> Se hai svolto l’esercizio che ho esposto nel post precedente, dovresti aver stilato una tua personale lista di “valori positivi”: si tratta dell’elenco degli <strong>stati emozionali</strong> che più ti procurano <strong>piacere</strong> nel momento in cui li vivi. Ma ognuno di noi, oltre ad avere dei valori positivi di riferimento, ha anche dei <strong>valori negativi</strong> dai quali cerca di rifuggire: si tratta di stati emozionali dolorosi dai quali cerchiamo il più possibile di allontanarci.<br /><br />La lista dei valori negativi è importante quanto quella dei valori positivi. Analizzando le due liste possiamo renderci conto facilmente di quali sono i valori che frenano le nostre azioni o che ci creano conflitti.<br /><br />Si pensi ad esempio ad una persona che ha al primo posto della lista dei valori negativi la "paura di fallire". Cosa succederebbe se quella persona avesse il "successo" in testa alla lista dei valori positivi? Immagina una persona che associ al successo il massimo piacere possibile e contemporaneamente associ un dolore insopportabile all’idea di fallire... Evidentemente quell'individuo si troverebbe <strong>al centro di due forze opposte</strong>: da un parte la necessità di diventare una persona di successo potrebbe spingerlo ad avviare attività, ad investire o a tentare di percorrere delle strade piuttosto rischiose. D'altro canto la paura di fallire (e di provare conseguentemente un forte dolore) potrebbe rallentarlo o impedirgli di portare a termine le sue iniziative un attimo prima che possano dare dei frutti. Come vivrà quella persona? Indubbiamente vivrà in una condizione di frustrazione e di insoddisfazione, perennemente in lotta con due valori contrastanti che lo spingono ora in una direzione ora in un’altra.<br /><br /><strong>Conflitti di questo tipo sono tutt’altro che rari</strong>: anzi la maggior parte delle persone vive una situazione di perenne conflitto tra valori positivi e negativi. Diventa quindi fondamentale individuare i propri valori negativi. Per farlo applichiamo lo stesso procedimento descritto nel post precedente ed utilizzato per individuare i valori positivi. Elencheremo pertanto tutte gli stati emozionali che ci procurano dolore e inizieremo a confrontarli a coppie. Da ogni confronto uscirà un “valore vincitore”, corrispondente in questo caso al valore che ci procura più dolore. Confronteremo questo valore con il successivo e così via fino ad individuare il primo valore della lista, cioè quello da cui cerchiamo il più possibile di rifuggire. Per ulteriori dettagli sul procedimento da utilizzare puoi far riferimento all'ultimo post.<br /><br />Ecco di seguito una lista di valori negativi dalla quale puoi attingere per stilare la tua lista: paura del rifiuto, paura di fallire, paura del giudizio, dolore fisico, apatia, senso di colpa, senso di impotenza, insicurezza, rabbia, senso di inferiorità, preoccupazione, senso di inadeguatezza, umiliazione, imbarazzo, depressione, indecisione, arroganza, solitudine, frustrazione, gelosia, invidia, paura di soffrire, paura di perdere qualcosa o qualcuno, paura di offendere o di creare disagio a terzi...<br />Ce ne sono ovviamente tanti altri: cerca di interrogarti su quelle che sono le sensazioni dalle quali cerchi il più possibile di allontanarti e individua almeno <strong>i primi 5 valori negativi</strong> che ti fanno provare più dolore.<br /><br />Ora confrontando la lista dei valori positivi con quella dei valori negativi dovresti avere un quadro più chiaro sulle cause che in passato ti hanno creato eventuali frustrazioni o conflitti.<br />Ma il lavoro non è ancora completo: infatti il “valore” in sè è una scatola vuota che va riempita con una serie di condizione che devono essere soddisfatte affinché la nostra mente possa vivere quel determinato stato emozionale. Ad esempio due persone potrebbero avere l’<em>amore</em> e il <em>divertimento</em> nei primi due posti della lista di valori positivi, ma interpretare la vita in modo completamente diverso. Infatti la prima persona potrebbe ritenere che l’amore si concretizzi nell’atto di dover dare agli altri incondizionatamente, mentre la seconda persona potrebbe vivere il sentimento dell’amore solo nel momento in cui riceve affetto e attenzioni dagli altri. Il primo potrebbe “divertirsi” conoscendo nuove persone o viaggiando in paesi lontani, mentre il secondo potrebbe “divertirsi” suonando il violino.<br /><br />In poche parole le esperienze, la cultura, le nostre predisposizioni e l'educazione che abbiamo ricevuto hanno creato nella nostra mente delle condizioni relative ad ogni valore positivo e negativo. Quando le condizioni vengono soddisfatte proviamo lo stato emozionale (positivo e negativo) associato a quel valore.<br /><br />Il lavoro da svolgere è il seguente. Parti dalla lista dei valori positivi e per ogni valore poniti la seguente domanda: “<em><strong>Quali condizioni si devono verificare affinchè questo valore venga soddisfatto? Cosa deve accadere affinché io provi questo stato emozionale?</strong></em>”. Non dilungarti troppo nella stesura delle tue condizioni: ne vanno bene anche 3 o 4 per ogni valore. Poniti la stessa domanda anche per tutti i valori negativi: in questo caso elencherai le condizioni che dovranno verificarsi affinché tu provi quello stato doloroso.<br /><br />Con questo esercizio scendiamo ad un livello di maggior concretezza, perchè abbandoniamo la trattazione teorica al fine di individuare le condizioni pratiche che ci fanno stare bene o male. E’ pertanto un esercizio molto utile e importante.<br /><br />Alla fine del procedimento dovrai ottenere una lista come quella che segue (che ovviamente è un semplice esempio).<br /><br /><strong>Valori positivi</strong><br /><br /><strong>1) AMORE<br /></strong><em><strong>Condizioni</strong>: Quando sto insieme al mio partner; quando non ci sono litigi nella mia famiglia; devo poi dare affetto e riceverne dai miei genitori e dai miei fratelli. Devo aiutare gli altri (amici, conoscenti, estranei) nei momento di difficoltà. Devo essere compreso e rincuorato nei miei momenti di tristezza. Devo fare beneficenza.<br /></em><br /><strong>2) SALUTE</strong><br /><em><strong>Condizioni</strong>: devo condurre una dieta prevalentemente vegetariana; devo fare attività fisica per 3 volte a settimana; non devo fumare o abusare con i superalcolici; devo evitare di provare rabbia o sentimenti negativi.<br /></em><br /><strong>3) SERENITA’<br /><em>Condizioni</em></strong><em>: devo avere un buon lavoro; le cose in famiglia devono andare bene; quando non ho preoccupazioni relativamente allo stato di salute di Andrea...<br /></em><br />[...]<br /><br />E così via per tutti i valori positivi. Lo stesso lavoro va condotto per i valori negati. Avrai pertanto una lista dei valori negativi simili a quella seguente:<br /><br /><strong>Valori negativi</strong><br /><br /><strong>1) PAURA DI SBAGLIARE</strong><br /><em><strong>Condizioni</strong>: Quando qualcuno mi rimprovera o mi fa notare che ho sbagliato; quando mi accorgo che non ho ottenuto il risultato che volevo ottenere; se mi blocco prima di fare qualcosa perché mi rendo conto di non esserne in grado....<br /></em><br />[...]<br /><br />Nei prossimi post vedremo come interpretare le condizioni che hai scritto e come modificarle opportunamente in modo da renderle compatibili tra di loro e limitare al minimo i conflitti.<br /><br />Ti ricordo che per qualsiasi chiarimento puoi lasciare un commento al post.Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-52166600306383238002009-11-04T05:43:00.000-08:002010-06-20T15:06:07.661-07:00I valori: la nostra bussola<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIcQKkTz9Q7XQYTopbDtujCABggQDrha5gf8yCtitZKTjkxXiJDYRPNspBdshw56CiBABg1j25CwndZLJKZGTxyZiH2UkraNEJYvehBRDel67V1aSqbQlrMHaEwn0OI5V-3342ZfuMGzOQ/s1600-h/compass-rose-09.jpg"><img style="MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 200px; FLOAT: left; HEIGHT: 150px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5400250356354551474" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIcQKkTz9Q7XQYTopbDtujCABggQDrha5gf8yCtitZKTjkxXiJDYRPNspBdshw56CiBABg1j25CwndZLJKZGTxyZiH2UkraNEJYvehBRDel67V1aSqbQlrMHaEwn0OI5V-3342ZfuMGzOQ/s320/compass-rose-09.jpg" /></a> Con il post di oggi introdurrò una serie di articoli che avranno per oggetto i nostri valori. I valori sono delle <strong>fortissime convinzioni</strong> che dirigono i nostri comportamenti, i nostri pensieri e ci indicano costantemente la direzione verso la quale procedere e dalla quale allontanarci: rappresentano, in altre parole, la nostra <strong>bussola</strong>.<br /><br />Ognuno di noi ha una ben definita scala di valori. Il comportamento di una persona dipende dal tipo di valori a cui si attiene, ma soprattutto dall’importanza che quella persona attribuisce a certi valori piuttosto che ad altri. Fondamentalmente i popoli che condividono usi e costumi ed hanno una comune cultura di riferimento, posseggono un insieme di valori molto simile. Ciò che varia da persona a persona è la <strong>gerarchia </strong>in cui sono collocati tali valori, ossia il “<strong>peso</strong>” o l’<strong>importanza</strong> che ogni persona attribuisce ad un valore rispetto ad un altro.<br /><br />In tema di valori è necessario fare una prima distinzione tra “<em>valori mezzo</em>” e “<em>valori fine</em>”. Ad esempio, se io ti chiedessi di elencarmi quattro valori per te importanti, potresti indicarmi la libertà, la sicurezza, la famiglia, il denaro. Di questi, i primi due sono “<em>valori fine</em>” perché rappresentano uno stato emozionale che intendi raggiungere, mentre gli ultimi due sono dei “<em>valori mezzo</em>”, in quanto rappresentano un tramite per raggiungere determiNati stati emozionali. Infatti se scendessi nei particolari e ti chiedessi: “<em>cosa ti dà la famiglia?</em>” probabilmente faresti un elenco di “<em>valori fine</em>” come l’affetto, l’amore, la serenità. E se ti chiedessi “<em>cosa ti dà il denaro?</em>” probabilmente mi risponderesti la sicurezza, la libertà e così via... In pratica il “<em>valore mezzo</em>” e solo uno strumento per raggiungere un “<em>valore fine</em>”.<br /><br />Molte persone non conoscono la differenza tra “valori mezzo” e “valori fine” e spesso si trovano a rincorrere i primi procurandosi non poche frustrazioni. Infatti ciò che ci fa stare bene sono le emozioni positive che proviamo: nel momento in cui confondiamo un mezzo con un fine è veramente difficile vivere in una condizione di serenità ed armonia.<br /><br />Ma a prescindere dalla confusione tra “valori mezzo” e “valori fine”, è importante che ognuno conosca <strong>l’ordine gerarchico in cui sono disposti i propri valori</strong>. Capita spesso che le persone diano importanza a valori che sono in conflitto tra loro. Si pensi ad esempio ad una persona che attribuisce lo stesso “peso” alla carriera e all’amore per la famiglia. Il primo valore potrebbe spingerlo a viaggiare spesso per lavoro o a passare intere giornate in ufficio. Tali comportamenti potrebbero portarlo a non soddisfare appieno il secondo valore, visto che probabilmente gli impedirebbero di dedicare sufficiente tempo alla famiglia. In una situazione del genere quella persona potrebbe vivere un perenne <strong>conflitto di valori</strong>. Un conflitto che, se non risolto, potrebbe generargli una frustrazione cronica e una certa insoddisfazione per la vita che conduce. A volte ci sono dei conflitti di valori così forti che le persone restano completamente bloccate, incapaci di agire o di prendere una decisione perché non in grado di valutare quale delle due direzioni potrebbe dar loro maggiori benefici.<br /><br />I conflitti di valori nascono dal fatto che, fin dall’infanzia, incontriamo una serie di modelli di riferimento molto diversi tra loro: i due genitori, gli insegnanti, il gruppo dei pari (cioè gli amici), i media. Nella nostra mente si formano tanti riferimenti che non sempre vanno d’accordo tra loro. Si immagini un adolescente che viene bombardato quotidianamente dai media sull’importanza di diventare una persona di successo e facoltosa e che contestualmente va a fare catechismo in parrocchia dove un prete gli inculca il messaggio che “<em>è più facile che un cammello passi nella cruna di un ago, piuttosto che un ricco entri nel Regno dei Cieli</em>”. A prescindere da quale dei due messaggi sia da ritenere più giusto, sarebbero comunque due messaggi contrastanti che potrebbero dar vita ad un conflitto di valori.<br /><br />Ma allora come possiamo risolvere un conflitti di valori? Bisogna necessariamente fare una scelta tra l’uno o l’altro valore? In realtà no, perchè quando si parla di valori si fa implicitamente riferimento ad una <strong>serie di condizioni</strong> <strong>che devono verificarsi affinché quel valore sia soddisfatto</strong>. Si può certamente risolvere un conflitto di valori spostando più in basso (o più in alto) un certo valore lungo la propria scala gerarchica (in modo che i due valori non abbiano più uguale importanza), ma lo si può risolvere anche <strong>cambiando le condizioni che indicano quando quel valore è soddisfatto</strong>.<br /><br />In effetti quando sosteniamo che per noi il successo è un valore importante, stiamo implicitamente considerando ciò che si deve verificare affinché noi possiamo ritenerci una persona di successo. La parola “successo” è in sè una parola vuota. Assume significato solo nel momento in cui definiamo alcune condizioni pratiche che, se verificate, ci comunicano di aver raggiunto un condizione di successo. Ad esempio alcune condizioni associate al valore del successo potrebbero essere: “dirigere una grande azienda”, “avere un ruolo politico” o “conoscere tante persone importanti”. Tali condizioni sono ovviamente <strong>soggettive.</strong> Prendere <strong>consapevolezza</strong> di queste condizioni, <strong>valutarle</strong> ed <strong>analizzarle</strong>, è un primo passo per effettuare un’eventuale riformulazione delle condizioni sottese dai nostri valori. Questa riformulazione deve essere mirata a rendere le condizioni stesse il più possibile compatibili tra loro, in modo da ridurre al minimo l’insorgenza di conflitti. In soldoni impareremo a risolvere un conflitto di valori o attribuendo un peso minore ad un valore che crea conflitto o riformulando opportunamente le condizioni che devono verificarsi affinché i nostri valori siano soddisfatti.<br /><br />Per il momento il primo passo è capire la propria gerarchia di valori. L’esercizio da fare è quindi scrivere su un foglio di carta l’elenco di tutti i valori ai quali ci appelliamo o che in qualche modo rappresentano per noi un punto di riferimento. Questo esercizio è davvero molto importante e può cambiare radicalmente la tua vita: ti consiglio pertanto di farlo senza indugi.<br /><br />Dapprima scriverai tutti i valori in ordine casuale, così come ti verranno in mente. Ne uscirà una lista simile a quella seguente: amore, successo, rispetto, orgoglio, amicizia, equilibrio, salute, divertimento, conoscenza etc. etc..<br />A questo punto è importante definire un’opportuna gerarchia. Prenderemo il primo valore e lo confronteremo con il secondo e valuteremo quale dei due è per noi più importante. Ad esempio, prendendo in esame la lista indicata nel periodo precedente, confronteresti l’amore con il successo e ti chiederesti: “Per me, cosa è più importante, l’amore o il successo?”. Supponendo che “vincesse” il successo, passeresti poi a confrontarlo con il terzo valore e ti chiederesti: “Cosa è più importante, il successo o il rispetto?”. Supponendo che “vincesse” ancora il successo, passeresti a confrontarlo con l’orgoglio, prenderesti il valore vincente e lo confronteresti con il successivo e così via fino ad ottenere il primo valore della tua gerarchia.<br />Effettua il processo descritto ripetendolo per ogni singolo valore fino a creare una personale gerarchia di valori. Puoi fermarti quando hai ordinato dai 10 ai 15 valori.<br /><br />Già da una prima analisi della tua scala di valori potresti renderti conto di eventuali conflitti. Ad esempio se trovi la sicurezza vicino al desiderio di avventura, o la salute vicino allo “sballo sfrenato” evidentemente potresti avere qualche difficoltà a capire la direzione maestra verso cui indirizzare la tua vita... Ad ogni modo l’individuazione dei conflitti sarà un argomento che affronteremo nei prossimi post.<br /><br />Infine, per facilitarti l’esercizio, ti indico una serie di valori più comuni a cui attingere per stilare la tua personale gerarchia di valori: coraggio, amore, salute, felicità, intelligenza, sicurezza, divertimento, pragmaticità, apprendimento, potere, spiritualità, novità, sincerità, approvazione, indipendenza, ambizione, fiducia, bisogno di avventura, dignità, amicizia, passione, successo, flessibilità, generosità, onestà, rigore, coerenza, bisogno di contribuire, orgoglio, creatività, integrità, serenità, rispetto, libertà, equilibrio, tenacia, autostima, impegno, conoscenza, gratitudine, fedeltà.Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-8246932158653651172009-10-30T01:02:00.000-07:002010-06-20T15:06:18.397-07:00La perfezione: lo standard più basso<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5Y7vzk9U_Al3f8tZWa2rUfxzFSoZJD7gHFZ1jGJY73P1uL4X1DQ2ycQsUfZ3smr7LxoUTiOIVWyWKPwQuT5yyjC6K-VcS2WDkEjepc4JB8byLEJbvCzx1rKZmCnmtocg0rlk8TLaZU_mf/s1600-h/diamond.jpg"><img style="MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 200px; FLOAT: left; HEIGHT: 180px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5398319196967483186" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5Y7vzk9U_Al3f8tZWa2rUfxzFSoZJD7gHFZ1jGJY73P1uL4X1DQ2ycQsUfZ3smr7LxoUTiOIVWyWKPwQuT5yyjC6K-VcS2WDkEjepc4JB8byLEJbvCzx1rKZmCnmtocg0rlk8TLaZU_mf/s320/diamond.jpg" /></a><br /><div></div><div>Uno dei limiti più grandi che ogni essere umano può frapporre tra <span id="SPELLING_ERROR_0" class="blsp-spelling-error">sè</span> e la propria <span id="SPELLING_ERROR_1" class="blsp-spelling-error">realizzazione</span> è l’idea di dover raggiungere la perfezione. <strong>La perfezione non esiste</strong>. Basta girarsi intorno, osservare il mondo, le persone e le cose che hanno realizzato per rendersi conto che la perfezione non esiste. <strong>Tutto potrebbe essere migliorato</strong>, non esiste qualcosa che è perfetto così com’è.<br /><br />La “perfezione“ è un concetto vuoto, creato <span id="SPELLING_ERROR_2" class="blsp-spelling-error">convenzionalmente</span> dagli uomini e <strong>del quale spesso gli uomini si rendono schiavi</strong>. Quanti, nel momento in cui decidono di agire e di portare avanti una qualsiasi iniziativa, si <span id="SPELLING_ERROR_3" class="blsp-spelling-error">ripropongono</span> di farlo in modo perfetto? L’obiettivo a cui mirano è la perfezione e, quando si rendono conto di non averla raggiunta, cadono in depressione.<br /><br />Sono tante le persone che decidono di dedicarsi ad un’attività progettando tutti gli aspetti nei minimi dettagli e creando nella propria mente lo scenario perfetto: indicano tutti i parametri che devono verificarsi affinché quell’attività venga considerata pienamente realizzata e quindi si <span id="SPELLING_ERROR_4" class="blsp-spelling-error">rappresentano</span> uno scenario di enorme successo, dove tutto dovrà filare liscio, dove tutti gli imprevisti dovranno essere risolti in breve tempo, dove non avranno bisogno di aiuti esterni, non avranno bisogno di scendere a compromessi con se stessi e con gli altri. Ma ad un certo punto si scontrano con la realtà; quella realtà che richiede di essere flessibili, elastici, di adattarsi alle mutevoli condizioni dell’ambiente e delle persone che lo vivono. E si rendono conto che quell’idea di macchina perfetta che avevano in mente non può realizzarsi. In molti casi <strong>ciò genera sconforto</strong>. L’esperienza reale viene vissuta come un <strong>fallimento</strong>. E invece di capire che l’errore sta nell’aver avuto come standard di riferimento l’idea (<span id="SPELLING_ERROR_5" class="blsp-spelling-error">irrealizzabile</span>) di perfezione, queste persone pensano di non essere adatte per quel genere di attività e magari rinunciano. E tutto questo soltanto perché un piccolo aspetto è andato <span id="SPELLING_ERROR_6" class="blsp-spelling-error">diversamente</span> da come lo avevano programmato e immaginato. Qualcosa non è andato liscio e allora, se le cose non vanno così come erano state <span id="SPELLING_ERROR_7" class="blsp-spelling-error">preventivate</span>, vuol dire che non si è portati per quel genere di attività, per cui è meglio rinunciare.<br /><br /><strong>La “perfezione” è davvero il limite più stupido che possiamo auto-imporci</strong>. Si suole dire che la perfezione è lo standard di riferimento più basso che l’uomo possa avere, <span id="SPELLING_ERROR_8" class="blsp-spelling-error">semplicemente</span> perché è <span id="SPELLING_ERROR_9" class="blsp-spelling-error">irraggiungibile</span>: quindi cosa c'è di utile nel cercare di raggiungere qualcosa che, per definizione, non può essere raggiunta? E’ meramente inutile mirare ad agire in modo perfetto, ad ottenere risultati perfetti: puntare alla perfezione significa partire sconfitti in partenza, <span id="SPELLING_ERROR_10" class="blsp-spelling-error">incamminarsi</span> fin da subito lungo la strada della <span id="SPELLING_ERROR_11" class="blsp-spelling-error">frustrazione</span> e dell’insuccesso.<br /><br />Fino a qualche anno fa ero <span id="SPELLING_ERROR_12" class="blsp-spelling-error">caratterizzato</span> da un’<span id="SPELLING_ERROR_13" class="blsp-spelling-error">insoddisfazione</span> cronica: non mi piaceva come vivevo, ciò che facevo, il modo in cui organizzavo la mia vita e mi rapportavo alle persone. E <span id="SPELLING_ERROR_14" class="blsp-spelling-error">puntualmente</span> almeno una volta al mese mi chiudevo nella mia stanzetta e scrivevo su un foglio di carta tutto ciò che volevo cambiare di me, tutto ciò che, a partire dal giorno dopo, avrei dovuto fare per <span id="SPELLING_ERROR_15" class="blsp-spelling-error">considerarmi</span> realizzato. Ciò che scrivevo sul mio foglio era ovviamente il ritratto del ragazzo perfetto. Scrivevo frasi del tipo: “<em>da domani mi metterò a dieta, smetterò di fumare, farò attività fisica, dedicherò tante ore al giorno allo studio e così via...</em>”. Quanto poteva durare il <strong>sacrificio</strong> di condurre una <strong>vita perfetta</strong>? Quattro, cinque giorni? Forse anche meno! <span id="SPELLING_ERROR_16" class="blsp-spelling-error">Puntualmente</span> già al terzo giorno sgarravo: qualcosa non andava nel modo in cui l’avevo programmata e ciò mi faceva sentire un fallito. Ma mi sentivo di aver fallito, non <span id="SPELLING_ERROR_17" class="blsp-spelling-error">perchè</span> avevo evitato tutte le attività che avevo pianificato, <strong>ma perché avevo eluso una (ed una sola!) di quelle attività</strong>! Bastava che rinunciassi per un giorno a fare sport o che <span id="SPELLING_ERROR_18" class="blsp-spelling-error">riaccendessi</span> una sigaretta per far saltare tutto il progetto. Il mio dialogo interno andava più o meno così: “<em>ecco, anche questa volta ho saltato la palestra. Non ce la farò mai a cambiare, ad essere così come desidero essere</em>”. Ovviamente ciò mi procurava una forte <span id="SPELLING_ERROR_19" class="blsp-spelling-error">frustrazione</span>, rinunciavo al mio progetto di cambiare e sprofondavo ancor di più nelle mie vecchie abitudini distruttive.<br /><br />Il problema era tutto lì: l’aver posto come condizione di base che, nel momento in cui avessi deciso di cambiare, ciò doveva avvenire in modo perfetto. E’ sempre stata la perfezione lo standard a cui ho mirato ogni volta che ho deciso di fare qualcosa: è proprio questo il motivo per cui fino a qualche anno fa non sono riuscito a realizzare niente di ciò che desideravo e mi consideravo fallito e depresso.Ma la perfezione non esiste, è solo un concetto astratto creato dagli uomini, ed è pertanto <span id="SPELLING_ERROR_20" class="blsp-spelling-error">irraggiungibile</span>.<br /><br />Cosa sarebbe accaduto se, invece di ripetermi di aver fallito <span id="SPELLING_ERROR_21" class="blsp-spelling-error">perchè</span> avevo riacceso una sigaretta, avessi detto a me stesso: “<em>sarò anche caduto in tentazione, ma sono stato comunque tre giorni senza fumare e magari, se recupero un po di motivazioni, la prossima volta potrò evitare di fumare anche per 6 giorni. E anche se dovessi ricadere in <span id="SPELLING_ERROR_22" class="blsp-spelling-corrected">tentazione</span>, avrei comunque dimostrato a me stesso di poter resistere 6 giorni senza fumare e la prossima volta potrei fare anche di più</em>”. Cosa sarebbe accaduto se mi fossi sforzato di <strong>cambiare la prospettiva</strong>, di cambiare punto di vista, cioè di cambiare il modo di <span id="SPELLING_ERROR_23" class="blsp-spelling-error">interpretare</span> gli eventi della mia vita? Non più “<em>sono un fallito perché un solo particolare di ciò che avevo previsto è andato fuori posto</em>”, ma al contrario “<em>sto migliorando, perché 3 giorni fa facevo una vita peggiore. Ora invece, anche se non sto mettendo in pratica tutto ciò che mi sono proposto di fare, sto crescendo, cambiando, migliorando e questa è la cosa più importante</em>”.<br /><br />Ecco, lo standard che ti deve guidare non è l’idea di perfezione, ma quella di <strong><span id="SPELLING_ERROR_24" class="blsp-spelling-error">miglioramento</span></strong>. La cosa <span id="SPELLING_ERROR_25" class="blsp-spelling-error">fondamentale</span> è renderti conto che ciò che stai facendo oggi è un passo avanti rispetto a ciò che facevi ieri.L’idea della perfezione può esserti utile solo nel momento in cui riesci ad <span id="SPELLING_ERROR_26" class="blsp-spelling-error">interpretarla</span> come un obiettivo <span id="SPELLING_ERROR_27" class="blsp-spelling-error">irraggiungibile</span>, ma al quale hai il dovere di avvicinarti sempre di più. Ciò che deve spingerti non è il “diventare perfetto” o l’”agire in modo perfetto”, <strong>ma l’idea di avvicinarti sempre di più a quell’idea di perfezione attraverso un <span id="SPELLING_ERROR_28" class="blsp-spelling-error">miglioramento</span> lento e continuo</strong>. Vivi con la <span id="SPELLING_ERROR_29" class="blsp-spelling-error">consapevolezza</span> che non <span id="SPELLING_ERROR_30" class="blsp-spelling-error">raggiungerai</span> mai la perfezione, ma con lo stimolo ad avvicinarti sempre di più ad essa.</div>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-51937318036300555732009-10-23T02:32:00.000-07:002010-06-20T15:06:30.122-07:00Il quadrato dello splendore<p>Oggi presenterò una tecnica che consente di associare delle sensazioni positive a delle esperienze che normalmente ci fanno provare sensazioni spiacevoli. Ad esempio potresti usare questa tecnica per vincere la paura di parlare in pubblico o per provare un senso di tranquillità e rilassatezza nelle situazioni che normalmente ti mettono agitazione. </p><p>Supponiamo di dover fare qualcosa che ci procura paura (parlare in pubblico, fare un esame etc..). Come ben sai la paura non è qualcosa di tangibile e materiale, ma è soltanto uno <strong>stato mentale</strong>. La paura, come qualsiasi altra emozione, è una sensazione prodotta dal nostro cervello e pertanto <strong>risiede dentro di noi</strong>, non all’esterno della nostra persona. La paura non risiede nello stimolo esterno che ci fa paura, ma nella nostra mente. Infatti non è mai l’evento esterno in sè (ad esempio “il parlare in pubblico”) a farci provare paura, ma è <strong>il modo in cui noi interpretiamo quell’evento</strong> (cioè il <strong>significato</strong> che noi gli attribuiamo): accade che la nostra mente applica dei filtri ad ogni stimolo esterno e questi filtri attivano determinate sensazioni che possono essere più o meno piacevoli. Ma noi abbiamo il potere di <strong>cambiare i filtri</strong> attraverso i quali interpretiamo le nostre esperienze, in modo da associare a quest’ultime <strong>stati d’animo potenzianti</strong> e non più debilitanti. E’ ciò che cercheremo di fare con la cosiddetta tecnica del “<em>quadrato dello splendore</em>”.</p><p>Supponiamo di dover sostenere un esame e di provare una forte sensazione di disagio (ad esempio paura, preoccupazione o ansia). Ciò che faremo è: prendere la nostra rappresentazione interna che ci procura disagio, <strong>disassociarla</strong> da questa sensazione negativa e <strong>ancorarla</strong> ad una nuova <strong>sensazione potenziante</strong> (ad esempio potremmo associarla ad una sensazione di rilassatezza e di sicurezza nelle nostre capacità). </p><p>La prima cosa da fare è scegliere i 2 o 3 stati d’animo potenzianti che vogliamo provare quando vivremo quell’esperienza, al posto della sensazione di disagio. Supponiamo di scegliere la <em>sicurezza</em>, la <em>rilassatezza</em> e anche l’<em>allegria</em> (affrontare qualsiasi esperienza con un pizzico di allegria dà sempre dei vantaggi).<br />Ora attribuiamo ai 3 stati d’animo un colore diverso. Per comodità io assocerò il <em>blu</em> alla sicurezza, il <em>bianco</em> alla rilassatezza e l’<em>arancione</em> all’allegria, ma tu potrai scegliere i colori che più gradisci.<br />La prima parte dell’esercizio consiste <strong>nell’ancorare i tre stati d’animo potenzianti ai tre colori scelti</strong>. Operiamo nel modo seguente. Partiamo dalla <strong>sicurezza</strong>.</p><ul><li>Mettiti in piedi, chiudi gli occhi e immagina che a un metro davanti a te si formi un quadrato i cui lati risplendono di <strong>blu</strong> (il colore che abbiamo associato alla sicurezza). Ora immagina di vedere <strong>la tua persona</strong> all’interno del quadrato che si sente molto <strong>sicura di sè</strong>. Quando viviamo delle esperienze in cui ci sentiamo sicuri delle nostre capacità, acquisiamo una postura e facciamo dei movimenti con il corpo compatibili con questo stato d’animo. Immagina pertanto che la tua figura all’interno del quadrato acquisisca <strong>la giusta postura</strong> e faccia i movimenti che tu associ alla stato d’animo di sicurezza. Non dimenticare anche di immaginare i lati del quadrato che risplendono di un blu lucente.</li><li>A questo punto <strong>fai un passo avanti</strong> ed immagina di entrare nel quadrato e di <strong>fonderti con la tua contro-figura</strong> che già era all’interno. Quest’operazione dovrebbe farti provare un improvviso senso di sicurezza. Ora immagina che i lati del quadrato risplendano ancora di blu e contemporaneamente immagina che dal pavimento esca un fumo blu che a poco alla volta sale verso l’alto. Immagina che questo fumo blu diventi sempre più denso, e quanto più si fa denso tanto più aumenta il tuo senso di sicurezza. Nel frattempo <strong>immagina di vivere in prima persona un’esperienza in cui ti senti sicuro</strong>: ad esempio potresti rivivere mentalmente una tipica situazione lavorativa nella quali ostenti sicurezza, oppure potresti immaginare di essere in mezzo agli amici (situazione in cui verosimilmente ti senti sicuro di te e della tua personalità). Cerca di rivivere quell’esperienza con <strong>molta intensità</strong>, riproducendo mentalmente delle immagini <strong>grandi</strong>, <strong>vivide</strong>, <strong>colorate</strong> e <strong>intense</strong>. Fai in modo che la sensazione di sicurezza invada completamente il tuo corpo. Mentre immagini di vivere un’esperienza che ti dà delle forti sensazioni di sicurezza, cerca di simulare dei gesti con il corpo e di acquisire le posture che normalmente avresti in quella situazione (ad esempio la postura associata alla sicurezza è caratterizzata dal petto in fuori, spalle drite, mento alto etc..). Ciò aiuterà il tuo corpo a rievocare lo stato d’animo di sicurezza. Tutto questo processo deve essere compiuto <strong>ponendo sempre attenzione</strong> ai <strong>lati blu </strong>del quadrato e al <strong>fumo blu</strong> che esce dal pavimento e che a poco a poco diventa sempre più denso e avvolge completamente il nostro corpo.</li><li>Dopo 3 o 4 minuti puoi riaprire gli occhi, fare un passo indietro uscendo dal quadrato e distrarti per una trentina di secondi. In pratica questa procedura ci ha permesso di rievocare lo stato d’animo della sicurezza (attraverso l’immaginazione e le posture del nostro corpo) e di <strong>ancorarlo al colore blu</strong>. Dobbiamo ripetere lo stesso processo anche per gli altri due stati d’animo.</li><li>Immagina quindi che davanti a te si riformi il quadrato, ma questa volta con i lati di colore bianco. Vedi la tua controfigura all’interno del quadrato che prova sensazioni di <strong>rilassatezza</strong>. Cerca di rievocare questo stato d’animo così come hai fatto per lo stato d’animo della sicurezza. Poi entra nel quadrato, ricongiungiti con la tua figura, inizia e pensare ad esperienze passate nelle quali ti sentivi tranquillo e rilassato, acquisisci la giusta postura e fai dei movimenti compatibili con questo stato d’animo. Contestualmente devi immaginare che dal pavimento esca <strong>un fumo bianco</strong> e che tale fumo diventi sempre più <strong>denso</strong> e <strong>abbondante</strong> al punto da avvolgere completamente il tuo corpo.</li><li>Terminato il processo distraiti e poi ripetilo per ancorare lo stato d’animo dell’<strong>allegria</strong> al colore <strong>arancione</strong>.</li><li>L’ultima parte dell’esercizio ci permetterà di ancorare all’esperienza che ci genera disagio (sostenere l’esame) i tre stati d’animo di sicurezza, rilassatezza e allegria in modo tale che vivere (o pensare di vivere) quell’esperienza ci faccia provare automaticamente queste <strong>sensazioni potenzianti</strong>. </li><li>Ecco come operare: immagina che il tuo quadrato si riformi davanti a te. Questa volta immagina i 3 lati del quadrato <strong>di 3 colori diversi</strong> (bianco, blu e arancione). Ora fai un passo avanti e entra nel tuo quadrato. Immagina di vivere l’esperienza che ti procura disagio (nel nostro esempio bisognerà immaginare di sostenere l’esame) e contemporaneamente immagina che dal pavimento escano dei fumi di colore blu, bianco e arancione. Man mano che esce il fumo blu aumenta la tua sicurezza. Quando esce il fumo bianco aumenta il tuo senso di rilassatezza e quando esce il fumo arancione sei invaso da una sensazione di allegria. La sensazione finale che devi provare è un mix tra i tre stati d’animo. Man mano che i fumi diventano più densi, le tue sensazioni diventano sempre più piacevoli. Continua ad immaginare di vivere l’esperienza che ti procurava disagio e fallo facendo scorrere nella tua mente una sorta di film di quella esperienza caratterizzato da immagini grandi, vivide e colorate. E mentre immagini e simuli gesti e posture con il tuo corpo, poni attenzione ai fumi bianco, blu e arancione che escono dal pavimento e avvolgono il tuo corpo. Questi fumi colorati ti fanno provare delle sensazioni piacevoli che <strong>il tuo cervello associa all’esperienza che sta immaginando</strong>. Noterai come la tua esperienza non ti procuri più sensazioni di disagio, perché <strong>i fumi colorati</strong> presenti all’interno del tuo quadrato ti fanno provare <strong>solo sensazioni di sicurezza, rilassatezza e allegria</strong>. A poco alla volta l’esperienza che prima ti procurava disagio <strong>viene ancorata</strong> a questi nuovi stati d’animo potenzianti e <strong>diventa piacevole da essere immaginata e vissuta</strong>. Continua questo esercizio per qualche minuto. Poi come fatto in precedenza, fai un passo indietro uscendo dal quadrato e distraiti.</li></ul><p>Terminato l’esercizio, puoi provare a ripensare a quell’esperienza che ti procurava disagio. Se l’esercizio è stato effettuato correttamente, non dovresi provare più disagio ma sensazioni di sicurezza, rilassatezza e allegria. Puoi ripetere l’esercizio per più giorni per rafforzare l’ancoraggio delle nuove sensazioni alla tua esperienza. Ottimi risultati si possono avere combinando la "<em>tecnica del cinema</em>" presentata nel <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/06/tecnica-per-la-cura-delle-fobie.html">post del 22 giugno 2009</a>, con la tecnica del "<em>quadrato dello splendore</em>". Io di solito applico prima la tenica del cinema per disassociare sensazioni spiacevoli da un’esperienza e poi applico la tecnica del quadrato per ancorare sensazioni positive.<br /></p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-80519400379461506352009-10-18T02:30:00.000-07:002009-10-19T01:12:05.539-07:00Cambiare le proprie abitudini con lo swish<p>Oggi presenterò una tecnica di PNL molto nota che prende il nome di “<strong>swish</strong>” (spesso tradotta in italiano con i termini "scatto" o "scozzata"). E’ utile per cambiare abitudini sbagliate e piccoli comportamenti controproducenti. Ad esempio può essere utilizzata per alzarsi dal letto al primo suono della sveglia (invece di spostarla in avanti per diverse volte), per perdere l’abitudine di mangiarsi le unghie, per ricordarsi di allacciare la cintura non appena si entra in automobile e comunque in tutte quelle situazioni in cui si ritiene più utile acquisire un nuovo comportamento o sostituire una vecchia abitudine improduttiva con una più potenziante.</p><p>Quando parliamo di abitudini facciamo riferimento ad una sequenza di azioni che abbiamo fatto così tante volte che ormai si è radicata nella nostra mente (al punto che risulta difficile modificarla). In effetti accade proprio che, quando ripetiamo più volte una serie di azioni, si formi all’interno del nostro cervello una traccia nella quale è codificata quella sequenza di azioni che abbiamo compiuto. Si tratta proprio di una traccia fisica che - se non ricordo male - prende il nome di <em>traccia mnestica</em>. E quante più volte ripetiamo la stessa sequenza di azioni, <strong>tanto più quella traccia diventa marcata</strong>. Cosicchè, quando si verifica il primo stimolo di quella sequenza di azioni, gli impulsi elettrici del nostro cervello si dirigono più facilmente verso la traccia più marcata, generando così la stessa sequenza di azioni che costituisce il nostro comportamento abitudinario. Questo meccanismo diventa un circolo vizioso, perché più ripetiamo il nostro comportamento abitudinario più la traccia che lo codifica si accentua e più diventa difficile costringere il nostro cervello a seguire altre vie (cioè a modificare quell’abitudine). </p><p>E’ un meccanismo che ha ovviamente la sua utilità: infatti ci permette di effettuare delle operazioni in modo automatico, senza dover elaborare diversi stimoli esterni ogni volta che dobbiamo decidere come agire.<br />Si pensi ad una persona che impara a suonare il pianoforte. I primi tempi saranno particolarmente critici perché le dita non riusciranno a muoversi agilmente sulla tastiera. Grazie alla ripetizione dei movimenti creerà delle tracce sempre più marcate, fino ad arrivare al punto in cui riuscirà a suonare dei brani complessi senza nemmeno prestare attenzione ai tasti che sta pigiando. E questo grazie al fatto che la continua ripetizione di determinati esercizi ha lasciato una traccia all’interno del suo cervello che guida le sue azioni in modo automatico.</p><p>Quindi qual è il modo per cambiare un’abitudine che noi riteniamo negativa o controproducente? In base al ragionamento fatto poc’anzi <strong>è sufficiente creare una traccia alternativa che codifichi il nuovo comportamento potenziante</strong> <strong>e che sia più marcata della traccia nella quale è codificata la vecchia abitudine</strong>. In questo modo, quando ci troveremo di fronte al primo stimolo, gli impulsi del nostro cervello seguiranno la nuova traccia attivando il nuovo comportamento. Ciò permetterà di rendere la nuova traccia sempre più marcata e di fare in modo che la vecchia traccia vada via via sparendo.</p><p>Ma come possiamo creare una nuova traccia in poco tempo e senza dover agire materialmente? Lo faremo utilizzando l’<strong>immaginazione</strong>. Del resto, se segui il blog da diverso tempo, avrai più volte potuto constatare di come la nostra mente non faccia differenza tra esperienze realmente vissute ed esperienze immaginate in modo vivido e preciso. <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/07/richiamare-uno-stato-danimo.html">In questo post</a> trovi un esperimento che dimostra quanto ho appena affermato. Ricorreremo quindi all'immaginazione per radicare il nostro nuovo comportamento potenziante.</p><p><br />La tecnica dello swish si applica nel modo seguente:</p><ul><li>Pensa al comportamento che vuoi cambiare e immaginatelo mentalmente come un film, in modo associato, con colori vividi e con immagini grandi e centrate. Ad esempio supponiamo che tu voglia smettere di mangiarti le unghie: potresti immaginarti in prima persona (cioè in modo associato) mentre porti la tua mano alla bocca e dai un morso ad un'unghia.</li><li>Ora immagina che nell’angolino in basso a destra del tuo film ci sia uno schermo molto piccolo nel quale scorrono, in bianco e nero e in modo dissociato, le immagini del nuovo comportamento. Nel nostro esempio potresti vedere la tua persona dall’esterno (quindi in modo dissociato) che mette la mano in tasca prima di aver morso le unghie, in modo da imprimere un nuova direzione alla vecchia abitudine.</li><li>La tecnica consiste nel far scorrere il film della vecchia abitudine fino ad un attimo prima in cui si verifica l’azione che vogliamo modificare. In quel momento devi immaginare di espandere il piccolo schermo che si trova nell’angolo in modo che invada lo schermo principale e ne assuma tutte le submodalità (posizione, grandezza, colori vividi...). Mentre fai questa operazione ripeti la parola “swish”. Da quel momento in poi il film mentale continua con la nuova sequenza di azioni, cioè quella che avevamo rappresentato nel nostro schermino posto nell’angolo in basso a sinistra. Nell’esempio in cui vogliamo correggere l’abitudine di mangiare le unghie, ci immagineremo in prima persona fino al momento di portare le mani alla bocca. In quell’istante effettueremo lo swish espandendo il piccolo schermo e da quel momento vivremo mentalmente l’esperienza di abbassare il braccio e mettere la mano in tasca.</li></ul><p>Ogni volta che ripetiamo la tecnica appena descritta rendiamo la relativa traccia un po’ più marcata. Come detto l’obiettivo è quello di fare in modo che la traccia relativa al nuovo comportamento sia più marcata di quella relativa al vecchio. Quindi la sequenza <strong>va ripetuta</strong> <strong>tante volte</strong>, <strong>più volte al giorno</strong> ed eventualmente <strong>per più giorni</strong> (a seconda di quanto è radicato il vecchio comportamento). Un aspetto da tener presente per la riuscita della tecnica è la <strong>velocità</strong>: bisogna effettuare lo <em>swish</em> (il passaggio dalle vecchie alle nuove immagini) con una <strong>velocità crescente</strong>, fino a quando la sostituzione non sarà effettuata in modo quasi <strong>istantaneo</strong>. Ovviamente bisogna immaginare con una certa <strong>intensità</strong> e <strong>partecipazione</strong>: fare l’esercizio distrattamente non servirà a molto. In conclusione la tecnica va ripetuta più volte, con maggiore intensità ed aumentando il più possibile la velocità, fin quando il nuovo comportamento non sarà acquisito del tutto. </p><p>Se risulta più comodo, invece di rappresentare il nuovo comportamento in uno schermino in basso a sinistra, si può immaginare che, nel momento dello swish, le immagini del vecchio comportamento si rimpiccioliscano fino a sparire sul fondo del nostro campo visivo e contestualmente le immagini del nuovo comportamento “emergano” dalle vecchie, ingrandendosi sempre di più e prendendo il loro posto.</p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-12747574792170271472009-10-13T05:55:00.000-07:002009-10-13T06:27:23.901-07:00Interrompere i moduli che ci procurano stati d'animo negativi<p>Negli ultimi post abbiamo parlato di strategie per riprodurre stati d’animo potenzianti. Abbiamo visto come ognuno di noi disponga di una ricetta per provare motivazione, gioia, amore, gratitudine etc... Nello specifico l’obiettivo degli ultimi post è stato individuare le sequenze di stimoli che ci consentono di riprodurre la "motivazione", cioè lo stato d’animo che ci spinge ad agire. Ma come esistono delle ricette che ci permettono di provare stati d’animo potenzianti, così esistono <strong>sequenze particolari di stimoli </strong>che ci fanno provare stati d’animo <strong>depotenzianti</strong>, <strong>dolorosi</strong> o comunque <strong>negativi</strong>. La condizione ideale di ognuno di noi è trovarsi sempre in uno stato d’animo piacevole o potenziante e rifugire il più possibile dagli stati d’animo negativi e dolorosi. </p><p>Ma allora se abbiamo individuato gli <em>shortcut</em> che ci inducono stati d’animo potenzianti e piacevoli, perché non ci sforziamo anche di <strong>NON riprodurre più quelle sequenze che invece ci mettono in uno stato d’animo di dolore</strong>?<br />La chiave è sempre lo stessa: individuare le sequenze di segnali visivi, uditivi e cinestesici (sia interni che esterni) che, quando vengono ripetute, ci fanno provare ansia, preoccupazione, paura, insofferenza, apatia, insoddisfazione, nervosismo, depressione e tutte le sensazioni spiacevoli che vogliamo evitare.<br />Se nel caso degli stati d’animo potenzianti ci impegnavamo ripetere quelle sequenze per riprodurre sensazioni positive, nel caso degli stati d’animo depotenzianti faremo di tutto per <strong>non portare a termine quelle ricette</strong>, cioè per <strong>interrompere quella sequenza di stimoli prima che sia portata a compimento</strong>. Parliamo in questo caso di una interruzione di modulo, intendendo per modulo quella precisa sequenza di segnali che ci induce uno stato d’animo dal quale vogliamo rifugire.</p><p>Ma come procediamo praticamente? Il trucco sta nel capire, nel momento in cui ci troviamo in uno stato d’animo negativo, qual è stata l’esatta sequenza di stimoli che ci ha indotto quel determinato stato d’animo.<br />Supponiamo che io mi senta particolarmente arrabbiato. Mi chiedo: per quale motivo sto provando questo stato d’animo? Cosa è dovuto accadere per fare in modo che io abbia provato rabbia? Ad esempio potrei scoprire che, nell’ordine:</p><ul><li>Ho preso appuntamento con un amico e mi sono recato sul luogo dell’appuntamento in orario.</li><li>Il mio amico non era presente sul luogo dell’appuntamento e dopo 10 minuti di ritardo ho provato a chiamarlo, ma lui non ha risposto al telefono.</li><li>Lui mi ha richiamato dopo 20 minuti dicendomi che sarebbe arriato di lì a poco.</li><li>Io gli ho chiesto il motivo del suo ritardo e lui mi ha risposto in modo piccato, senza nemmeno chiedermi scusa.</li><li>Ciò mi ha fatto provare insofferenza e quindi ho iniziato ad attaccarlo telefonicamente.</li><li>Lui ha continuato a portare avanti le sue motivazioni, dicendo anche che “<em>lui aveva da fare cose importanti e che in fondo 20 minuti di attesa non erano tanto gravi</em>”. </li><li>Ciò ha amplificato ancora di più il mio stato di insofferenza fino a farmi provare rabbia, al punto di sbraitare e mandarlo a quel paese.<br /></li></ul><p>Ecco una precisa sequenza di segnali che, se dovesse ripetersi per altre mille volte, mi genererebbe lo stesso stato di rabbia per altrettante volte. </p><p>Ora in una situazione del genere la maggior parte delle persone sarebbe portata ad attribuire la rabbia alla persona che non ha rispettato gli impegni. La classica espressione che ricorre in queste situazioni è: “<em>quella persona mi ha fatto proprio arrabbiare!</em>” oppure “<em>per colpa sua ora sono incazzato nero</em>”, quasi come se quella persona ci avesse trasferito la rabbia attraverso un incantesimo e noi l’avessimo accolta senza poterci opporre. In realtà <strong>nessuna persona ha il potere di farci arrabbiare</strong> (o di renderci felice), ma al contrario è <strong>la sequenza di stimoli</strong> (esterni ed interni) e il <strong>significato</strong> che noi attribuiamo ad essi che fa in modo che il nostro cervello attivi la “reazione chimica” della rabbia. In altre parole se siamo arrabbiati, la responsabilità non è di un'altra persona, <strong>ma del significato che noi stessi attribuiamo a determinati segnali</strong>, i quali, ripetuti in una certa sequenza, dicono al nostro cervello di attivare lo stato d’animo della rabbia. Quindi <strong>ogni nostra sensazione è sempre sotto la responsabilità e l’assoluto controllo della nostra mente</strong>. Ne consegue che, se è il nostro cervello che attribuisce il significato agli eventi eserni e, in funzione di tale significato, produce determinate sensazioni, allora noi abbiamo in ogni momento il potere di <strong>interrompere tale sequenza di stimoli</strong> (o di cambiare il significato che attribuiamo loro), in modo da evitare le sensazioni dolorose.</p><p>Ogni volta che ci troviamo a vivere uno stato d’animo negativo, dovremmo fare tesoro di quell’esperienza e trarne un insegnamento: nell’esempio riportato poc’anzi, ho scoperto una ricetta che mi fa arrabbiare e posso quindi <strong>riconoscerla appena torna a verificarsi</strong>. E se me ne accorgo in tempo, posso <strong>interromperla in qualsiasi momento</strong>, prima che venga portata a compimento. In questo modo eviterò di provare uno stato d’animo finale altamente debilitante che tra l’altro ha anche degli effetti molto negativi sul nostro stato di salute (magari più in là parleremo di quanto gli stati d’animo negativi possano influire sul nostro stato di salute fisica).</p><p>Così so che, la prossima volta che il mio amico mi chiederà un appuntamento, potrò fin da subito chiedergli di passare per casa mia, in modo da non rischiare di trovarmi ad aspettare in mezzo alla strada per diverso tempo. Avrò interrotto la ricetta al primo punto e non avrò provato rabbia. Oppure potrò aspettare 10 minuti in strada e poi mandargli un messaggio dicendogli che l’appuntamento è rimandato: avrò interrotto la sequenza al secondo punto e non avrò provato rabbia. Oppure potrei prima tentare di telefonargli e, nel caso in cui lui non dovesse rispondermi, potrei decidere di andare via: avrò interrotto la sequenza al terzo punto. Magari già a questo punto della sequenza potrei essere risentito, ma non sarò ancora sprofondato in uno stato di vera e propria rabbia. Oppure potrei attendere che lui mi richiami e ascoltare le sue giustificazioni. A questo punto, invece di reagire, potrei interrompere il suo modulo (oltre ad interrompere i nostri moduli possiamo in qualsiasi momento interrompere anche quelli degli altri) dicendogli: “<em>caro amico, io so che se continui a dirmi queste cose mi arrabbierò. Se invece mi chiedi scusa non proverò rabbia e possiamo incontrarci evitando di mandarci a quel paese</em>”. Magari questa affermazione inaspettata potrebbe generare nel mio amico un’interruzione del suo modulo e lui potrebbe riconoscere il suo errore. A quel punto avrò interrotto non solo il suo, ma anche il mio modulo al quarto punto… e non sarò arrivato a mangiarmi il fegato. </p><p>Ciò che voglio farti capire è che, quando sai come funzionano le tue personalissime ricette che ti permettono di entrare in un determinato stato d’animo doloroso, in ogni momento puoi decidere di interromperle, evitando di provare sensazioni spiacevoli.<br /><br />Ripeto, la maggior parte delle persone crede che gli stati d’animo siano qualcosa che capiti all’improvviso, senza un motivo reale. Molti pensano di sentirsi arrabbiati, offesi o preoccupati e che non possono farci nulla. In realtà <strong>è accaduto qualcosa di ben preciso per entrare in quello stato d’animo</strong>. Ma quando non si ha consapevolezza di questo meccanismo, le persone procedono continuamente (e a volte ossessivamente) a ripetere le stesse sequenze di stimoli (che producono ovviamente le stesse sensazioni depotenzianti) quando invece basterebbe interrompere quella sequenza un attimo prima che attivi quello stato d’animo. C’è da chiedersi: perché arrivare a provare sensazioni molto dolorose quando si ha la possibilità di cambiare direzione un attimo prima che si attivi quello stato d’animo?</p><p>I litigi che spesso accadono tra una coppia di partner, spesso sono dovuti alla ripetizione ostinata di precisi moduli. Tutto può partire da un segnale, come ad esempio una frase ripetuta sempre con le stesse parole e con lo stesso tono. Ad esempio lei chiama al telefono il suo partner ed esclama: “<em>dovevi chiamarmi e non lo hai fatto, sei sempre il solito e non cambierai mai!</em>”. E nel partner questo segnale genera subito uno stato di irritazione che lo induce a rispondere sempre nello stesso modo. Per cui lui ribatte: “<em>ma credi che io perda tempo? ho tante cose da fare, mica come te che non fai niente dalla mattina alla sera...</em>”. E questo stimolo attiva una serie di processi a catena che poi inevitabilmente degenerano in un litigio colossale. E la cosa assurda è che il giorno dopo tutto questo si ripete nello stesso modo: stessa frase, stessa risposta, stessa sequenza di stimoli e ovviamente stesso esito finale. <strong>Perché moduli uguali danno sempre risultati uguali</strong>. Ma l’intenzione iniziale non era quella di litigare. La donna probabilmente, facendo quella prima esclamazione, chiedeva solo affetto e non intendeva attaccare il partner. Ma quella frase, detta in quel modo e con quel tono, ha rappresentato per lui uno <em>shortcut</em>, uno stimolo che gli ha immediatamente generato uno stato d’animo di irritazione che è rapidamente degenerato. Ora semplicemente riflettendo sulla sequenza che ha generato il litigio, la coppia potrebbe trovare il sistema di <strong>interrompere il modulo prima ancora che venga attivato</strong>. Ad esempio la donna potrebbe provare a cambiare il tono e il messaggio del primo segnale, cioè della prima frase pronunciata. E così invece di esclamare in tono piccato “<em>dovevi chiamarmi e non lo hai fatto!</em>”, potrebbe usare un tono gentile e dire: “<em>amore lo so che sei stato impegnato, ma tu sai che io ho bisogno di sentirti. Come possiamo fare in modo che tu possa chiamarmi più spesso?</em>”. Non sarebbe un segnale completamente diverso che porterebbe ad un esito completamente diverso? E’ veramente inutile ripetere gli stessi moduli che finiscono sempre con il generarci stati d’animo dolorosi e depontenzianti, quando invece in ogni istante possiamo decidere di interrompere quel modulo e <strong>imprimergli una nuova direzione</strong> che porterebbe vantaggi per tutte le persone coinvolte in quel processo.</p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-50449654890495155342009-10-08T03:26:00.000-07:002009-10-08T03:55:35.326-07:00Amplificare la motivazione operando sulle submodalitàRiprendo il discorso degli ultimi due post aggiungendo ancora qualche particolare al concetto degli shortcut. In pratica ti ho spiegato come determinate sequenze di stimoli interni ed esterni possano indurti rapidamente un certo stato d’animo. Inoltre hai preso consapevolezza di come il tipo e la qualità delle azioni che compi dipende esclusivamente dallo stato d’animo nel quale ti trovi. Di conseguenza ogni volta che vuoi agire in un certo modo <strong>puoi applicare uno shorcut che ti procuri lo stato d’animo utile per agire in quel determinato modo</strong>.<br /><br />Ora vediamo in dettaglio quali sono questi stimoli interni ed esterni che, se applicati nella giusta sequenza, ci permettono di recuperare un determinato stato d’animo.<br />Gli stimoli possono essere di tre tipi: <strong>visivo</strong>, <strong>uditivo</strong> e <strong>cinestesico</strong>. Ognuno di questi stimoli, può essere interno o esterno. E' interno uno stimolo che creiamo mentalmente. E' esterno uno stimolo che percepiamo attraverso i nostri 5 sensi.<br /><br />Ad esempio uno stimolo visivo interno è un’immagine che costruiamo nella nostra mente. Uno stimolo visivo esterno è un’immagine che vediamo effettivamente con i nostri occhi. Uno stimolo cinestesico esterno è una qualsiasi sensazione che proviamo con i sensi del gusto, dell’olfatto o del tatto. Uno stimolo uditivo esterno è un suono che ascoltiamo con le nostre orecchie, mentre un uditivo interno è un suono o una frase che immaginiamo mentalmente. Ti invito a rileggere i post sulle submodalità se non hai dimestichezza con i concetti legati alle modalità visive, uditive e cinestesiche. Sugli stimoli uditivi possiamo fare un’ulteriore distinzione tra stimoli <strong>digitali </strong>e stimoli <strong>tonali</strong>. Gli stimoli digitali sono quelli in cui ha rilevanza il significato delle parole di una determianta frase. Gli stimoli tonali sono quelli in cui ha rilevanza il tono con cui viene pronunciata una frase. Ad esempio delle parole dette con un certo tono possono indurci uno stato d’animo diverso a prescindere dal loro significato effettivo. Immagina che qualcuno ti dica “sei proprio uno stupido”: a seconda del tono con cui è pronunciata, questa frase può farti arrabbiare o sorridere (se per esempio è detta in tono giocoso o ironico).<br /><br />Quindi quando cerchiamo di individuare le nostre ricette per riprodurre uno stato d’animo (gli shortcut) facciamo attenzione al tipo di segnali che si ripetono in sequenza (visivo, uditivo, cinestesico) e se si tratta di segnali interni o esterni.<br />Ricordi l’esempio del penultimo post che riguardava la persona che voleva mettersi a dieta e riusciva a motivarsi guardandosi allo specchio? In quel caso avevo ipotizzato una precisa sequenza di stimoli così composta:<br /><br /><ul><li>La persona si guardava allo specchio: segnale visivo esterno – V[e]</li><li>Poi si girava e si osservava di profilo: segnale visivo esterno – V[e]</li><li>Poi si immaginava mentre saliva le scale affannato: un segnale visivo interno (V[i]) più un segnale cinestesico interno C[i] (sensazione di affanno)</li><li>Poi diceva mentalmente “<em>ora basta, devo dimagrire</em>”: segnale uditivo interno digitale U[id] (e probabilmente anche tonale se quella frase era pronunciata con un tono particolare).</li></ul><p>In questa strategia per riprodurre lo stato d’animo di motivazione, quella persona ha applicato una precisa sequenza di segnali: <strong>V[e] – V[e] – V[i] – C[i] - U[id]</strong>. Ora è questa la giusta sequenza che gli genera quello stato d’animo ed <strong>il suo cervello risponderà a questa precisa sequenza attivando sempre lo stesso stato di motivazione</strong>.</p><p>Ma una volta che siamo in possesso della natura dei segnali, possiamo provare ad <strong>amplificarli</strong> in modo da ottenere <strong>un risultato migliore</strong> e più <strong>rapido</strong>. Infatti sappiamo dalla PNL che le sensazioni connesse ad un’immagine mentale si amplificano se rendiamo quell’immagine <strong>più grande, più luminosa e se avviciniamo quell’immagine</strong>. Analogamente cambiando il <strong>volume</strong> o l’<strong>intensità</strong> di un segnale uditivo, possiamo modificare le sensazioni ad esso collegate. Allora se hai già individuato alcune sequenze di segnali che ti inducono un certo stato d’animo, <strong>prova a modificarne le submodalità e verifica se tali variazioni ti permettono di amplificare lo stato d’animo finale</strong>. Se non hai ancora familiarità con i concetti di submodalità ti invito a rileggere i post che ne parlano.</p><p>Nell’esempio della motivazione per mettersi a dieta, la persona potrebbe scoprire che il segnale visivo interno di visualizzarsi affannato per le scale potrebbe amplificargli lo stato d’animo di motivazione se l’immagine stessa fosse più luminosa o posizionata diversamente nel suo campo visivo mentale. Quindi se abbiamo una ricetta che ci crea una certa motivazione, <strong>giochiamo con le submodalità dei segnali interni</strong>, in modo da ottenere una combinazione finale <strong>ancora più potente</strong>, cioè una combinazione che, se ripetuta, ci dia lo stato d’animo che desideriamo con <strong>maggiore intensità</strong>. </p><p>Se abbiamo scoperto una ricetta che ci stimola ad agire, ma non è poi così motivante come la vorremmo, allora facciamo dei tentativi <strong>aggiungendo segnali visivi, uditivi e cinestesici interni ed esterni che ci aiutino ad amplificare quella sensazione finale</strong>. Ad esempio il nostro uomo in sovrappeso, ripetendo la sua sequenza di segnali, potrebbe non sentirsi così motivato. Allora potrebbe decidere di aggiungere arbitrariamente qualche segnale uditivo interno, come ad esempio la voce della persona che ama che gli dice di aver perso completamente la stima nei suoi confronti (in modo da aggiungere un ingrediente alla ricetta che amplifichi il dolore per la sua situazione contingente). O ancora potrebbe aggiungere un ulteriore segnale visivo che lo spinga ad immaginarsi atletico e scattante una volta che avrà raggiunto il peso forma, in modo da amplificare la sensazione di piacere connessa all’ottenimento del risultato. </p><p>In fin dei conti questa sequenza di stimoli interni ed esterni, non deve far altro che riprodurre in modo rapido e diretto, il meccanismo della leva dolore/piacere che abbiamo più volte descritto in passato. Del resto questi <em>shortcut</em> servono per provare in modo automatico una forte sensazione di dolore per la condizione nella quale ci troviamo e una forte sensazione di piacere per la condizione futura che otterremo. Solo in questo modo riusciremo a riprodurre lo stato d'animo di motivazione che ci spinge ad agire.</p><p>Vedrai che, con un po' di pratica, non troverai difficile individuare delle sequenze di stimoli in grado di conferirti forti motivazioni: tutto sta nell’individuarle, facendo esperimenti su sequenze che già in qualche modo ti stimolano ad agire e lavorando sulle submodalità e sui segnali interni in modo da creare una sequenza di segnali altamente efficiente: una ricetta che, se ripetuta in modo preciso, non può che metterti nell’opportuno stato d’animo che ti consente di agire.</p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-46360341090749019352009-10-03T07:38:00.000-07:002009-10-03T13:35:33.191-07:00Gli shortcut della nostra menteIn questo post farò ulteriori <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_0">precisazioni</span> sull’argomento introdotto nell’ultimo articolo. Ti ho parlato di precise sequenze di stimoli (che ho chiamato “ricette”) che generano uno stato d’animo e ti ho spiegato che, ogni volta che ripetiamo queste ricette, riusciamo ad indurci <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_1">automaticamente</span> quel determinato stato d’animo. In particolare ho fatto riferimento a delle precise strategie per indurci una forte motivazione che ci consenta quindi di dedicarci con costanza e metodo ai nostri obiettivi.<br /><br />Ma se ricordi bene, in uno degli ultimi post, avevo parlato di una strategia <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_2">motivazionale</span> incentrata sull’analisi razionale degli aspetti negativi connessi al “non agire” e degli aspetti positivi legati all’azione. In pratica avevo spiegato come ogni volta che siamo motivati (e quindi ogni volta che agiamo) si verifica nel nostro cervello un processo che consente di associare dolore al nostro “stato di immobilismo” e piacere all’idea di agire per raggiungere la meta.<br />Nell’ultimo post invece ti ho chiesto di individuare una precisa ricetta che ti consenta di recuperare quasi <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_3">istantaneamente</span> lo stato d’animo di motivazione senza riflettere <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_4">approfonditamente</span> sul dolore connesso al “non agire“ e sul piacere dell’azione. Allora sto parlando di due processi diversi o alternativi? No, sto parlando della stessa cosa: sto sviluppando lo stesso concetto, ma lo sto affrontando da due prospettive diverse in modo da renderlo più <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_5">comprensibile</span>.<br /><br />Cerco di fare un po’ di ordine. Ormai è chiaro che agiamo nel momento in cui il <strong>dolore per la situazione contingente</strong> <strong>supera il limite di</strong> <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_6"><strong>sopportazione</strong></span> e (<span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_7">alternativamente</span> o <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_8">contestualmente</span>) il <strong>piacere per la condizione futura diventa <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_9">particolarmente</span> allettante</strong>. Ma quando ci <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_10">sottoponiamo</span> ad una sequenza di stimoli esterni ed interni che ci spingono ad agire, stiamo <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_11">praticamente</span> applicando lo stesso processo: <strong>aumentiamo volutamente il dolore per la condizione contingente e/o aumentiamo il piacere per la condizione potenziale</strong>. Chiariamo il tutto con l'immancabile esempio.<br /><br />Nel post precedente ho descritto il caso di una persona che, una bella mattina, decide di mettersi a dieta. In quell’esempio ho elencato una serie di stimoli che avevano creato una forte motivazione in quella persona: guardasi allo specchio, girarsi di profilo facendo aumentare il proprio disappunto, immaginarsi affannato mentre sale le scale e infine esclamare mentalmente una determinata frase. Questo processo, a pensarci bene, non è altro che una sequenza di stimoli che ha generato dolore per la condizione nella quale quella persona si trova. Infatti nel momento in cui quella persona si guarda allo specchio e prova disappunto, non sta facendo altro che provare dolore per il suo aspetto fisico. Quando si immagina affaticato per le scale, non fa altro che provare dolore per quella che sarà la sua condizione futura qualora dovesse continuare ad ingrassare. Invece di un’analisi a tavolino di tutti gli aspetti negativi connessi alla condizione contingente, <strong>sono stati sufficienti due o tre stimoli mirati per raggiungere quella determinata soglia di dolore che ha fatto “scattare” lo stato d’animo di motivazione</strong>. Quindi, quando parlo di individuare una ricetta che ti consenta di guadagnare rapidamente uno stato di motivazione, ti sto solo suggerendo <strong>di individuare una sequenza di stimoli</strong> che ti permetta in modo più veloce e pratico di associare dolore alla tua condizione contingente e piacere alla condizione che <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_12">raggiungerai</span> una volta che avrai portato a compimento il tuo obiettivo.<br /><br />Allora quale sistema utilizzare per ottenere una forte motivazione che ci spinga a perseguire fino in fondo i nostri obiettivi? E’ evidente come il processo analitico che ti ho invitato a fare nel post del <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/09/la-forza-che-ci-spinge-cambiare.html">15 settembre</a> sia molto potente. Infatti, se hai eseguito <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_14">correttamente</span> l’esercizio, avrai scritto su un foglio tutti gli aspetti dolorosi che <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_15">comporterebbe</span> il rimanere ancorato alla tua situazione contingente. Ti ho chiesto di elencare le conseguenze negative che il permanere in uno stato di inattività avrebbe avuto sulla tua <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_16">autostima</span>, sugli aspetti fisici, emotivi e spirituali. <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_17">Contestualmente</span> ti ho chiesto di descrivere tutto il piacere che deriverebbe dal raggiungere gli obiettivi: hai scritto tutte le conseguenze positive che otterrai dal punto di vista materiale e spirituale, hai descritto il senso di gioia e di <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_18">soddisfazione</span> che ne conseguirà, hai toccato con mano il piacere di sentirti realizzato e le conseguenze positive che tale <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_19">realizzazione</span> avrebbero su di te e sulle persone a te vicine. Intuisci quindi come svolgendo <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_20">correttamente</span> questo esercizio (intendendo con ciò soprattutto la capacità di <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_21">immedesimarti</span> in ciò che hai descritto, cioè di provare veramente quel dolore e quel piacere) puoi davvero generare in te un forte stato di motivazione.<br />Ma al tempo stesso mi rendo conto che, una volta che quella motivazione va smorzandosi con il tempo, non è facile decidere <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_22">arbitrariamente</span> di riprendere in mano il foglio che contiene quella serie di <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_23">osservazioni</span> e rileggerlo con <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_24">partecipazione</span>, immaginando tutto il dolore di rimanere inattivi e tutto il piacere connesso al <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_25">raggiungimento</span> degli obiettivi. Perché, come spiegato ampiamente nell’ultimo post, <strong>ogni nostra azione dipende dallo stato d’animo nel quale ci troviamo</strong>. E allora se stai guardando un film in TV e ti trovi in uno stato d’animo di apatia, come potresti mai immaginare di trovare la forza di andare a recuperare il foglio dell’"esercizio dolore/piacere" e rileggerlo cercando di generare in te lo stato d’animo di motivazione? <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_26">Evidentemente</span> lo stato di apatia nel quale ti trovi avrà il sopravvento e dirigerà le tue azioni in modo diverso. Che tu ti senta apatico, stanco o <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_27">insoddisfatto</span>, non troverai mai la forza di alzarti, metterti alla scrivania e rileggere il foglio in cui ha elencato tutto il dolore che deriverà dal continuare a rimanere inattivo. Ecco quindi che, <strong>per recuperare <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_28">istantaneamente</span> la motivazione, hai bisogno di una strategia più veloce</strong>: hai bisogno di individuare quella giusta <strong>sequenza di stimoli interni ed esterni</strong> che ti inducono <strong>motivazione</strong>. In questo caso diventa utilissimo individuare ed applicare quelle famose ricette rapide di cui ho parlato nell’ultimo post. E sono tanto più efficaci, quanto più queste ricette sono basate su stimoli interni (cioè su sequenze precise di pensieri). E questo perché ognuno di noi non può smettere di pensare, in qualsiasi stato d’animo nel quale si trova: la nostra mente è sempre <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_29">attraversata</span> da pensieri, sia che siamo depressi, sia che siamo euforici. La differenza sta nel tipo di pensieri, nel senso che chi è depresso vede più <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_30">frequentemente</span> nella sua mente delle immagini che gli causano dolore e chi è gioioso pensa a qualcosa che gli dà piacere. Ma sempre di pensieri si tratta, cioè di immagini, suoni e sensazioni che si <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_31">costruiscono</span> all’interno della nostra mente. E poiché siamo noi a gestire la nostra mente (e non viceversa) <strong>abbiamo sempre il potere di dirigere questi pensieri nel modo a noi più conveniente</strong>. Allora anche se ci troviamo in uno stato d’animo di apatia, non ci costa davvero nulla iniziare a pensare ad altro.<br /><br />Così quella persona che voleva dimagrire può volutamente immaginarsi affaticata per le scale oppure di fronte ad uno specchio mentre prova disappunto. Perché sa già che questa sequenza di immagini ha già funzionato una volta. E quanto più ripeterà in modo preciso quella sequenza di pensieri che ha già dato dei risultati, tanto più noterà magicamente un cambiamento repentino di stato d’animo: ed ecco che la motivazione inizierà a scorrere nel suo organismo. E dopo un po’ non potrà fare a meno di chiedersi: “<em>ma cosa diavolo ci faccio ancora davanti alla TV?</em>”. E non <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_32">saprà resistere</span> alla tentazione di spegnere il televisore e magari andare a fare trenta minuti di corsa nel parco, in modo da perseguire il suo obiettivo originario di dimagrire.<br /><br />Se poi una volta che hai messo in moto il meccanismo che attiva la “motivazione” ti concedi anche cinque minuti per rileggere il tuo esercizio del dolore/piacere già svolto in passato, allora davvero non ci sarà nulla che possa impedirti di dedicarti al tuo progetto.<br /><br />Ma perché questo processo funziona? Perché il nostro cervello tende sempre a <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_33">semplificare</span>. Se il cervello dovesse, ogni volta che è sottoposto ad uno stimolo esterno, effettuare una valutazione minuziosa di quello stimolo per decidere come “reagire”, spenderebbe tantissime risorse. E’ facile intuire come la nostra vita <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_34">diventerebbe</span> invivibile se, anche per un’azione stupida come alzarsi per fare una telefonata, il nostro cervello dovesse applicare un processo analitico complesso per valutare quali sono gl svantaggi connessi al non agire e i vantaggi connessi all’agire. Negli anni abbiamo quindi creato una sorta di “scorciatoie”, cioè strumenti che permettono al nostro cervello di fare delle valutazioni istantanee. Chi mastica un po’ di informatica sa cosa si intende con il termine “<em><span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_35">short</span><span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_36">cut</span></em>”: sono delle <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_37">combinazioni</span> di tasti che, se applicate, ci permettono di fare delle operazioni complesse. Ad esempio per fare il “copia e incolla” di un testo da un’<span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_38">applicazione</span> puoi premere <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_39">Ctrl</span>-C invece di effettuare un’operazione più laboriosa accedendo a vari <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_40">menu</span> con il mouse. Così anche il nostro cervello ha degli <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_41"><em>shortcut</em></span>, ossia delle <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_42">combinazioni</span> di segnali che attivano rapidamente uno stato d’animo. Ciò serve al nostro cervello per reagire rapidamente ad ogni contesto, senza perdere tempo in complesse <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_43">elaborazioni</span> delle <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_44">informazioni</span> che riceve. <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_45">Questi</span> <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_46"><em>shortcut</em></span> sono quindi dei sistemi utilizzati dal nostro cervello per <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_47">semplificarsi</span> la vita. <strong>Allora perché non <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_48">utilizzarli</span> a nostro vantaggio</strong>? Molte persone ignorano quali siano i propri <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_49"><em>shortcut</em></span> (cioè quelle famose ricette che attivano determinati stati d’animo), ma sarebbe davvero utile scoprirne quanti più possibile, in modo da richiamare in ogni istante lo stato d’animo più utile per il tipo di situazione che ci troviamo ad affrontare.<br /><br />Faccio un ultimo esempio: ti è mai capitato di <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_50">innervosirti</span> quando ascolti qualcuno che parla con un certo tono di voce, anche se non si rivolge <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_51">direttamente</span> a te? Penso proprio di si. <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_52">Probabilmente</span> in passato, hai provato stress mentre interagivi con una persona che si rivolgeva a te con quel determinato tono di voce. Ora il tuo cervello appena sente una persona, anche estranea, che parla con quel tono di voce <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_53">automaticamente</span> genera quello stato d’animo di nervosismo. Immagina di stare in fila alle poste ed un signore dietro di te si rivolge ad un altro con tono insolente e <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_54">impertinente</span>. Non avresti alcun bisogno di <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_55">innervosirti</span>, perché il tuo cervello potrebbe valutare che quel segnale non è diretto a te o che forse quella persona potrebbe avere i suoi buoni motivi per parlare in quel modo. Eppure faresti di tutto per zittire quella voce. Perché? Perché se il cervello facesse <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_56">continuamente</span> <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_57">elaborazioni</span> di questo tipo spenderebbe troppe risorse, per cui preferisce attivare <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_58">immediatamente</span> lo stato d’animo che ritiene consono a quel segnale che sta ricevendo, anche se non è indicato per quella situazione. Così appena ascolti quella voce con quel particolare tono insolente, <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_59">automaticamente</span> ti <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_60">innervosisci...</span> E’ appunto uno <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_61"><em>shortcut</em></span>, una scorciatoia del tuo cervello.<br /><br />Allora la domanda è questa: <strong>perché non utilizzare questa <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_62">caratteristica</span> della mente a nostro vantaggio</strong>? La maggior parte degli <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_63">shortcut</span> sono composti da pochi segnali. Puoi scoprire ad esempio che per trovare le giuste motivazioni per dedicarti ad un progetto può essere sufficiente <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_64">visualizzare</span> mentalmente due o tre immagini. Allora appena applichi la giusta sequenza... il gioco è fatto. Oppure potrebbe bastarti ascoltare un suono, una musica o fare un piccolo gesto come mettersi di profilo davanti allo specchio…<br />Scopri il modo per entrare e uscire <span class="blsp-spelling-error" id="SPELLING_ERROR_65">rapidamente</span> da ogni stato d’animo e troverai il modo per gestire le tue azioni.Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-88569364470745105062009-09-27T12:52:00.000-07:002009-09-27T13:54:32.628-07:00La ricetta della motivazioneNel corso di questo viaggio alla scoperta delle nostre potenzialità ho più volte fatto riferimento all’importanza degli <strong>stati d’animo</strong>. Ho spiegato come <strong>il tipo e la qualità delle azioni</strong> che compiamo <strong>dipenda esclusivamente dallo stato d’animo</strong> nel quale ci troviamo.<br /><br />Facciamo un esempio: se in questo momento ti telefona un amico e ti chiede di accompagnarlo a fare un servizio, la tua risposta (e quindi <strong>l’azione che intraprenderai</strong>) dipenderà esclusivamente dallo stato d’animo nel quale ti trovi (o dallo stato d’animo che il tuo amico riesce ad indurti). Così se ti senti stanco gli risponderai che “<em>non ce la fai ad accompagnarlo perché hai bisogno di riposarti</em>”. Se invece sei stato tutto il giorno in casa e sei nella condizione di chi non vede l’ora di prendere un po’ d’aria, gli chiederai di “<em>passarti a prendere il prima possibile</em>”. Oppure potresti ricordarti di essere in debito verso il tuo amico e quindi la sua richiesta potrebbe indurti uno stato d’animo di accondiscendenza che ti spingerebbe ad accettare l’invito, anche qualora dovessi sentirti stanco. Oppure potresti essere preoccupato per questioni che nulla hanno a che vedere col tuo amico e allora potresti chiedergli di “<em>rimandare l’impegno di qualche ora</em>”, quando avrai avuto modo di risolvere le questioni che ti preoccupano. Come vedi di fronte ad una sollecitazione esterna (come può essere l’invito di un amico), la tua risposta e l’azione che ne consegue (accettare, rifiutare, rimandare …) non è prestabilita, ma dipende dal tuo stato d’animo, ossia dalla condizione psicologica nella quale ti trovi.<br /><br />In generale quindi, <strong>il tuo stato d’animo condiziona il tipo di azione che intraprendi e, ovviamente, la qualità di quella azione</strong>.<br /><br />Ma cosa c’entra questa osservazione con il discorso sugli obiettivi che abbiamo affrontato negli ultimi post? Semplice! Se hai seguito tutte le istruzioni descritte nei post degli ultimi mesi, è probabile che tu abbia notato come la difficoltà più grande non sia riuscire a trovare il tempo per stabilire i tuoi obiettivi o per definire una strategia. E non è nemmeno tanto difficile mettere in pratica i primi passi di quella strategia, soprattutto nei primi giorni, quando l’euforia e l’entusiasmo sono ancora in circolo nel tuo organismo. <strong>La difficoltà vera sta nel perseverare</strong>, cioè <strong>nell’agire in modo costante e metodico</strong> al fine di attuare tutti i passi della strategia e raggiungere il risultato finale.<br /><br />Puntiamo quindi a trovare una formula che ci consenta di agire con costanza ed efficacia, giorno per giorno, in modo da perseguire le nostre mete fino in fondo. Ma poco fa ti ho appena ricordato come la qualità e il tipo di azione che intraprendi dipendano esclusivamente dallo stato d’animo nel quale ti trovi. E allora quando diciamo che abbiamo bisogno di una formula che ci consenta di agire in modo costante ed efficace, stiamo dicendo più precisamente che<strong> abbiamo bisogno di trovare un sistema che ci consenta di creare il giusto stato d’animo che ci spinge a dedicarci con passione al nostro obiettivo</strong>. E questa formula deve essere <strong>ripetibile</strong>, cioè deve permetterci di ricreare quello stato d’animo tutte le volte che lo desideriamo. Per inciso, lo stato d’animo che ci spinge a dedicarci al nostro obiettivo ha un nome preciso e si chiama “motivazione”.<br /><br />Chiediamoci quindi: cosa ci spinge ad essere motivati e come possiamo fare in modo di motivarci costantemente? In effetti la principale causa per cui le persone non riescono a raggiungere i propri obiettivi, è la perdita della motivazione.<br /><br />Facciamo un esempio. Supponi di essere in sovrappeso. Una bella mattina ti guardi allo specchio e noti quanto è cresciuta la tua pancia. Ti sposti di profilo e noti quanto è orrendo quello “zaino” che sporge in avanti. Poi pensi che se continui così farai fatica a salire le scale. Ad un certo punto esclami: “<em>basta, adesso devo dimagrire!</em>”. Complimenti: hai trovato una motivazione, cioè sei riuscito a produrre in te lo stato d’animo che ti spinge a metterti a dieta.<br />E così inizi la tua dieta e il primo giorno non sgarri di un grammo; il secondo giorno però ti concedi un dolcetto; al terzo giorno hai già dimenticato il fastidio che ti procurava la tua immagine allo specchio e torni a mangiare normalmente; il quarto giorno, innervosito dal fatto che hai perso la tua sfida, mangi il doppio del giorno prima. Perché hai fallito? Semplicemente perché <strong>hai perso le motivazioni</strong>,<strong> cioè non sei più riuscito a riprodurre quello stato d’animo che ti spingeva a mangiare di meno</strong>. E ti chiedo ancora: ma perché hai perso le motivazioni? Cosa ha fatto in modo che tu non provassi più quello stato d’animo? La risposta è semplicissima: hai perso le motivazioni perché <strong>non ti sei più guardato allo specchio</strong> <strong>e non lo hai fatto nello stesso modo in cui lo avevi fatto il primo giorno</strong> (cioè girandoti di profilo, pensandoti mentre sali le scale affaticato e facendo quella determinata esclamazione).<br /><br />Uhm, temo di averti confuso un po’. Forse stai pensando che non possa essere così semplice. Allora procediamo per gradi. Seguimi nel discorso.<br /><br />Innanzitutto nota bene l’espressione che ho usato nel periodo precedente: ho detto “<em>non sei riuscito a riprodurre lo stato d’animo</em>”. Eh già, perché lo stato d’animo è prodotto da noi stessi. Siamo noi che decidiamo di “metterci” in una determinata condizione mentale. E lo facciamo attraverso delle sequenze di pensieri e interpretando gli stimoli esterni.<br /><br />Nel caso della dieta ho ipotizzato che le motivazioni siano scaturite dalla visione della tua immagine allo specchio e da una serie di pensieri e di azioni che tu hai compiuto: questa sequenza di azioni e pensieri genera uno stato d’animo di disapprovazione per la tua condizione fisica; questo stato d’animo ti crea le motivazioni ad agire: ti vedi brutto, quindi provi dolore. E questo dolore ti dà la forza di agire e di cambiare le cose. Ma – ricorda bene - non è l’immagine in sé che ti induce lo stato d’animo, bensì il significato che tu le attribuisci. Magari ti sei visto cento volte allo specchio nell’ultimo mese, ma non hai mai provato il desiderio di metterti a dieta. Infatti il nostro cervello deve sempre attribuire un significato ad ogni stimolo ricevuto dall’esterno ed è proprio questo significato che ci induce uno stato d’animo. Più volte nei post passati ho spiegato come ogni stato d’animo sia la conseguenza NON di ciò che ci succede, ma del modo in cui interpretiamo ciò che ci succede: <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/06/stati-danimo.html">in questo post </a>(che ti invito a rileggere) spiegavo come uno stesso stimolo esterno potesse indurci due stati d’animo contrastanti; proprio perché quello stimolo, a seconda della situazione, poteva assumere un significato diverso.<br /><br />Quindi la nostra immagine allo specchio ad un certo punto ci procura dolore. Verrebbe da chiedersi: “<em>perché tutte le altre volte che mi sono specchiato non ho avvertito lo stesso dolore?</em>” O magari “<em>perché le altre volte provavo un senso di disapprovazione, ma non al punto da spingermi con forza a mettermi a dieta</em>”? Perché evidentemente è accaduto qualcos’altro. Hai ricevuto una particolare sequenza di stimoli esterni ed hai immaginato determinate cose e tale “combinazione di segnali” ha fatto scattare quello stato d’animo. Nel nostro esempio è accaduto che 1) ti sei guardato allo specchio ed hai considerato negativa la tua immagine, 2) ti sei girato di profilo provando maggior disappunto 3) hai riflettuto sulle conseguenze del tuo comportamento immaginandoti mentre salivi le scale affannato 4) la tua voce interna ha esclamato “<em>basta, adesso devo dimagrire!</em>”. E questa sequenza di stimoli è stata sufficiente a procurarti una condizione di motivazione verso la dieta.<br /><br />L’aspetto meraviglioso della nostra mente è che,<strong> se ripetiamo esattamente la sequenza di stimoli che ci ha generato un determinato stato d’animo, proveremo nuovamente quello stesso stato d’animo</strong>. Provare per credere!<br /><br />E’ come se ogni stato d’animo avesse <strong>una ricetta ben precisa</strong>: se mettiamo gli stessi ingredienti, nelle stesse quantità, otteniamo lo stesso risultato finale.<br />Allora, tornando ai tuoi obiettivi reali, se sei stato motivato solo per qualche giorno e una bella mattina hai pensato che invece sarebbe stato meglio desistere, evidentemente è successo qualcosa che ha "rotto l'incantesimo". Ma cosa è successo? Semplice! Nei giorni precedenti hai fatto qualcosa che ti ha messo in uno stato d’animo di motivazione e che quindi ti ha permesso di dedicarti al tuo obiettivo. E cosa hai fatto di preciso per ottenere motivazione? Beh questo io non posso saperlo e devi scoprirlo tu. <strong>Devi individuare le tue personalissime ricette per riprodurre un certo stato d’animo</strong>.<br /><br />Così la persona a dieta al terzo giorno si arrende perché non ha ripetuto la sequenza che gli dava le giuste motivazioni. E ti assicuro che se anche il terzo giorno si fosse messa davanti allo specchio e avesse ripetuto l’esatta sequenza, sarebbe riuscita a motivarsi come prima.<br />Ora guardarsi allo specchio ed immaginarsi affaticati per le scale, potrebbe non funzionare per tutti. Perché ognuno di noi ha una precisa strategia per procurarsi una determinata condizione mentale.<br /><br />Anche tu hai una precisa ricetta per produrre qualsiasi emozione, sensazione e stato d’animo.<br />Ad esempio ti sei mai chiesto cosa debba accadere affinché tu provi rabbia, ansia, preoccupazione o amore? Ad esempio potresti arrabbiarti quando stai facendo qualcosa di importante ed un tuo familiare fa un rumore insopportabile. Magari non ti arrabbi subito, ma solo dopo aver chiesto al tuo familiare di smettere per 3 o 4 volte, senza aver ottenuto risultato. Magari ti arrabbi quando, dopo aver chiesto 4 volte al tuo familiare di smettere di far rumore, lui per tutta risposta ti manda a quel paese. Sta di fatto che esiste una precisa ricetta di stimoli che devono ripetersi affinché tu provi rabbia. Nell’ordine: 1) un tuo familiare deve fare rumore mentre sei concentrato in qualcosa di importante 2) tu devi invitarlo per 4 volte a piantarla senza ottenere risultato 3) lui deve mandarti a quel paese.<br />Ora se lui smette di fare rumore quando tu glielo chiedi per la seconda volta, la ricetta non viene portata a termine e tu non hai nessuna ragione per arrabbiarti. <strong>Non provi quello stato d’animo perché non sono stati completati tutti i passi della tua personalissima ricetta per produrre rabbia</strong>. Ovviamente puoi arrabbiarti in mille altri modi diversi, ma in ogni caso ci sarà sempre un determinata sequenza di stimoli esterni e di pensieri che ti produrranno quella condizione mentale.<br /><br />Allora capisci che se vuoi acquisire costanza nel fare una cosa, devi capire qual è la ricetta che ti motiva a fare quella determinata cosa. E anche se in un certo momento sei stanco, o depresso o preoccupato, <strong>ti basterà ripetere quella sequenza di stimoli e pensieri (cioè la tua ricetta) per riguadagnare istantaneamente la tua motivazione</strong>.<br /><br />Nei prossimi post ti spiegherò perché il nostro cervello, sollecitato da una stessa sequenza di stimoli, risponde rigenerando gli stessi stati d’animo. Inoltre vedremo in dettaglio la natura di questi stimoli e come combinarli tra loro nel modo migliore.<br /><br />Intanto un esercizio eccellente è cercare di scoprire cosa deve accadere per provare motivazione verso un obiettivo. Basta che tu ti chieda: quando quella volta ho lavorato con entusiasmo al mio progetto, cosa è successo? Ho visto, udito o sentito qualcosa? O fatto determinati pensieri? Come ho combinato tra loro stimoli esterni ed interni? Ed anche: quali erano le submodalità dei miei stimoli interni?<br /><br />Io per esempio ho una precisa strategia per indurmi lo stato d’animo che mi consente di scrivere un post su questo blog. Infatti non sempre ho voglia di scrivere un post, magari perché sono stanco dopo una giornata lavoro o perché sto facendo qualcosa di diverso che mi appassiona. Ma so come trovare istantaneamente il desiderio di scrivere: e quando voglio indurmi questo desiderio apro la mia casella di posta elettronica e rileggo una delle tante mail di lettori che mi ringraziano per le cose che scrivo. Ciò mi fa provare gioia, ma spesso non è sufficiente. Allora leggo i commenti scritti in risposta ai miei post. Ciò aumenta ancora il senso di gioia e gratitudine, ma non è sufficiente a motivarmi. Allora vedo la data dell’ultimo post e conto i giorni che sono passati dall’ultimo argomento che ho trattato. E quando noto che sono passati parecchi giorni, inizia a nascere in me la tentazione di scrivere qualcosa di nuovo… Ma potrebbe non essere ancora sufficiente. E allora immagino due o trecento persone che da una settimana si collegano sul mio blog e notano dispiaciuti che non è stato ancora aggiornato. E allora quest’ultimo pensiero mi crea una forte motivazione che mi fa precipitare sulla tastiera del computer. E badate: non mi metto a scrivere a malincuore! La ricetta precisa che applico mi genera un'enorme gioia, sapendo che parlerò di un nuovo argomento che potrà essere di aiuto a tante persone. Non mi sto forzando, non sto applicando la forza di volontà. Lo farei se scrivessi un post mentre mi trovo in uno stato d’animo che mi spinge a fare qualcos’altro (ad esempio guardare la TV o uscire con gli amici). Ma io applico una ricetta precisa, con ingredienti precisi (leggere le mail, i commenti, contare i giorni dall’ultimo post, infine immaginare tante persone deluse che aspettano un nuovo argomento) che <strong>mi fa desiderare veramente di scrivere qualcosa</strong>. Quindi l’azione che scaturisce da questo stato d’animo diventa piacevole e gratificante.<br /><br />P.S.: ho parlato di 200-300 persone perché, dalle statistiche del sito, è questo il numero di lettori affezionati che si collega almeno una volta alla settimana sul mio blog. E di questa fiducia, ovviamente, vi ringrazio con tutto il cuore.Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-16771749228296278062009-09-21T13:30:00.000-07:002009-09-21T14:03:13.040-07:00Chiedi e ti sarà dato: il potere delle domande<p>Gli ultimi post ci hanno aiutato ad individuare gli obiettivi dei prossimi mesi e ci hanno fornito uno strumento per trovare le giuste motivazioni. Ma non abbiamo ancora detto nulla in merito alla <strong>strategia</strong> che dobbiamo adottare per raggiungere le nostre mete: non possiamo illuderci di poter raggiungere grandi obiettivi se non abbiamo un’<strong>adeguata strategia</strong> che ci indichi le <strong>istruzioni da compiere passo dopo passo</strong> e che ci dia degli opportuni <strong>strumenti di valutazione</strong> per verificare se ci stiamo gradualmente avvicinando alla meta. </p><p>Per strutturare un piano d’azione potrebbe non essere sufficiente sederci dietro la scrivania e spremere le meningi. Non sempre riusciamo a trovare le adeguate soluzioni quando ci sforziamo di riflettere su un problema. Anzi ti sarà sicuramente capitato di avere un'illuminazione quando meno te l'aspettavi, ad esempio mentre eri in automobile o in compagnia degli amici: la nostra mente ha bisogno di un certo tempo per organizzare le informazioni ed avere un quadro preciso della situazione. </p><p>Quando stimoliamo opportunamente la nostra mente, si attiva un sistema del nostro cervello detto<strong> SAR</strong> (<em>sistema di attivazione reticolare</em>) che iniza a raccogliere ed organizzare le informazioni anche quando non siamo più concentrati sull’oggetto della nostra analisi. In questo modo il nostro cervello continua a lavorare e al momento opportuno, quando meno ce lo aspettiamo, riesce a trovare la soluzione che attendevamo.</p><p>Quindi il primo passo che devi compiere per trovare la giusta strategia che ti consentirà di raggiungere i tuoi obiettivi è sfruttare il SAR. Quando riusciremo a stimolare opportunamente questo meraviglioso “congegno” del nostro cervello, inizieremo rapidamente a notare tutto ciò che può essere attinente al nostro obiettivo e utile per risolvere tutte le incongnite e le complicazioni ad esso collegate. </p><p>Ma come funziona il SAR? Come puoi facilmente constatare, ogni giorno siamo bombardati da migliaia di informazioni e la nostra mente non è in grado di elaborarle tutte a livello conscio. Il nostro cervello provvede continuamente a nascondere le informazioni che ritiene inutili e a lasciar filtrare solo quelle che considera più importanti e funzionali. Mentre leggi questo testo, il tuo cervello sta valutanto anche altri segnali, come ad esempio i suoni di sottofondo e tutte le immagini che rientrano nel tuo campo visivo, ma tali informazioni vengono messe in secondo piano perché in questo momento ritieni più importante dedicarti alla comprensione del testo. Ma ciò non vuol dire che, a livello inconscio, il tuo cervello non valuti tutti gli altri segnali dell’ambiente. Infatti se all’improvviso sentissi un rumore, il tuo cervello considererebbe immediatamente tale segnale come più importante rispetto al testo che stai leggendo e la tua attenzione conscia si sposterebbe automaticamente sul rumore che hai udito e sulle cause che lo hanno generato. </p><p>Possiamo volontariamente “obbligare” il nostro cervello a prestare un’attenzione permanente su un determinato argomento. Tale processo permetterà al nostro cervello di raccogliere costantemente informazioni, di elaborarle e di individuare le soluzioni utili a risolvere gli eventuali problemi.</p><p>Una tipica attivazione del SAR si ha quando bisogna fare un acquisto importante. Se in passato ti è capitato di acquistare un’automobile, avrai sicuramente notato come, dal momento in cui hai deciso di fare l’acquisto, la tua attenzione sia stata automaticamente catturata da tutto ciò che aveva a che fare con il mondo dei motori. Quando eri in coda al semaforo non potevi fare a meno di interessarti ai modelli delle auto che ti stavano intorno. Ogni pubblicità televisiva di automobili catturava la tua attenzione. Dovunque ti giravi non facevi altro che notare automobili. Cos’è successo nella tua mente? La decisione di acquistare un’automobile e di dover scegliere un modello adeguato alle tue esigenze e alle tue economie, ha attivato il SAR. Da quel momento in poi il tuo cervello, per aiutarti a fare le opportune valutazioni, ha fatto in modo che tutto ciò che riguardava l’argomento "automobile", avesse una priorità più alta rispetto alle altre informazinoi che riceveva dall’esterno. Quindi tutte le informazioni utili sono state traferite alla tua attenzione conscia e le informazioni meno utili sono rimaste nascoste. Probabilmente già dopo qualche giorno dall’acquisto dell’automobile, questo meccanismo ha esaurito la sua funzione ed ha quindi smesso di funzionare. Tant’è vero che l’attenzione particolare che riservavi alle automobili è presto svanita e sei ritornato ad un livello di attenzione normale.</p><p>Capisci quindi che, se vuoi trovare un’opportuna strategia per raggiungere dei grandi obiettivi, hai bisogno in primo luogo che il tuo sistema di attivazione reticolare sia regolato in modo tale da portare alla tua attenzione conscia tutto ciò che in qualche modo può esserti utile per raggiungere il tuo obiettivo. </p><p>Il primo strumento che ci consente di attivare il SAR è la definizione accurata dell’obiettivo e la sua rappresentazione dettagliata a livello mentale. Nel <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/09/scegliamo-gli-obiettivi-per-il-prossimo.html">post del 10 settembre </a>ti ho spiegato come definire opportunamente gli obiettivi. Dovresti già aver descritto in modo dettagliato il tuo obiettivo ed aver elencato ciò che vedrai, udirai e sentirai man mano che ti avvicinerai alla meta. Un esercizio molto utile è dedicare qualche minuto ogni giorno a<strong> rappresentare mentalmente il momento in cui avrai raggiunto il tuo scopo</strong>. Cerca di fantasticare il più possibile, di immaginare dettagliatamente il percorso di avvicinamento alla meta. Aggiungi sempre nuovi dettagli alle tue rappresentazioni e raccogli quante più informazioni possibili che possono tornarti utili per la definizione della tua strategia. In questo modo inizierai a stimolare opportunamente il tuo cervello, a fornirgli delle direttive precise su ciò su cui dovrà concentrarsi. Se speri di raggiungere un grande obiettivo semplicemente scrivendolo su un pezzo di carta e aspettando che un giorno ti venga magicamente l’intuizione su come realizzarlo, la tua impresa è probabilmente destinata a fallire. <strong>Devi al contrario cercare di stimolare costantemente il tuo cervello con l’immaginazione</strong>: quando la tua mente sarà “ossessionata” dall’obiettivo che ti sei prefissato di raggiungere, inizierà ad elaborare informazioni 24 ore su 24, anche (e soprattutto) durante il sonno. Si attiverà il SAR che ti permetterà di prestare attenzione a tutto ciò che potrà tornarti utile per la realizzazione del tuo obiettivo e si accenderanno tutti i <strong>meccanismi creativi</strong> che risiedono nella tua mente.</p><p>Un altro strumento fondamentale per spostare l’attenzione della mente è “<strong>la domanda</strong>”. Il nostro cervello, se sollecitato con <strong>domande chiare</strong>, <strong>precise</strong> e <strong>ripetute con una certa frequenza</strong>, si attiva per trovare una risposta adeguata. E’ come se quella domanda rimanesse intrappolata nei circuiti neuronali fin quando, anche a distanza di giorni, il cervello non partorisce una risposta.</p><p>Ad esempio ti sarà sicuramente capitato di non ricordare il nome di una persona e di chiederti “<em>Come diavolo si chiama quel tizio?</em>”. E magari ti sei posto quella domanda ripetutamente senza riuscire a trovare la risposta in tempo utile. Poi magari dopo 3 giorni, mentre eri imbottigliato nel traffico, ti si è accesa una lampadina ed hai esclamato “<em>Antonio, ecco come si chiamava quella persona!</em>” . E’ come se il tuo cervello avesse continuato a raccogliere ed elaborare informazioni per trovare una risposta alla tua domanda e probabilmente, una di quelle informazioni che ha acquisito mentre eri fermo nel traffico, gli ha permesso di fare degli opportuni collegamenti che gli hanno dato finalmente l’occasione di rispondere alla tua domanda. Ecco quindi che porsi delle <strong>domande precise e utili</strong> ha un’importanza fondamentale. </p><p>Noi ci poniamo domande in ogni istante. Quando riflettiamo non facciamo altro che porci delle domande e trovare delle risposte. La differenza è fatta sempre dalla <strong>qualità delle domande</strong>. La risposta della nostra mente sarà tanto utile quanto più la domanda sarà ben formulata. Come dice Anthony Robbins, “<strong>Domande di qualità producono un vita di qualità</strong>”.</p><p>Ma quali sono le domande ben formulate che ci aiutano a trovare le soluzioni ai nostri problemi? <strong>Le domande utili sono quelle che ci stimolano a trovare delle soluzioni</strong>. </p><p>Ci sono persone che si pongono sempre domande sbagliate o comunque poco utili. Ciò non fa altro che spostare la loro attenzione su tutto tranne che sulla soluzione al problema. Immagina tutte le volte che ti è capitato un imprevisto ed hai ripetuto più volte a te stesso: “<em>Ma perché capitano tutte a me?</em>” oppure “<em>Cosa ho fatto di male per meritarmi tutto ciò?</em>”. Queste due domande, apparentemente innocue, allontanano la tua mente dalla soluzione al problema e la portano a riflettere sulle presunte cause metafisiche che lo hanno prodotto. E visto che il tuo cervello non può fare a meno di cercare una risposta alle domande che gli poni, quando gli continuerai a ripetere “<em>ma perché capitano tutte a me?</em>”, non potrà che risponderti: “<em>capitano tutte a te perché sei sfigato!</em>”. Non solo non avrai risolto il problema, ma inizierai ad interiorizzare una convinzione (quella di essere sfigato) che non farà altro che limitarti ulteriormente in futuro (abbiamo già ampiamente parlato delle convinizioni limitanti). </p><p>Cosa accadrebbe se, la prossima volta che bucherai un pneumatico, invece di continuare a ripeterti “<em>cosa ho fatto di male per meritarmi tutto ciò?</em>”, ti chiedessi immediatamente: “<em>Come posso risolvere il problema velocemente?</em>”. Succederebbe che l’attenzione del tuo cervello si sposterebbe automaticamente <strong>su come trovare una soluzione al problema</strong>, piuttosto che sull'individuazione delle tue presunte colpe. E ciò non potrebbe che aiutarti a risolvere il problema in breve tempo.</p><p>Curare la qualità delle domande che ci poniamo ogni giorno è davvero importante, perché in base a come formuliamo la domanda il nostro cervello si concentra su determinati aspetti piuttosto che su altri. Solitamente le domande che iniziano con il “<strong>come</strong>” sono sempre più utili di quelle che iniziano con il “perché”. In altre parole chiedersi “<em>come posso risolvere questo problema?</em>” è molto più utile che chiedersi “<em>perché si è verificato questo problema?</em>”. </p><p>Ma se ci poniamo una domanda ancora più precisa obblighiamo il nostro cervello a concentrare ancor di più la sua attenzione sull’argomento che desideriamo affrontare e quindi a trovare delle soluzioni molto più appropriate e utili.</p><p>Pensa ad una persona che voglia imparare a disegnare e di fronte ai primi insuccessi continui a ripetersi “<em>perché non riesco a disegnare come vorrei?</em>”. Sposterebbe il focus mentale sulla causa del problema e non sulla soluzione. Cosa succederebbe se iniziasse a chiedersi: “<em>come posso migliorare nel disegno?</em>”. E cosa accadrebbe se si ponesse una domanda ancora più precisa del tipo “<em>come posso migliorare le mie capacità artistiche divertendomi e senza spendere troppi soldi?</em>”. La sua attenzione si sposterebbe sulla soluzione del problema e la sua mente avrebbe anche delle coordinate più precise su che tipo di soluzione debba trovare: in primo luogo deve essere un’attività divertente e in secondo luogo non troppo costosa. E probabilmente continuando a ripetersi costantemente questa domanda potrebbe ritenere che il modo più utile per migliorare le sue qualità artistiche sia, non pagare un costoso insegnate, ma acquistare un corso di disegno in DVD. E magari, visto che vuole "imparare divertendosi”, potrebbe decidere di cercare altre persone che abbiano la sua stessa passione per il disegno in modo da creare un gruppo di individui che, oltre a scambiare le proprie conoscenze, creino un ambiente di lavoro più piacevole e stimolante.<br /><br />Ricorda sempre che <strong>una domanda formulata bene può veramente aiutarti a trovare la soluzione giusta ad ogni problema</strong>. Tornando quindi ai nostri obiettivi, inizia a trovare le domande più utili e funzionali che puoi porti fin da subito per perseguire le tue mete. Ripeti mentalmente la tua domanda e fallo più volte nel corso della giornata e per diversi giorni consecutivamente, in modo che la tua domanda penetri in profondità nella tua mente. E quando il tuo cervello ti avrà dato una prima soluzione, continua a porti delle domande più precise e dettagliate in modo da scendere sempre più nei particolari e costruire a poco alla volta un preciso piano d’azione.</p><p>Io mi sforzo continuamente di scegliere la domanda giusta, anche per raggiungere degli obiettivi apparentemente banali. Ho avuto una dimostrazione della potenzialità di questo strumento proprio qualche giorno fa. La mia macchina si era danneggiata e avrei dovuto portarla in officina. Visto che il mio meccanico dista parecchi chilometri dalla mia sede di lavoro, ho chiamato mio fratello per chiedergli se potesse darmi un passaggio, una volta che avrei lasciato la macchina in officina. Purtroppo mio fratello non era disponibile, ma io dovevo risolvere il problema rapidamente perché avevo un appuntamento importante il pomeriggio stesso. Li per li non sono riuscito a trovare una soluzione e stavo già per alzare la cornetta per posticipare al giorno dopo l’appuntamento pomeridiano. Ad un certo punto però mi sono chiesto: “<em>come posso aggiustare la mia macchina stamattina stessa contando esclusivamente sulle mie forze ed evitando quindi che qualcuno debba accompagnarmi dal meccanico?</em>”. Ho ripetuto mentalmente questa domanda tre o quattro volte. Ad un certo punto mi è balenata la risposta: “<em>basta trovare un meccanico vicino alla mia sede di lavoro, in modo che io possa tornare in ufficio a piedi</em>”. Ho iniziato a girare nei dintorni ed ho trovato un meccanico praticamente a 50 metri dal mio ufficio: soltanto ponendomi la domanda in modo corretto sono riuscito a prestare attenzione ad un’officina che fino a quel momento non avevo mai notato. Poi mi sono chiesto: “<em>come posso essere sicuro che questo meccanico sia affidabile?</em>”. Ho notato che l’officina del meccanico era situata di fronte ad un bar in cui lavora un mio amico. Sono entrato nel bar ed ho chiesto al mio amico se conoscesse il meccanico e lo ritenesse affidabile. Lui mi ha dato tutte le rassicurazioni del caso ed io non ho esitato a consegnare la mia automobile nelle mani di quel meccanico. Risultato? Dopo un’ora la mia macchina era pronta e non ho avuto più necessità di rimandare l’appuntamento pomeridiano. In più ho scoperto un meccanico gentile, professionale e più economico del precedente e sicurametne mi servirò di lui anche in futuro. Tutto merito delle domande giuste!</p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-6772243260208627102009-09-15T01:47:00.000-07:002009-09-15T02:17:37.889-07:00La forza che ci spinge a cambiare<p>Nei post precedenti ti ho aiutato a definire una “lista dei sogni” e ti ho invitato a scegliere quattro o cinque obiettivi da perseguire nei prossimi mesi. Avere uno scopo preciso da raggiugnere è già un ottimo punto di partenza: sappiamo precisamente dove vogliamo arrivare e ciò ci permette di intuire quale strada dovremo seguire. Ma avere un obiettivo preciso potrebbe non essere sufficiente a trovare le giuste motivazioni per dedicarci con continuità al raggiungimento delle nostre mete. Dobbiamo quindi <strong>trovare un sistema per motivarci</strong>, in modo da riuscire ad avere la <strong>costanza</strong> di portare avanti i nostri progetti, la <strong>forza d’animo</strong> per far fronte agli imprevisti e l’<strong>elasticità</strong> per poter cambiare le nostre azioni in corso d’opera qualora le cose non dovessero andare secondo previsioni.</p><p>Ma come facciamo a trovare la spinta giusta che ci consentirà di dedicarci con convinzione alla realizzazione dei nostri sogni? La molla che ci permette di trovare le giuste motivazioni è rappresentata dalla cosiddetta “<strong>leva piacere/dolore</strong>”.</p><p>Il cambiamento avviene quando l’idea di continuare a vivere in una certa condizione provoca un <strong>disagio tale</strong> che non si può fare a meno di cambiare. In alternativa il cambiamento può avvenire quando il <strong>piacere</strong> che attribuiamo al raggiungimento di una nuova condizione<strong> è talmente allettante</strong> da spingerci all’azione. Meglio ancora se le due forze agiscono contemporaneamente: quando il dolore per la situazione contingente è insopportabile e contemporaneamente il piacere associato alla nuova condizione è altrettanto allettante, allora <strong>non c’è freno che tenga</strong>: in questi casi la spinta è talmente forte che il cambiamento può avvenire in pochi istanti.</p><p>Facciamo un esempio chiarificatore di come funziona l’equilibrio tra il piacere e il dolore. Immaginiamo un uomo che vive una relazione molto infelice con la propria compagna. Le continue incomprensioni, i litigi frequenti, hanno creato una condizione di forte dolore. Quell’uomo si rende conto che difficilmente riuscirà a raddrizzare il rapporto di coppia, eppure non riesce a trovare la forza di lasciare la propria compagna. Il motivo? Le possibilità sono due: <strong>o non sta soffrendo abbastanza, oppure non ha un’alternativa abbastanza piacevole</strong>. E’ possibile infatti che l’idea di lasciare la propria compagna provochi nell’uomo una certa dose di dolore che potrebbe manifestarsi sotto forma di sconforto, timore, insicurezza. Ecco alcune domande che quell’uomo potrebbe porsi: “<em>E se dopo averla lasciata iniziassi a soffrire di solitudine?</em>”, “<em>Come farò ad adattarmi ad un nuovo stile di vita dopo tutti questi anni assieme? Sarò in grado di farlo?</em>”, “<em>E se poi non dovessi riuscire a trovare un’altra compagna e fossi costretto a passare il resto della mia vita da solo?</em>”, "<em>E se poi dovessi accorgermi di amarla quando ormai è troppo tardi?</em>". Ecco che in questo caso la paura dell’ignoto, l’ansia che deriva dal dover affrontare una situazione nuova e indefinita, generano una quantità di dolore che va a controbilanciare il dolore che quell’uomo sopporta a causa della sua relazione. In questo caso la persona resta in una <strong>condizione di immobilismo</strong>, avendo creato una cosiddetta "<strong>barriera dolore/dolore</strong>": forte sofferenza per la situazione contingente, ma anche una certa quantità di dolore all’idea di cambiare.</p><p>E’ probabile che anche tu abbia conosciuto una coppia la cui relazione è durata per mesi (se non per anni), seppur fosse evidente che quelle due persone soffrissero molto nello stare assieme. In questi casi è molto probabile che entrambe le persone fossero incapaci di effettuare un cambiamento perché incastrate nella barriera dolore/dolore. Questo tipo di relazioni crea forti frustrazioni, tant’è vero che, nella maggior parte dei casi, prima o poi uno dei due si decide a lasciare il partner. <strong>E cosa avviene in quella persona quando decide di cambiare vita</strong>? Le possibilità sono sempre due. Il dolore associato alla vita di coppia potrebbe essere aumentato a dismisura: le continue incomprensioni, l’insofferenza per il partner può raggiungere un livello tale da superare la “paura dell’ignoto” ossia il dolore associato al cambiamento e al dover affrontare una situazione nuova. Ecco che il dolore causato dalla situazione contingente non è più in equilibrio con il dolore che potenzialmente provocherà la condizione futura e in questo caso il cambiamento avviene: <strong>c’è sempre una leva che spinge ogni essere umano verso una condizione di minor dolore (o di maggior piacere)</strong>. Ma potrebbe anche capitare che il dolore legato alla relazione tra i due partner resti sostanzialmente invariato, mentre la quantità di dolore che si trovava sull’altro piatto della bilancia (cioè la paura del nuovo e dell’ignoto) venga sostituita da una condizione che dà piacere. Ciò potrebbe accadere ad esempio se l’uomo conoscesse una nuova donna e si innamorasse di lei. La nuova condizione non sarebbe più codificata come dolorosa (ansia per il nuovo, paura della solitudine etc..), ma al contrario sarebbe interpretata come allettante poiché prefigurerebbe una nuova relazione potenzialmente molto piacevole. Anche in questo caso la bilancia penderebbe a favore del cambiamento e quell’uomo non avrebbe più tanta difficoltà a lasciare la propria compagna.<br /><br />In conclusione, ogni azione che noi compiamo, in qualsiasi contesto e in qualsiasi momento, è motivata dal fatto che <strong>tendiamo sempre ad allontanarci dal dolore e ad avvicinarci al piacere</strong>. A volte non siamo motivati ad effettuare un cambiamento: ciò può essere dovuto ad un <strong>equilibrio delle forze</strong>. Ad esempio ci troviamo già in una condizione piacevole e l‘alternativa, seppur piacevole, non ci darebbe un vantaggio significativo rispetto alla situazione contingente: pertanto associamo piacere sia alla vecchia sia alla nuova condizione e le due forze restano in equilibrio impedendo il cambiamento. Oppure non cambiamo perché proviamo dolore per la condizione nella quale ci troviamo, ma allo stesso tempo proviamo insofferenza anche quando riflettiamo sulle conseguenze del nostro cambiamento. In questo caso sono in equilibrio le due forze del dolore e il cambiamento non avviene perché crediamo che nessuna delle due alternative possa migliorare la nostra condizione.<br /><br />A questo punto non dovrebbe essere difficile capire quando avviene il cambiamento: ci attiviamo per cambiare lo stato delle cose quando c’è uno squilibrio tra le due forze: o perché <strong>soffriamo di più</strong> a non agire piuttosto che a cambiare, o perché <strong>proviamo più piacere</strong> all’idea di cambiare piuttosto che rimanere immobili o perché (situazione ideale) <strong>proviamo dolore per la condizione contingente e piacere per la nuova condizione che raggiungeremo</strong>.<br /><br />Questo è il motivo per cui, se anche in passato ti sei posto degli obiettivi, ad un certo punto hai preferito abbandonare il progetto in corsa e dedicarti ad altro. Perché l’equilibrio dolore/piacere non era tale da spingerti ad agire o perché tale equilibrio, mutando nel tempo, non ti ha permesso di perseguire con costanza il tuo obiettivo. Infatti la valutazione del piacere e del dolore non è un’analisi oggettiva. Si tratta di <strong>un’interpretazione del tutto personale</strong> e pertanto può cambiare da un momento all’altro, in base alla nostra esperienza e alle nostre convinzioni. Ad esempio se in passato hai rinunciato ad un progetto perché avevi paura di fallire (dolore per la nuova condizione) oggi, alla luce della tua esperienza e delle tue nuove convinzioni, potresti essere più consapevole delle tue capacità e non temere il fallimento. Questa nuova valutazione ti porterebbe a diminuire il dolore associato alla nuova condizione e a spostare l’equilibrio verso il cambiamento.<br /><br />Ma torniamo ai nostri obiettivi e a come sfruttare la leva piacere/dolore per trovare le giuste motivazioni. Per perseguire con costanza i quattro o cinque obiettivi che abbiamo scelto dobbiamo cercare di condizionarci in modo tale da <strong>associare molto dolore all’idea di non agire</strong> e al tempo stesso <strong>molto piacere all’idea di realizzare i nostri obiettivi</strong>. Come detto la valutazione piacere/dolore è puramente soggettiva e pertanto siamo noi a decidere quanto dolore vogliamo attribuire alla condizione nella quale ci troviamo e quanto piacere attribuire alla condizione che otterremo. Alterando l’equilibrio tra il piacere e il dolore possiamo creare lo stato d’animo più utile per perseguire i nostri obiettivi.<br />Ma come possiamo agire praticamente sull’equilibrio piacere/dolore? Il modo per farlo è il seguente. Per ognuno dei 4 o 5 obiettivi che hai scelto effettua le seguenti operazioni (se non hai ancora scelto i tuoi obiettivi rileggi gli ultimi post):</p><ul><li>Prendi il foglio sul quale hai descritto il tuo obiettivo e le caratteristiche dello stesso.</li><li>Scrivi tutto il dolore che dovrai sopportare se non decidessi di agire. Per facilitarti il compito ho preparato alcune domande alle quali puoi rispondere per iscritto sul tuo foglio: "<em>Quanto mi costerà se non attuerò questo cambiamento? Cosa mi perdo nella mia vita se rimango in questa situazione di immobilismo? Quali svantaggi otterrei dal punto di vista fisico, mentale, finanziario, emotivo, spirituale se non decidessi di dedicarmi al mio obiettivo? E quali conseguenze sulla mia autostima?"</em> Prova a proiettarti nel futuro di uno, cinque, dieci e venti anni, immaginando di non aver fatto nulla per perseguire il tuo obiettivo e rispondi alle seguenti domande: "<em>Come mi sentirei tra un anno se non avessi fatto nulla per raggiungere il mio obiettivo? E quale sarebbe il mio stato d’animo se fra cinque anni mi trovassi ancora al punto di partenza? Sarei felice, mi sentirei realizzato, avrei dei rimpianti, delle recriminazioni o dei rimorsi? E quali sensazioni potrei provare tra dieci anni? Potrei ritenermi un fallito? La fiducia in me stesso e nelle mie capacità potrebbe subire delle conseguenze? In che modo non perseguire il mio obiettivo potrebbe peggiorare il mio livello di benessere? Potrei causare danni o sofferenze anche alle persone care?". </em>Lo scopo è accumulare una buona dose di dolore da collegare all’idea di non agire. Sta a te trovare le <strong>parole corrette</strong>, individuare “<strong>le giuste corde da pizzicare</strong>” per amplificare il tuo senso di dolore e insoddisfazione per la condizione attuale (del resto chi meglio di te può conoscere ciò che ti fa star male e ciò che ti fa star bene?). Quindi rispondi alle domande come se avessi davanti a te la tua stessa persona e dovessi cercare di convincerla ad agire, perché restare in una situazione di immobilismo è la cosa più sbagliata che possa fare.</li><li>Ma per creare un effetto migliore possiamo anche associare <strong>molto piacere alla condizione futura</strong>. A tal fine risponderemo (sempre per iscritto) alle seguenti domande: "<em>Quali vantaggi potrei ottenere se operassi questo cambiamento? Quali piacevoli e importanti conseguenze otterrei dal punto di vista mentale, fisico, finanziario, emotivo e spirituale? Quali vantaggi otterrebbero la mia famiglia e tutte le persone a me care? Quanto mi sentirò felice e quali altre piacevoli sensazioni proverò? Quale sarà il livello di fiducia in me stesso, la mia autostima, il mio livello generale di benessere tra uno, cinque, dieci e vent’anni se decidessi di perseguire con costanza il mio obiettivo?".</em> Come per il punto precedente, la raccomandazione è quella di trovare le giuste parole che ti aiutino a provare un forte piacere all’idea di raggiungere la tua meta. </li></ul><p><br />Tutto ciò che abbiamo scritto sul nostro foglio, dalla descrizione dell’obiettivo alla lista del piacere e del dolore, dovrà essere riletto con <strong>intensità</strong> e <strong>partecipazione</strong> nei giorni futuri. Nei primi tempi è importante rileggere quanto scritto con una certa frequenza, cercando di condizionare il più possibile la nostra mente ad associare dolore alla condizione contingente e piacere alla condizione futura. Il nostro foglio va riletto ogni volta che noteremo anche un minimo calo di motivazione. Questo è il primo passo per trovare la spinta giusta ad agire. In futuro vedremo anche come adottare degli opportuni stratagemmi per recuperare in pochi istanti le giuste motivazioni e il giusto spirito.</p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-78823855782080135722009-09-10T08:11:00.000-07:002009-09-10T09:00:55.701-07:00Scegliamo gli obiettivi per il prossimo anno<p>Nel post precedente ti ho chiesto di redigere la lista di tutti i sogni e gli obiettivi che vorresti raggiungere se avessi a disposizioni risorse infinite e un tempo infinito. Ricorda che non abbiamo scritto l’elenco di tutti gli obiettivi che devi realizzare categoricamente, ma una <strong>lista di riferimento</strong> che servirà ad <strong>orientarti nel futuro</strong>. Può anche essere suscettibile di variazioni: se tra un mese o un anno ti accorgi di voler perseguire un nuovo obiettivo, puoi tranquillamente inserirlo nella tua lista. </p><p>Ora però è arrivato il momento di <strong>scegliere alcuni di questi obiettivi</strong> e cercare il modo di <strong>realizzarli</strong>. Questo post ti aiuterà a sceglierne alcuni e a definirli meglio in modo da prendere reale consapevolezza di ciò che vuoi effettivamente raggiungere.<br /><br />Il primo passo è indicare, per ogni obiettivo della lista, un termine temporale entro il quale potresti riuscire a realizzarlo. In pratica, per ogni obiettivo indicato nella tua lista, poniti la seguente domanda: “<em>se decidessi di realizzare questo obiettivo adesso, di quanto tempo avrei bisogno?</em>”. Dovrai quindi ottenere una lista di obiettivi con a fianco l’indicazione “1 anno”, “2 anni”, “10 anni” ... “30 anni”..., cioè il tempo necessario per realizzare quell’obiettivo qualora decidessi di portarlo avanti.<br /><br />Ora è arrivato il momento di <strong>scegliere 5 o 6 progetti ai quali intendi dedicarti per i prossimi 12 mesi</strong>. Ovviamente ciò non vuol dire che devi scegliere solo obiettivi realizzabili entro un anno. Potresti ritenere prioritario un importante obiettivo professionale che richiede 5 o 10 anni per essere portato a compimento. In tal caso sceglierai di dedicarti a questo obiettivo avendo anche l’accortezza di definire le "tappe intermedie" che dovrai rispettare entro l'anno. Puoi anche scegliere più di cinque obiettivi per i prossimi 12 mesi. Molto dipende dalla complessità degli obiettivi che sceglierai: se entro 12 mesi desideri triplicare il tuo reddito, viaggiare in 20 paesi del mondo e costruirti una famiglia, è molto probabile che tu vada incontro ad un fallimento. Ma se entro 12 mesi vuoi creare le basi di un progetto imprenditoriale, vuoi approfondire i tuoi studi di musica, fare un viaggio all’estero e frequentare una scuola di ballo, stai evidentemente scegliendo degli obiettivi più facilmente realizzabili nell’arco di tempo considerato. </p><p>Non dovresti avere particolare difficoltà a scegliere i tuoi obiettivi per il prossimo anno. Semplicemente scorrendo la tua lista dei sogni proverai <strong>più interesse</strong> e <strong>entusiasmo</strong> per questo o quell’obiettivo e riuscirai facilmente ad individuare gli obiettivi che ritieni prioritari. In questo processo non aver paura di farti guidare dall’istinto.<br /><br />Ora prendi un nuovo foglio e trascrivi il primo obiettivo seguendo le seguenti regole: </p><p>1) <strong>Scrivi l’obiettivo in forma positiva</strong>. Ad esempio è corretto l’obiettivo “<em>Voglio studiare i primi 15 DVD del mio corso multimediale di inglese</em>”. Non è valido l’obiettivo “<em>Non voglio più essere disordinato</em>”. In altre parole dobbiamo indicare <strong>ciò che vogliamo raggiungere</strong> e non ciò da cui vogliamo allontanarci. Ciò perché <strong>la nostra mente non riesce a codificare la negazione</strong>: scommetto che se ti dico di “<em>non pensare ad un <strong>elefante</strong></em>” e ti ripeto con tono ancora più fermo di “<em>non pensare assolutamente ad un <strong>elefante</strong></em>”, tu stai già per rappresentarti nella tua mente un elefante. L’istruzione contenuta nella parolina “non”, posta all’inizio della frase, non viene elaborata dalla nostra mente in fase di creazione di immagini e pensieri. Ecco il fondamentale motivo per cui ogni nostro obiettivo deve essere posto <strong>in forma positiva.</strong> Prima di realizzare qualcosa non possiamo fare a meno di rappresentarcela mentalmente. E quanto più ci rappresentiamo mentalmente un obiettivo in modo vivido, dettagliato e luminoso, tanto più riusciremo a trovare le risorse utili per perseguirlo. Pertanto se ci concentriamo su ciò che "non vogliamo", non facciamo altro che costruire nella nostra mente l'immagine del fallimento. Ad esempio chi cerca in tutti i modi di “<em>non essere timido nel rapporto con le persone</em>”, non fa altro che concentrarsi sulla sua immagine impacciata e inadeguata e, visto che la nostra mente non riconosce il “non”, va esattamente nella direzione opposta a quella che si era prefissato. Se invece quella persona si ponesse come obiettivo di “<em>voler essere estroverso, solare e raggiante quando è in mezzo alla gente</em>”, rappresenterebbe nella sua mente delle immagini (e quindi delle mete da raggiungere) completamente diverse. Non di rado si trovano persone che prima di fare qualcosa che provoca loro tensione si ripetono tantissime volte frasi del tipo “<em>non devo andare nel panico</em>” oppure “<em>non devo farmi prendere dall’ansia</em>”. Puntualmente ottengono il risultato contrario, proprio perché non hanno fatto altro che figurarsi nella loro mente le immagini del fallimento, dando al cervello coordinate sbagliate. Otterrebbero un risultato completamente diverso se ripetessero più volte una frase del tipo: “<em>rimarrò calmo e rilassato</em>”.</p><p>2) Ora, sempre sullo stesso foglio, descrivi nel modo più preciso possibile <strong>come deve essere il risultato finale che vuoi ottenere</strong>: che aspetto avrà? Quali sono i parametri che ti permetteranno di capire che avrai raggiunto il tuo obiettivo? Cosa vedrai, udirai e quali sensazioni proverai quando avrai raggiunto il tuo obiettivo? Scrivi quanti più dettagli possibili, in modo che si formi nella tua mente un’immagine nitida del traguardo che intendi raggiungere. Ricorda che ogni cosa che hai ottenuto nella tua vita si è prima formata nella tua mente. <strong>E le cose per le quali ti sei più impegnato</strong> (e che probabilmente hai anche realizzato) <strong>sono quelle che hai desiderato di più</strong>. E desiderare vuol dire immaginarsi in modo dettagliato, vivido, grande, luminoso ciò che vogliamo ottenere. Significa immaginare i suoni che ascolteremo e le sensazioni bellissime che proveremo quando avremo realizzato il nostro obiettivo. Significa vivere mentalmente, più e più volte, le esperienze future che vogliamo perseguire. Ciò che scriverai ti servirà anche da <strong>procedura di verifica</strong>: infatti quanto più dettagliata sarà la descrizione di ciò che vuoi ottenere, tanto più riuscirai a riconoscere il momento in cui avrai raggiunto il tuo obiettivo. Inoltre mettendo per iscritto queste caratteristiche e rileggendole con una certa frequenza, creerai nella tua mente dei riferimenti precisi che avranno delle submodalità utili per attingere alle giuste risorse.</p><p>3) Verifica inoltre che l’obiettivo che ti sei posto non dipenda da altri. Ciò non vuol dire che devi fare tutto da solo (molti obiettivi richiedono la cosiddetta “alleanza di cervelli”, ossia l’interazione tra più persone), ma di sicuro devi accertarti che il tuo obiettivo non dipenda esclusivamente dall’azione di altri. </p><p>4) Verifica che il tuo obiettivo sia – come si suol dire in PNL – “ecologico”, cioè tale che la sua realizzazione non procuri alcun danno a te, all’umanità e all’ambiente nel quale vivi.<br /><br />Ripeti la procedura (i punti da 1 a 4) per i restanti obiettivi che hai scelto. </p><p>Ora hai ancora bisogno di definire le opportune strategie per raggiungere i tuoi obiettivi e trovare le motivazioni giuste che ti consentano di perseguire i tuoi scopi con costanza ed entusiasmo. Vedremo come fare nei prossimi post.</p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-48473315212259536602009-09-05T13:01:00.000-07:002009-09-05T13:31:03.948-07:00La lista dei nostri sogni<p>E dunque il primo passo è <strong>fissare degli obiettivi</strong>. Cosa vuoi veramente dalla vita? Cosa vuoi diventare? Quali sensazioni vuoi provare?<br />Il post di oggi sarà il primo passo verso la formulazione di <strong>obiettivi chiari</strong> <strong>e precisi</strong> ed è quindi particolarmente importante. </p><p>Abbiamo già detto quanto sia fondamentale avere degli obiettivi definiti e quantificabili. Potrei desiderare semplicemente “<em>più soldi</em>”. Oppure potrei desiderare di "<em>guadagnare almeno 10.000 euro al mese</em>". Chi ha l'obiettivo di “<em>guadagnare semplicemente di più</em>”, accetterebbe facilmente un lavoro di 2.000 Euro al mese. Ma se il suo reale obiettivo fosse guadagnare 10.000 euro al mese, molto probabilmente rifiuterebbe quel lavoro perché non coerente con l’obiettivo prefissato. A meno che la sua strategia non preveda di lavorare a 2.000 Euro al mese per un certo tempo in modo da mettere da parte il capitale necessario da investire successivamente in un progetto che gli procuri i 10.000 euro al mese ai quali ambisce.<br /><br />Se abbiamo degli obiettivi precisi, <strong>se sappiamo veramente dove vogliamo arrivare</strong>, riusciremo a fare le nostre <strong>scelte</strong> con una certa <strong>facilità</strong>. Chi <strong>non</strong> ha obiettivi definiti e chiari, ha sempre enorme difficoltà a prendere decisioni. La persona che non sa cosa vuole dalla vita va facilmente in “tilt” ogni volta che si trova di fronte ad una nuova opportunità: la causa sta proprio nel fatto che quella persona non si è mai chiesta cosa realmente vuole dalla vita, perché, se lo avesse fatto, riuscirebbe facilmente a valutare se quell’opportunità può essere compatibile o meno con gli obiettivi finali che intende raggiungere. Se abbiamo degli obiettivi ben formati, riusciamo a far fronte agli inevitabili imprevisti che dovessero sorgere lungo il percorso. Se parto da Napoli e so di dover raggiungere Firenze, potrò anche trovare un’interruzione all’altezza di Roma, ma in tal caso saprò di dover trovare una strada alternativa che mi consenta di giungere a destinazione. Ma se parto da Napoli e non so dove arrivare, qualsiasi ostacolo lungo la strada potrebbe farmi deviare, arenare o addirittura farmi tornare indietro.<br /><br />Ma definire gli obiettivi che perseguiremo nel corso della nostra vita non è facile. Se io ti chiedessi di scrivere su due piedi l’elenco degli obiettivi che dovranno caratterizzare la tua vita futura, probabilmente troveresti qualche difficoltà. Non è facile tracciare la rotta da seguire in pochi minuti e soprattutto avere la certezza di restare coerenti con quegli obiettivi e non rimetterli in discussione dopo qualche mese o qualche anno. Inoltre ti faresti inevitabilmente condizionare dalle tue risorse contingenti e dai i tuoi limiti attuali. Dopo qualche minuto la tua mente si ritroverebbe in quache circolo vizioso che ti porterebbe a demoralizzarti. </p><p>Ecco una tipica sequenza di pensieri con la quale ti troveresti a fare i conti:<br />-<em> vorrei sviluppare quel progetto imprenditoriale e fondare un’azienda...<br />- ...m</em><em>a non ho nemmeno un euro da investire e poi forse sono un po’ avanti con gli anni per tentare questa strada...<br />- Mi convinene veramente?<br />- E se poi mi ritrovo a perdere la mia condizione attuale che comunque mi garantisce di vivere decentemente?<br />- Forse è meglio che ripiego su quest’altro obiettivo, anche se non è così gratificante. Ma almeno non è così rischioso...</em>”.<br /><br />Ecco, se ti chiedessi di fare questo tipo di lavoro, ti ritroveresti ad utilizzare i “circuiti mentali” che utilizzi da sempre, quelli che probabilmente ti procurano un certo immobilismo o ti spingono ad affrontare le situazioni senza le giuste convinzioni e motivazioni.<br /><br />Il lavoro che ti chiedo di fare è diverso. Iniziamo prima di tutto a scrivere tutti i tuoi sogni e gli obiettivi che potrebbero renderti felice. Prendi un foglio e una penna. Ti consiglio anche di preparare una cartellina che raccoglierà tutti i tuoi esercizi. Assicurati di avere un po’ di tempo a disposizione. Inizia a scrivere tutte le cose che avresti voluto fare e che non hai fatto. Tutti i sogni e i desideri che sono affiorati nella tua mente da quando sei nato. Scrivi tutti gli obiettivi che vorresti raggiungere a prescindere dalla loro complessità e dalle risorse che hai a disposizione. Se mentre scrivi affiora un pensiero che ti invita a tralasciare quell’obiettivo perché irrealizzabile o perché richiederebbe risorse che non hai, tu accompagna quel pensiero fuori dalla tua mente e scrivi ugualmente quell’obiettivo. In pratica mentre scrivi i tuoi obiettivi, poniti la seguente domanda: “<em>Cosa vorrei realizzare nella mia vita se io avessi risorse infinite, un tempo infinito a disposizione e se avessi la garanzia di non poter fallire?</em>”. Nota bene che qui non parliamo soltanto di obiettivi professionali, anche se più volte ho fatto riferimento a questa sfera. Devi scrivere tutto ciò che vuoi realizzare, fare, vedere, sentire, provare; e devono essere obiettivi relativi a qualsiasi sfera della tua esistenza (lavoro, hobby, studio e conoscenza, famiglia, divertimento etc..). Non aver paura di scrivere decine e decine di obiettivi: ricorda che abbiamo supposto che avrai a disposizione un tempo infinito per realizzare i tuoi obiettivi. Cerca di scrivere il più velocemente possibile, man mano che gli obiettivi ti vengono in mente. Usa delle abbreviazioni per velocizzare l’operazione, in modo da assecondare la tua mente che sicuramente viaggierà ad una velocità superiore a quella della tua penna. Vedrai che man mano che scriverai i tuoi obiettivi, te ne verranno in mente altri automaticamente. Nella tua mente si accenderanno decine di lampadine e questo processo ti darà anche delle belle soddisfazioni. Ricorda che non è detto che dovrai realizzare tutto ciò che avrai scritto: <strong>questo esercizio ti serve per liberarti di tutto ciò che hai dentro in merito alle tue aspirazioni</strong>. Pertanto non tralasciare nulla, anche se ti vengono in mente cose assurde e fantasiose.<br />Pensa che nella mia lista degli obiettivi (che contiene oltre 200 voci!), tra le altre cose, c’è anche “un viaggio sulla luna con annessa camminata lunare”, una “scalata di una tra le cinque vette più alte del mondo” oltre ad “imparare a guidare un sommergibile ed un elicottero” e a “lanciarmi con il paracadute”. Per inciso, tra gli obiettivi che qualche anno fa avevo scritto sul mio foglio, c’era anche “gestire un blog su internet” e ti assicuro che quando ho aperto questo blog mi era proprio passato di mente di aver indicato questo obiettivo nella mia lista (me ne sono accorto solo qualche settimana fa, rileggendo la mia lista): segno che già il semplice fatto di mettere per iscritto ciò che desideriamo, aiuta la nostra mente ad avere delle coordinate precise e indirizza meglio le nostre azioni. </p><p>Anche tu non devi aver paura di scrivere centinaia di obiettivi: lo scopo è quello di svuotare la mente da tutto ciò che nel corso degli anni hai considerato di realizzare, anche se per un solo istante. Ovviamente devi indicare degli obiettivi che, se realizzati, ti procureranno una certa dose di piacere. Se da bambino volevi fare il poliziotto, ma oggi sai che non ti darebbe alcuna soddisfazione, evita di inserire in lista questo obiettivo. E’ una precisazione scontata, ma a volte è opportuno farla perché ci sono alcuni che prendono alla lettera delle istruzioni senza avere la giusta elasticità mentale... :-)<br />L’unica accortezza che devi avere è scrivere degli obiettivi che abbiano un certo grado di definizione: per intenderci non ha senso scrivere “viaggiare”, “dimagrire”, “guadagnare di più” e "imparare le lingue"; è molto più utile scrivere: “fare un viaggio in Indonesia, in Giappone e in Brasile” o “raggiugere il peso forma di 70Kg” o “guadagnare almeno 10.000 euro al mese” o "studiare il corso multimediale di inglese che giace nella mia libreria da oltre 5 anni". Ciò permetterà in futuro alla nostra mentre di avere delle coordinate precise e soprattutto di saper riconoscere il momento in cui l’obiettivo sarà realizzato. Arresta il processo quando sei veramente convinto di aver tirato fuori tutto. Questo è solo il primo passo...</p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-405297599933326542009-09-02T10:47:00.000-07:002009-09-02T11:54:03.621-07:00Le persone di successo<p>Riprendo la pubblicazione dei post dopo la pausa estiva e ne approfitto per ricapitolare i principali concetti esposti in questi primi quattro mesi e per tracciare le linee guida del prossimo futuro.</p><p>Partiamo dal principio. Qual è lo scopo di questo sito? L’obiettivo di questo blog è fornire degli strumenti (o a volte dei semplici spunti di riflessione) che consentano al lettore di “<strong>migliorarsi</strong>” come persona, di <strong>crescere</strong> e di <strong>sentirsi realizzato</strong>. Parentesi doverosa: non ho la pretesa di considerarmi un guru di questa materia; il mio lavoro consiste nell’esporre concetti e teorie che ho appreso leggendo diversi libri sull’argomento e che ho sperimentato in prima persona. Pertanto in questo sito troverai anche alcune intuizioni personali, ma la maggior parte del lavoro è stata fatta da altri.</p><p>Ho affermato poc’anzi che, quanto esposto in questo blog, può aiutarci a sentirci realizzati. <strong>Ma come possiamo definire un “uomo realizzato”</strong>? Credo che si possa essere concordi nel definire “realizzato” colui che è riuscito a <strong>realizzare i suoi sogni</strong>. Ma non basta: un uomo realizzato è soprattutto colui che, oltre ad aver raggiunto gli obiettivi che si era prefissato, <strong>ha anche imparato a goderseli</strong>. Il mondo è davvero pieno di uomini che hanno fatto enormi sacrifici per raggiungere degli obiettivi, ma, una volta raggiunti, non sono stati in grado di goderseli. </p><p>I sogni di ciascuno di noi sono molto diversi: c’è chi sogna di dedicarsi al prossimo e vorrebbe diventare missionario, chi sogna di diventare un imprenditore, chi sogna di diventare un grande attore o un musicista. Ogni sogno ha uguale valore: qui non parliamo di quale obiettivo dia più o meno soddisfazioni, perché questo tipo di valutazione è puramente soggettiva. Semmai ci poniamo il problema di come dobbiamo comportarci per raggiungere quell’obiettivo, cioè di ciò che dobbiamo fare per realizzare i nostri sogni.<br /><br />Alcuni autori hanno analizzato gli uomini di successo, cioè coloro che si ritengono pienamente soddisfatti della loro vita perché sono riusciti a realizzare i loro sogni. Ci sono delle caratteristiche comuni agli uomini di successo: se anche noi vogliamo ritenerci "realizzati", dobbiamo imparare a far nostre queste caratteristiche.<br /><br />La prima caratteristica delle persone di successo, cioè di tutti coloro che sono riusciti a raggiungere i propri obiettivi, risiede nel fatto che quelle persone <strong>avevano effettivamente degli obiettivi</strong>. E’ un’affermazione apparentemente scontata, ma ti assicuro che sono davvero poche le persone che hanno degli obiettivi chiari nella vita. Nell’<a href="http://perspower.blogspot.com/2009/08/obiettivi-ben-formati.html">ultimo post</a> abbiamo parlato della necessità di fissare degli obiettivi precisi e quantificabili; svilupperemo meglio questo argomento nel prossimo post.<br />Ma non basta avere uno o più obiettivi precisi: tutte le persone di successo hanno adottato una <strong>precisa strategia</strong> per raggiungere il loro scopo. Quindi il primo passo è <strong>fissare un obiettivo</strong> e il secondo è <strong>studiare una precisa strategia</strong> per ottenerlo. Ma a cosa serve un buon obiettivo e una buona strategia se poi non si passa all’<strong>azione</strong>? Ecco che tutte le persone di successo sono portate all’azione: c’è chi ha degli obiettivi, ha una strategia per raggiungerli, ma <strong>non ha mai alzato un dito</strong> per realizzare ciò che desidera. La differenza tra chi ha realizzato qualcosa e chi avrebbe voluto farlo, sta semplicemente... nell’<strong>azione</strong>, ossia nella capacità di attuare quella strategia. Ma non è detto che ogni persona di successo abbia sempre adottato la strategia giusta (l'infallibilià non è prerogativa del genere umano!): ecco che un’altra caratteristica delle persone di successo è la capacità di <strong>analizzare obiettivamente i risultati ottenuti</strong>, giorno dopo giorno, ed eventualmetne <strong>correggere la rotta</strong>, <strong>modificare la strategia</strong> in modo da avvicinarsi sempre di più all’obiettivo finale. In fin dei conti la <em>formula del successo</em> è tutta qui: 1) fissare degli obiettivi 2) studiare una strategia 3) agire 4) valutare in itinere i risultati e rimodulare la strategia quando necessario. Svilupperemo tutti questi argomenti nei post futuri.</p><p>Le persone di successo hanno poi un <strong>sistema di credenze</strong> in linea con gli obiettivi che intendono raggiungere: in altre parole hanno un insieme di convinzioni profonde che <strong>rema a loro favore e non contro</strong>. Ogni persona di successo è sempre stata fermamente convinta di avere le risorse e le caratteristiche per poter realizzare i suoi sogni. Questo è un argomento che abbiamo già affrontato in diversi post e ti invito a rileggerli per rafforzare i concetti. L’importanza di avere delle convinzioni potenzianti e di liberarsi delle convinzioni limitanti è stata affrontata nei seguenti post:<br />1) <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/05/il-potere-delle-nostre-convinzioni.html">Il potere delle nostre convinzioni</a><br />2) <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/07/il-ciclo-del-successo.html">Il ciclo del successo</a><br />3) <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/07/il-labirinto-delle-nostre-convinzioni.html">Il labirinto delle nostre convinzioni</a><br />4) <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/07/liberarsi-da-una-convinzione-limitante.html">Liberarsi di una convinzione limitante</a><br />5) <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/08/la-pnl-per-cambiare-le-nostre.html">La PNL per cambiare le nostre convinzioni</a></p><p>Inoltre le persone di successo hanno solitamente una serie di convinzioni di base sulla propria esistenza e sulle cose che accadono che in generale permette loro di avere un <strong>approccio utile e produttivo</strong> verso qualsiasi cosa accada o che si accingono a fare. Un esempio tipico è l'interpretazione che alcuni hanno del fallimento. Alcuni lo interpretano come un segnale che indica di non essere idonei per ciò che si sta facendo; questa categoria di persone è solita vivere il fallimento come un invito a rinunciare. Ci sono invece altre persone che interpretano il fallimento come un utile segnale per capire quale strada non deve essere più percorsa e come un’opportunità per trovare una strada alternativa che permetta loro di raggiungere il proprio obiettivo. Sicuramente la seconda credenza relativa al fallimento è molto più potenziante della prima ed è una di quelle convinzioni che caratterizzano le persone di successo. Uno dei prossimi post sarà dedicato alle cosiddette “<em><strong>credenze del successo</strong></em>”.<br /><br />Come detto, tutte le persone che hanno realizzato qualcosa di importante nella vita, lo hanno fatto perché hanno agito. Senza l’azione non è possibile raggiungere alcun risultato. L’azione deve essere costante, mirata, precisa, metodica e finalizzata al raggiungimento degli obiettivi. E come si creano i presupposti per agire in questo modo? <strong>E’ necessario trovarsi nello stato d’animo giusto</strong>! Ognuno di noi ha sperimentato uno stato d’animo di forte motivazione ed entusiasmo per ciò che stava facendo: è uno di quegli stati d’animo che può consentirti di dormire 4 ore a notte pur di portare avanti il tuo progetto. Ma quanti di noi riescono a perdurare in uno stato d'animo utile? Lo stato d'animo della maggior parte delle persone è condizionato dagli eventi esterni, anzi <strong>è completamente in balìa degli eventi</strong>: ecco che un giorno ci capita di trovare le giuste motivazioni che ci spingono ad agire ed il giorno dopo piombiamo in uno stato d’animo di apatia e di pigrizia perché qualcosa ci è andato storto. E questo stato d'animo non ci spinge certo a perseguire il nostro obiettivo con costanza e metodo. Poi magari dopo una settimana ritorniamo a riflettere sul nostro progetto, ci rendiamo conto di quanto sarebbe bello realizzarlo e ritroviamo le giuste motivazioni e il giusto entusiasmo. Ma per quanto tempo? Non saper controllare i propri stati d’animo è una delle principali cause di fallimento. Una delle caratteristiche tipiche della persone di successo è proprio la <strong>capacità di sapersi mettere continuamente nello stato d’animo adatto per perseguire il proprio obiettivo</strong>. Questo è un argomento che in parte abbiamo già affrontato. Abbiamo già visto come sia in nostro potere “dirigere” gli stati d’animo e richiamare in qualsiasi momento lo stato d’animo che desideriamo. Abbiamo anche imparato ad ancorarlo, in modo da recuperare quelle sensazioni in pochi secondi. Ecco i post che parlano di questo argomento:<br />1) <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/06/stati-danimo.html">Stati d'animo</a><br />2) <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/06/stati-danimo-2.html">Stati d'animo /2</a><br />3) <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/07/richiamare-uno-stato-danimo.html">Richiamare uno stato d'animo</a><br />4) <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/08/cambiare-stato-danimo-grazie-alle.html">Cambiare stato d'animo grazie alle intuizioni di Pavlov</a></p><p>In futuro svilupperemo ancora meglio questo concetto e impareremo a ricreare le opportune condizioni che ci permettano di perseguire i nostri scopi con costanza e metodo.<br /><br />Ma torniamo alle caratteristiche del successo. Le persone di successo sono in grado di <strong>decidere</strong> e <strong>sanno farlo anche alla svelta</strong>. Ci sono persone capaci di far tracorrere degli anni prima di decidersi se andare a destra o a sinistra: fanno trascorrere del tempo nella speranza di poter fare valutazioni più precise, senza sapere che tali ulteriori parametri di valutazione, nella maggior parte dei casi, non arriveranno mai. Ogni volta che siamo chiamati a fare una scelta dobbiamo fare i conti con <strong>l’incertezza delle conseguenze</strong>. Anche perché, se avessimo la certezza di ciò che comporterà la nostra decisione, non avremmo bisogno di rifletterci nemmeno un secondo, perché automaticamente apparirebbe chiara la strada da seguire. Prendere tempo in attesa di un'ipotetica certezza è la cosa più inutile che si possa fare quando siamo chiamati a decidere: perché ogni scelta implica, per definizione, <strong>di dover accettare un certo margine di imprevedibilità</strong>. Ecco che le persone di successo sono in grado di vincere le loro paure e scegliere con relativa rapidità, dopo aver valutato le informazioni in loro possesso. Sono quelle persone - per intenderci - abituate ad uscire spesso dalla loro <strong>comfort zone.</strong> Sono persone non incastrate nelle loro abitudini e pertanto più propense a sperimentare nuove cose e a focalizzare di più l’attenzione su ciò che otterrebbero da una determinata scelta, piuttosto che su ciò che eventualmente perderebbero.<br />Ho parlato di zona di comfort in questi post:<br />1) <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/05/abituarsi-non-abituarsi.html">Abituarsi a non abituarsi</a><br />2) <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/06/affrontare-la-paura.html">Affrontare la paura</a><br /><br />Ho anche descritto un’utile tecnica di PNL per vincere le paure <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/06/tecnica-per-la-cura-delle-fobie.html">nel post del 22 giugno</a>. Può essere applicata ogni volta che ci rendiamo conto razionalmente di dover superare le nostre paure se vogliamo davvero raggiungere i nostri obiettivi.<br /><br />Le persone di successo sono coloro che hanno una <strong>comunicazione interna molto produttiva</strong>: abbiamo affrontato l’argomento <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/06/comunicare-con-noi-stessi.html">in questo post</a> e lo svilupperemo ulterioremente in futuro.<br /><br />Un’altra caratteristica delle persone di successo è <strong>la capacità di sapersi relazionare agli altri</strong>: chi compie delle azioni che danneggiano gli altri, forse riuscirà a raggiungere i propri obiettivi, ma resterà probabilmente da solo (o circondato da gente opportunista come lui) e di ciò che ha ottenuto non saprà cosa farsene. La capacità di saper comunicare con gli altri e di saperli rispettare, il principio secondo cui <strong>la gente è la nostra maggior risorsa</strong>, è una delle chiavi che ci consentirà di ritenerci davvero una persona di successo.</p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-11398630184914894642009-08-11T11:35:00.000-07:002009-08-11T14:20:11.360-07:00Obiettivi ben formatiPrenderò una ventina di giorni di pausa, sia per godermi qualche giorno di vacanza, sia per organizzare gli argomenti che affronteremo nel prossimo futuro. Vorrei però congedarmi con un importante spunto di riflessione che “darà il La” a tutta una serie di post che pubblicherò a settembre.<br /><br />In questi primi mesi abbiamo spesso parlato di quali sono gli strumenti utili per raggiungere i nostri obiettivi. Abbiamo descritto gli stati d’animo e le giuste convinzioni da adottare, ma poco o nulla abbiamo detto relativamente alla natura degli obiettivi.<br />Probabilmente se chiedessi a cento persone cosa realmente desiderano dalla vita, almeno 95 di queste non saprebbero rispondermi in modo definito e preciso. Molti mi direbbero di “desiderare più soldi”. Al che sarei tentato di infilare una mano in tasca e porger loro una moneta da un euro, esclamando: “<em>Complimenti! Hai raggiunto il tuo obiettivo, ora hai effettivamente più soldi!</em>”. E’ solo una battuta, ma direi che è emblematica: la maggior parte delle persone non riesce a sentirsi realizzata (cioè a realizzare i propri obiettivi) semplicemente perché... <strong>non ha obiettivi</strong>. Oppure si pone degli obiettivi <strong>talmente vaghi</strong> che non avrà mai dei parametri adeguati per poter valutare se e quando li avrà raggiunti.<br /><br />Supponi di essere un marinaio e di sapere perfettamente qual è il porto sul quale dovrai ormeggiare la tua barca; non importa in quale direzione soffierà il vento, non importa se dovrai affrontare delle tempeste lungo il percorso: tu hai ben presente il porto di arrivo e presto o tardi lo raggiungerai.<br /><br />Purtroppo molte persone si comportano come marinai che non conoscono il porto d’arrivo: si ritrovano a navigare in mezzo al mare, in balìa dei venti e delle correnti marine. Ora vanno in una direzione, ora in un’altra. Una tempesta improvvisa può alterare la loro rotta: potrebbe addirittura portarli a navigare in direzione opposta, senza che loro se ne accorgano. Il problema è che <strong>non sanno dove arrivare</strong>, <strong>non hanno un obiettivo definito</strong>.<br /><br />Ricordi qualcosa di grande che hai realizzato nella tua vita? C’è un obiettivo che hai raggiunto e del quale ti senti orgoglioso? Non importa la natura dell’obiettivo: potrebbe essere una laurea, una promozione in azienda, l’aver creato una famiglia o aver raccolto i fondi necessari per un progetto di beneficenza. Ricordi com’era il tuo obiettivo? Sicuramente era <strong>preciso</strong>, <strong>ben formulato</strong>, <strong>chiaro </strong>e <strong>quantificabile</strong>: “<em>devo completare i miei studi sostenendo gli ultimi 10 esami che mi mancano</em>”; oppure “<em>devo raccogliere fondi per un ammontare di almeno 5000 euro</em>”. Questi sono obiettivi chiari e quantificabili che danno alla tua mente delle <strong>coordinate precise</strong> e le permettono di individuare meglio la <strong>direzione da seguire</strong> e soprattutto di <strong>correggere la rotta</strong> in caso di deviazioni impreviste.<br /><br />C’è poi un’altro dato importante che caratterizza ogni obiettivo che ti sei posto in passato: una <strong>scadenza</strong>, ossia un intervallo temporale entro il quale realizzarlo: “<em>devo completare i miei studi entro la fine di quest’anno</em>” oppure “<em>devo raccogliere 5000 euro entro 4 mesi</em>”. In questo modo la tua mente riceve delle indicazioni ancora più stringenti che le permettono di <strong>accedere a risorse più utili</strong>.<br /><br />E’ importante esprimere il proprio obiettivo in forma positiva. Non è utile desiderare di “cambiare la condiziona attuale”, ma piuttosto<strong> bisogna tracciare le caratteristiche della “condizione futura”</strong>. L’affermazione “<em>non sono soddisfatto del mio attuale lavoro e voglio cambiarlo</em>” <strong>non</strong> è un obiettivo ben formulato, perché ci permette di sapere solo da cosa vogliamo allontanarci, ma <strong>non dove vogliamo arrivare</strong>. E’ come se il marinaio sapesse solo di dover salpare da un porto e di doversi allontanare il più possibile da quest’ultimo: si ritroverebbe comunque in mezzo al mare in balìa di venti perché non conoscerebbe il punto di arrivo. Quindi formuliamo obiettivi <strong>indicando la condizione che vogliamo ottenere</strong> e non quella da cui intendiamo allontanarci.<br /><br />Ma anche formulare correttamente un obiettivo potrebbe non essere sufficiente per riuscire a realizzarlo. Ricordi qual era l’ingrediente più importante che in passato ti ha permesso di perseverare e di affrontare con tenacia gli eventuali imprevisti? <strong>Era il</strong> <strong>desiderio</strong>. <strong>La brama di voler veramente raggiungere quella condizione</strong>. Ciò che di grande hai realizzato nella vita si è formato in primo luogo nella tua mente, sotto forma di <strong>desiderio</strong>: immagini <strong>grandi</strong> e <strong>vivide</strong> che ti anticipavano il momento in cui avresti raggiunto la meta e te la facevano <strong>pregustare nei minimi dettagli</strong>. E quanto più era forte il desiderio di raggiungere quella condizione tanto più eri in grado di recuperare <strong>le giuste risorse</strong> e di trovare le<strong> opportune soluzioni</strong> per avvicinarti sempre di più alla tua meta.<br /><br />In futuro avremo modo di approfondire ogni aspetto trattato in questo post. Vorrei però che ponessi ancora attenzione al concetto di desiderio. Nei prossimi giorni rifletti su questa domanda: <strong>la condizione nella quale ti trovi oggi è veramente tanto diversa da ciò che hai desiderato</strong>? E’ probabile che tu voglia di più dalla vita, come del resto la maggior parte delle persone. Ma ti chiedo: c’è qualcosa che hai <em><strong>desiderato ardentemente</strong></em> (o che – al limite – ti ha <em>ossessionato</em>) e che non sei riuscito a realizzare? Oppure ciò che sei oggi corrisponde grosso modo a quelle che erano le tue aspettative? Prova a riflettere su questi interrogativi: potresti scoprire che ciò che non sei riuscito a realizzare, è ciò che non hai mai veramente desiderato.Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-38656119680659070252009-08-08T03:40:00.000-07:002009-08-08T06:18:09.790-07:00Cambiare stato d’animo grazie alle intuizioni di Pavlov<p>Pavlov fu uno scienziato russo nato nel 1849. E’ famoso per aver condotto degli studi sui meccanismi di salivazione dei cani. Il suo celebre esperimento consisteva nel suonare un campanello ogni volta che somministrava del cibo ad un gruppo di cani. Notò che, dopo aver ripetuto l’associazione cibo-campanello per un certo numero di volte, bastava il semplice suono del campanello per determinare nei cani un aumento della salivazione. </p><p>Anche noi uomini reagiamo a determinati stimoli esterni modificando il nostro stato d’animo o attivando comportamenti e processi fisiologici. Con il termine <strong>ancoraggio</strong> si intende in PNL quel procedimento che permette di <strong>associare ad uno stimolo esterno una determinata reazione</strong>. Ogni volta che lo stimolo esterno viene ripetuto, il nostro organismo riproduce quella sensazione o quello stato d’animo (proprio come avveniva nei cani di Pavlov).</p><p>Tutti conosciamo una persona esilarante con la quale ci divertitiamo tutte le volte che la incontriamo. E’ probabile che nella nostra mente si sia creata un’associazione (altrimenti detta un’<strong>àncora</strong>) tra l’immagine di quella persona e lo stato d’animo di allegria: potremmo essere arrabbiati, nervosi o apatici, ma basterebbe incontrare quella persona per strada per farci tornare il sorriso sulle labbra. </p><p>E’ questo il motivo per cui molti comici ripetono continuamente gli stessi slogan o gesti: il primo che mi viene in mente è Gabriele Cirilli, il comico di Zelig che ripeteva continuamente “Chi è Tatiana?”. Se ci troviamo in uno stato d’animo di allegria ogni volta che ascoltiamo una frase o osserviamo un determinato gesto, dopo un po’ di tempo assoceremo lo stato d’animo di allegria a quella frase o a quel gesto: sarà sufficiente che lo stimolo esterno (il gesto o la frase) sia ripetuto per ritrovarci nuovamente in quello stato d’animo. Ecco perché appena il comico entra in scena e ripete quello slogan, una buona parte del pubblico scoppia a ridere.</p><p>Possiamo utilizzare questa importante caratteristica della nostra mente per richiamare gli stati d’animo opportuni ogni volta che ne abbiamo bisogno. Abbiamo dedicato diversi post del mese di giugno e luglio agli stati d’animo e ti invito a leggerli se non lo hai ancora fatto. Abbiamo visto quanto sia importante trovarci in un certo stato d’animo per poter ottenere realmente ciò che vogliamo. Parecchie volte manchiamo l’obiettivo perché abbiamo affrontato la situazione con lo spirito (cioè con lo stato d’animo) sbagliato. Non sarebbe azzardato sostenere che le uniche cose di cui abbiamo bisogno per raggiungere qualsiasi obiettivo sono due: il <strong>giusto stato d’animo</strong> e le <strong>giuste convinzioni</strong>. Tutto il resto viene di conseguenza.</p><p>Abbiamo dedicato il <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/07/richiamare-uno-stato-danimo.html">post del 3 luglio</a> alla tecnica per richiamare uno stato d’animo. Oggi vedremo come ancorarlo ad un gesto, in modo da poterlo richiamare più velocemente tutte le volte che ne avremo bisogno. Come già detto in passato, per richiamare uno stato d’animo dobbiamo prima di tutto fare in modo che il nostro corpo assuma <strong>la giusta conformazione</strong>: non possiamo richiamare lo stato d’animo dell’allegria se abbiamo le sopracciglia aggrottate o le braccia conserte. Poi, attenendoci al principio che “<em>la mente non fa differenza tra una esperienza vissuta ed una vividamente immaginata</em>”, dobbiamo <strong>ripensare ad una scena passata</strong> in cui <strong>abbiamo provato in maniera marcata</strong> quel determinato stato d’animo. La scena mentale va rivissuta <strong>in modalità associata</strong> (cioè in prima persona, senza osservarci dall’esterno) in modo da renderla ancora più carica emozionalmente. Mentre riviviamo la scena <strong>avviciniamo le immagini mentali</strong>, rendiamole a poco alla volta sempre <strong>più grandi</strong> e facciamo in modo che i <strong>colori</strong> siano più <strong>vividi</strong> e <strong>brillanti</strong>. Con questi accorgimenti noteremo un aumento proporzionale della sensazione. </p><p>E’ proprio nel momento in cui raggiungiamo <strong>l’apice della sensazione</strong> che possiamo <strong>ancorarla ad un gesto</strong>: ad esempio potremmo chiudere il pugno o unire l'indice e il medio o toccarci un ginocchio. Oppure potremmo pronunciare una parola ad alta voce, in modo da creare un ancoraggio uditivo. L’importante è associare quello stato d’animo ad un gesto o ad un suono facilmente riproducibile.<br />Nella fase iniziale l’esperimento va ripetuto più volte al giorno e per più giorni, in modo da creare un’associazione solida tra la sensazione provata e il gesto effettuato.<br />Possiamo ancorare tutti gli stati d’animo che vogliamo e che possono risultarci utili nel quotidiano: l’allegria, il senso di sicurezza in se stessi, la rilassatezza. Ovviamente ogni stato d’animo va ancorato ad un gesto diverso.<br />Così quando ci troveremo in una situazione in cui abbiamo bisogno di essere rilassati, ci basterà stringere il pugno o toccarci la spalla per ritrovarci dopo pochi istanti nello stato d’animo desiderato.</p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-49189526108690066052009-08-03T09:48:00.000-07:002009-08-03T10:09:04.904-07:00La PNL per cambiare le nostre convinzioniContinuiamo a parlare di convinzioni limitanti e di come possiamo modificarle. In questo post utilizzeremo alcuni strumenti messi a disposizione dalla PNL per liberarci di convinzioni che ci limitano e sostituirle con altre che riteniamo più utili e potenzianti.<br />Nel penultimo post ho introdotto una tecnica che prevede un’analisi razionale delle nostre convinzioni finalizzata ad individuare delle “falle” che ci permettano di non essere del tutto certi della veridicità delle nostre credenze: insinuando qualche dubbio e allo stesso tempo avvalorando una credenza potenziante, opposta a quella di cui vogliamo liberarci, riusciamo a cambiare la percezione delle cose.<br /><br />Con l’esperimento di oggi cercheremo di ottenere lo stesso risultato <strong>intervenendo direttamente sulle submodalità delle nostre credenze</strong>. Si tratta quindi di una tecnica molto più diretta della precedente, in grado di darci dei risultati immediati e che può essere usata a prescindere dal metodo precedente o, meglio ancora, per rafforzarlo e integrarlo.<br /><br />Cos’è una credenza in termini di rappresentazioni interne? Come abbiamo più volte visto in passato, ogni informazione contenuta nel nostro cervello è codificata sotto forma di immagini, suoni e sensazioni che hanno determinate caratteristiche. Di conseguenza anche ciò in cui crediamo fermamente, così come ciò di cui dubitiamo, è rappresentato nella nostra mente mediante un preciso <strong>set di submodalità</strong>.<br /><br />Per cambiare una convinzione dobbiamo procedere in questo modo:<br /><ul><li>Individuiamo le submodalità che associamo a qualcosa a cui <strong>crediamo fermamente</strong>.</li><li>Individuiamo le submodalità che associamo a qualcosa di cui <strong>dubitiamo</strong>.</li><li>Applichiamo le “<strong>submodalità del dubbio</strong>” alla nostra credenza limitante, in modo da rappresentarla come un <strong>dubbio</strong> e non più come una certezza.</li><li>Individuiamo una nuova informazione potenziante (che è evidentemente rappresentata come dubbio) e applichiamo ad essa le <strong>"submodalità della convinzione"</strong> in modo da trasformarla in una <strong>credenza potenziante</strong>.<br /></li></ul><p>Ad un primo sguardo la procedura potrebbe risultare difficile da applicare, ma in realtà non lo è. Un esempio chiarirà tutto.<br /><br />In primo luogo individuiamo le submodalità che associamo alle forti convinzioni. <strong>Pensiamo a qualcosa di cui siamo certi</strong>. Possiamo pensare a ciò che abbiamo realizzato in passato, ad un hobby che pratichiamo abitualmente o ad un aspetto del nostro carattere: l’importante è che <strong>avvertiamo di essere convinti</strong> di ciò a cui stiamo pensando. Inevitabilmente <strong>si formeranno nella nostra mente delle immagini</strong>, eventualmente associate a <strong>suoni</strong> e accompagnate da <strong>sensazioni</strong>. Qui dobbiamo stare attenti ad <strong>individuare tutte le submodalità</strong> che caratterizzano le immagini, i suoni e le sensazioni che si formano nella nostra mente. Per l’elenco delle submodalità a cui dobbiamo porre attenzione fai riferimento al post precedente.<br /><br />Supponiamo che io abbia la seguente convinzione: “<em><strong>sono una persona sportiva, amo fare attività fisica e stare all’aria aperta</strong></em>”. Poichè ho dei riscontri pratici sul fatto di essere uno sportivo e di amare la vita all’aria aperta, <strong>non avrò alcun dubbio quando pronuncerò questa frase</strong>. Ma questa informazione è codificata nella mia mente in un certo modo: <strong>che immagini si formano</strong> quando penso alla mia convinzione (o quando la pronuncio ad alta voce)? Potrei rivedermi mentre faccio una corsetta in un parco o mentre gioco a calcetto. <strong>Ma come sono queste immagini</strong>? Vedo nella mia mente una sorta di film o delle immagini statiche, come se fossero delle diapositive? Mi vedo in modalità associata o dissociata? I colori sono brillanti? Qual è la posizione delle immagini nel mio campo visivo mentale? Ascolto dei suoni (come ad esempio il rumore delle scarpette da ginnastica sulla terra battuta)? Avverto una tensione in qualche muscolo? Quanto è intensa quella sensazione? Insomma cerchiamo di raccogliere <strong>quante più informazioni possibili</strong> <strong>su ogni submodalità</strong> associata a immagini, suoni e sensazioni prendendo spunto dall’elenco pubblicato nel post precedente.<br /><br />Ora applichiamo lo stesso procedimento, ma ad un’informazione di cui <strong>dubitiamo</strong>. Pensiamo a qualcosa che ci crea dei dubbi e vediamo cosa si forma nella nostra mente. In questo caso dobbiamo fare attenzione a non prendere in esame un’informazione che riteniamo palesemente falsa: infatti quando consideriamo falsa un’informazione ci riferiamo comunque ad una caratteristica di cui siamo convinti, quindi è probabile che quell’informazione abbia le stesse submodalità della convinzione già individuate nel caso precedente.<br />Pertanto prenderemo in esame qualcosa di cui dubitiamo. Evidentemente in questo caso le submodalità <strong>saranno diverse</strong> perché la nostra mente <strong>non può rappresentare allo stesso modo ciò di cui è convinta e ciò di cui dubita</strong>. Così potremmo scoprire che, mentre le immagini associate alle nostre convinzioni sono grandi, nitide e luminose, quelle associate al dubbio sono piccole e sfocate. Mentre rappresentiamo le convinzioni tramite una film mentale, il dubbio è rappresentato con immagini fisse. Ovviamente tali submodalità sono indicative e ognuno ha il suo sistema di rappresentazione. <strong>L’importante è prendere nota delle differenti submodalità che caratterizzano le nostre convinzioni e i nostri dubbi</strong>.<br /><br />Ora applichiamo le submodalità del dubbio alla nostra credenza limitante, cioè alla convinzione che vogliamo cambiare. Così se credevamo di “essere negati per il disegno” e rappresentavamo tale informazione con le submodalità della convinzione, sforziamoci di rappresentare quello stesso concetto con le caratteristiche del dubbio. Potremmo ad esempio rimpicciolire le immagini, scurire i colori o renderli più sfocati, spostare le immagini in alto o a destra... insomma <strong>applicare le giuste submodalità affinché in nostro cervello codifichi quell’informazione come qualcosa di cui dubitare e non più come qualcosa in cui credere</strong>.</p><p>Dopo aver applicato le varie submodalità, prendiamoci qualche minuto per ripensare più volte alla vecchia credenza con le nuove submodalità: noteremo che effettivamente ciò a cui prima credevamo non ci dà più quel senso di sicurezza e convinzione, ma al contrario ci comunica dubbio e incertezza. Ciò potrebbe provocarci al principio un senso di <strong>smarrimento</strong>: perdere improvvisamente un convinzione mantenuta per anni può generare questi effetti.<br /><br />Ora prendiamo l’informazione che vogliamo trasformare in una credenza potenziante. Il nostro compito è quello di applicare a questa informazione (che è ancora rappresentata come dubbio), tutte le <strong>submodalità della convinzione</strong> in modo che il nostro cervello <strong>la codifichi come qualcosa a cui credere fermamente</strong>.<br /><br />Quando i due processi saranno ultimati (trasformazione della credenza limitante in dubbio e acquisizione di una nuova credenza potenziante), dovremmo fin da subito notare nuove predisposizioni e nuovi orientamenti da parte del nostro cervello.<br />Ricorda che <strong>la mente impara molto velocemente</strong>: quando cambiamo la rappresentazione di una nostra informazione, il cervello la memorizza rapidamente e anche in futuro ce la ripropone nella nuova forma, a meno che non intervengano altre esperienze o informazioni esterne che ne modifichino nuovamente la rappresentazione. Così se dopo un giorno ripensiamo alla nostra (ex) credenza limitante, la troveremo ancora codificata come dubbio. E’ comunque opportuno nei giorni successivi fare dei test per vedere se le informazioni vengono codificate con le nuove submodalità. Dobbiamo quindi ripensare alla nostra originaria credenza limitante e verificare se è rappresentata come un dubbio e al tempo stesso dobbiamo accertarci che la nostra nuova credenza potenziante sia rappresentata come qualcosa di cui siamo convinti. Se notiamo che le submodalità sono cambiate, eseguiamo nuovamente l’esercizio in modo da ristabilire le giuste submodalità.<br /><br />Quando si eseguono questi esercizi bisogna porre particolare attenzione alle submodalità: sono queste che comunicano al nostro cervello di credere o di dubitare di qualcosa. Se non le individuiamo correttamente o se le applichiamo in modo sbagliato o parziale possiamo dare al cervello delle informazioni diverse o inconsistenti. All’inizio è normale riscontrare qualche difficoltà nell’individuare le corrette submodalità di ogni nostra rappresentazione, ma con un po’ di allenamento ed eseguendo più volte l’esercizio su rappresentazioni diverse riusciremo prima o poi ad isolare tutte le submodalità che ci interessano.<br /><br />Per coloro che si sono avvicinati da poco alla PNL, posso intuire quanto un esperimento del genere possa risultare insolito: sembra bizzarro che semplicemente cambiando la dimensione o i colori di una nostra immagine mentale, possano cambiare automaticamente le nostre convinzioni e di conseguenza alcuni aspetti del nostro carattere. L’efficacia di una tecnica va verificata sperimentandola e non semplicemente leggendola e ipotizzandone l’esito. Quindi il mio consiglio è di sperimentare e verificare di persona ponendosi però nei confronti della materia con un atteggiamento aperto e privo di pregiudizi.<br /> </p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-69644736037660226052009-07-30T11:11:00.000-07:002009-09-07T11:10:27.902-07:00Elenco delle submodalità<p>Nel prossimo post vedremo come cambiare una convinzione limitante modificando le submodalità della nostra convinzione. In questo post farò un <strong>elenco completo delle submodalità visive</strong>, <strong>uditive</strong> e <strong>cinestesiche</strong> in modo da averle sempre a portata di mano per gli esercizi futuri. Questo post va quindi "salvato" perché ti servirà ogni volta che ti chiederò di verificare quali sono le submodalità associate alla tue rappresentazione interne: a tal fine ti basterà scorrere l'elenco riportato più avanti per avere un quadro completo delle caratteristiche di cui devi tener conto.</p><p>Ne approfitto anche per ricapitolare i concetti fondamentali su cui si fonda la PNL. Ogni persona porta con sé un bagaglio enorme di informazioni. Possiamo considerarle il software installato nel nostro cervello. Tali informazioni sono memorizzate sotto forma di immagini, suoni o sensazioni. Ogni immagine, suono o sensazione ha determinate proprietà (dette appunto <em>submodalità</em>). Ad esempio un‘immagine potrebbe essere grande o piccola, sfocata o nitida; un suono potrebbe avere un volume alto o basso, una sensazione potrebbe essere più o meno intensa. Parliamo di <strong>submodalità visive</strong> quando ci riferiamo alle caratteristiche delle immagini, <strong>uditive</strong> quando ci riferiamo alle caratteristiche dei suoni e <strong>cinestesiche</strong> quando ci riferiamo alle caratteristiche delle sensazioni.<br />Sono proprio le submodalità di immagini, suoni e sensazioni archiviate nel nostro cervello che ci fanno comportare in un certo modo o che ci fanno provare paura o che ci trasmettono una forte convinzione in merito a qualcosa. In altre parole una paura, una convinzione, un valore, un dubbio, una naturale propensione verso qualcosa o un’avversione verso un’altra, un sentimento, una passione… ogni aspetto che caratterizza il genere umano è tale perché <strong>esistono delle informazioni</strong> memorizzate nel cervello dell'individuo <strong>che hanno determinate caratteristiche dette submodalità</strong>.<br /><br />Ad esempio le cose che ci piacciono sono solitamente rappresentante mediante immagini mentali grandi, con colori vividi e luminosi. Le cose che disgustiamo potrebbero essere rappresentate con immagini piccole in toni di grigio. Uso il condizionale perché in tema di submodalità non è possibile fare generalizzazioni: <strong>ogni persona ha il suo sistema di rappresentazioni</strong>. </p><p>Con la PNL non facciamo altro che <strong>agire su tali submodalità</strong>, <strong>sostituendole con altre in modo da modificare il significato dell’informazione</strong>. E’ proprio cambiando le caratteristiche delle nostre rappresentazioni interne che possiamo trasformare qualcosa che ci fa paura in qualcosa che ci è indifferente o qualcosa che ci dà fastidio in qualcosa che ci procura piacere.</p><p>Ecco di seguito l’elenco delle submodalità che useremo per tutti gli esercizi futuri.</p><p><strong>Submodalità visive (immagini)<br /><br /></strong>Dimensione<br />Colore o bianco e nero<br />Posizione nel campo visivo (<em>sopra o sotto, in alto a destra, a sinistra, in basso etc...</em>)<br />Distanza dall’immagine<br />Contrasto<br />Luminosità<br />Associazione o dissociazione (<em>se vivo l’esperienza in prima persona o vedo la mia figura come un osservatore esterno</em>)<br />Film, immagine fissa o sequenza di diapositive<br />Messa a fuoco<br />Velocità<br />Durata<br />Tridimensionalità o immagini in due dimensioni<br />Presenza di sfondi definiti o di figure in primo piano<br />Immagini panoramiche o zoom di particolari<br />Provenienza e direzione della luce<br />Prospettiva (<em>punto di veduta</em>)<br />Saturazione dei colori<br />Inclinazione<br />Quantità di immagini<br />Rapporti tra le dimensioni<br />Lampeggiamenti<br /><em>Tutte le altre submodalità che sei in grado di riconoscere e isolare</em></p><p><strong>Submodalità uditive (suoni)<br /></strong><br />Volume<br />Ritmo (<em>regolare, irregolare</em>)<br />Timbro<br />Provenienza del suono (<em>da destra, da sinistra, dall’alto</em>)<br />Suono lontano o vicino, smorzato, ovattato, chiaro, forte etc.<br />Durata<br />Cadenza<br />Frequenza<br />Suono continuo o interrotto<br />Suono associato o dissociato<br />Suono digitale (<em>parole</em>)<br />Fonte esterna o interna<br />Risonanza, eco, mono o stereo<br /><em>Tutte le altre submodalità che sei in grado di riconoscere e isolare</em></p><p><strong>Submodalità cinestesiche (sensazioni)</strong></p><p>Intensità<br />Pressione<br />Localizzazione sul corpo della sensazione<br />Frequenza<br />Temperatura (<em>caldo, freddo</em>)<br />Tensione muscolare<br />Direzione della sensazione<br /><em>Tutte le altre submodalità che sei in grado di riconoscere e isolare</em></p><p></p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-69323132397066762022009-07-26T14:19:00.000-07:002009-07-26T14:39:22.455-07:00Liberarsi di una convinzione limitanteSe ci rendiamo conto che una convinzione ci limita possiamo decidere di avviare un processo che ci consenta di <strong>smontare quella convi</strong>nzione e magari di <strong>sostituirla con una che riteniamo più funzionale</strong>.<br />Non bisogna avere paura nell’acquisire nuove convinzioni potenzianti e nel liberarsi di quelle limitanti. Superare i propri limiti e acquisire nuovi strumenti che ci danno potere può solo avere effetti positivi sulla nostra vita. Sarà la nostra ragione a suggerirci quali convinzioni rappresentano per noi un ostacolo e devono quindi essere sostituite.<br /><br />Se hai sempre sognato di dipingere un quadro, ma fin dall’infanzia ti sei convinto (o ti hanno convinto) di essere negato per il disegno, probabilmente non hai mai avuto il coraggio di acquistare un manuale di pittura. A che serve cimentarsi in qualcosa per la quale sei convinto di essere negato? E’ evidente che in una situazione del genere ciò che ti ha impedito di imparare a dipingere è stata proprio quella convinzione limitante.<br /><br />Bisogna imparare a dare il giusto ordine alle cose: a volte pensiamo di essere fatti in un certo modo e ci convinciamo che quel nostro modo di essere può o non può permetterci di fare certe cose. In realtà, nella maggior parte di queste situazioni, la causa andrebbe invertita con l'effetto: è la nostra convinzione di potere o non poter fare una certa cosa che ci fa comportare in quel modo (che è un modo coerente con la nostra credenza limitante).<br /><br />Ma torniamo alla convinzione sulle nostre limitate capacità artistiche. Cosa succederà quando inizierai a credere di poter imparare a dipingere? Ovviamente non dipingerai come il Caravaggio dopo pochi minuti, ma intanto <strong>avrai “aperto” la tua mente</strong> di fronte ad un argomento verso il quale era rimasta completamente chiusa. Se fino a quel momento non prendevi assolutamente in considerazione l’idea di frequentare un corso di pittura, ora, nel dubbio (o nella convinzione) di poter riuscire ad imparare, potresti fare una valutazione diversa. E non è questa una nuova risorsa che la tua mente ti mette a disposizione, semplicemente dopo aver cambiato la tua convinzione? Ma la tua mente potrebbe consentirti l’accesso a tante altre risorse: potrebbe raccogliere altre informazioni e rielaborarle, potrebbe darti gli stimoli e la concentrazione giusta per riuscire nel tuo scopo; potrebbe darti la forza di perseverare anche di fronte agli eventuali tentativi falliti. <strong>Tutto ciò perché è convinta di potercela fare</strong>. Ecco le risorse nuove alle quali accederesti cambiando le tue convinzioni: se avessi continuato a credere di non essere portato per la pittura non ti saresti nemmeno concesso il tempo di verificare se esiste un libro per “aspiranti pittori che si considerano negati per la pittura”...<br /><br />Ma come fare per smontare una convinzione che ci limita? Lo facciamo intervenendo sue due fronti; un primo approccio prevede un’analisi razionale per verificare se effettivamente le cose stanno così come noi crediamo che siano; in un secondo momento interveniamo sulle rappresentazioni interne associate alla nostra credenza: in questo caso ci viene in aiuto la PNL attraverso la manipolazione delle submodalità (leggi i vecchi post per una prima introduzione alla PNL). In realtà anche nel caso dell’analisi razionale non facciamo altro che riconsiderare la nostra credenza da una nuova angolazione e ciò va a modificare la percezione che noi abbiamo di essa, quindi a modificare la nostra rappresentazione interna. Sono pertanto due approcci paralleli che si rinforzano a vicenda.<br /><br />Prendiamo un foglio di carta sul quale scriveremo la nostra analisi: è fondamentale <strong>scrivere</strong>, perché ciò ci permette di elaborare meglio le informazioni e di rileggerle nei giorni successivi.<br />Scrivi la tua credenza limitante, sotto forma di affermazione. Ad esempio “Sono negato per il disegno” oppure “Penso di essere incapace di stringere relazioni con gli altri”…<br /><br />Le forze che ci spingono a cambiare una situazione sono due: o il dolore che proviamo per la condizione nella quale ci troviamo o il piacere che proveremo una volta raggiunta la nuova condizione (approfondiremo questo argomento in un post futuro).<br />Cerchiamo quindi di associare dolore alla nostra credenza limitante, in modo da trovare la forza di "<em>rinnegarla</em>". A tal fine poniamoci le seguenti domande e scriviamo le risposte sul nostro foglio:<br /><br /><ul><li>Quanto mi costerà non liberarmi di questa credenza?</li><li>Quali effetti negativi in termini emotivi, affettivi, economici o fisici potrei riscontrare non liberandomi da questa credenza?</li></ul><p>Abbiamo poi bisogno di mettere qualche “candelotto di dinamite” sotto la nostra credenza, in modo da far saltare qualche pilastro e farla crollare. Cerchiamo quindi di scrivere tutto ciò che è in discordanza con la nostra credenza e che può aiutarci a demolirla. Tale compito può essere facilitato rispondendo alle domande seguenti:</p><ul><li>Da cosa deriva questa mia credenza? E’ confermata da esperienze personali o mi è stata trasferita da un’altra persona, da un genitore, dai media, dall’ambiente nel quale vivo? </li><li>Se la credenza mi è stata trasferita da terzi (amici, genitori etc.), ciò è sufficiente per considerare tale affermazione valida anche per me? Perché? E’ opportuno considerare l’eventuale persona che mi ha trasferito la credenza come un modello di riferimento?</li><li>Credo in tale affermazione da sempre o ho iniziato a crederci a partire da un momento preciso della mia vita? Se è così, perché prima non ci credevo? </li><li>Cosa mi fa ritenere che questa convinzione sia oggettivamente vera? Ho dei dati riscontrabili che sia effettivamente così? E se li ho, è possibile ritenere che siano dati sufficienti per considerare tale affermazione come universale e sempre valida anche in futuro? </li><li>Ci sono degli aspetti della mia credenza che, ad un’analisi distaccata, imparziale e razionale, risultano palesemente irrealistici o per certi versi assurdi o bizzarri?</li><li>Ci sono situazioni particolari o eventi passati, in cui ho smentito completamente la mia credenza o nei quali la mia credenza è stata solo parzialmente confermata? Ci sono situazioni o eventi che riguardano altre persone in cui tale credenze è stata smentita?</li></ul><p>Scrivi quindi un elenco di episodi o situazioni che <strong>smentiscono</strong> la tua credenza e cerca di raccogliere quante più informazioni possibili che contrastino con la tua credenza. Possono essere esperienze personali o accadute ad altri. Ne troverai sicuramente diverse perché le verità assolute si contano sulle dita di una mano e qualsiasi cosa di cui sei convinto può essere facilmente smentita.<br /><br />Ora <strong>scrivi una convinzione potenziante</strong> che vada a sostituire la precedente. Ad esempio se la tua convinzione limitante era “<em>sono negato per il disegno</em>” scrivi “<em>sono convinto di poter imparare a disegnare</em>” e inizia fin da subito a cercare riscontri alla tua nuova credenza potenziante. Lasciati guidare dalle seguenti domande:</p><ul><li>Esistono degli episodi e delle situazioni in tutta la mia vita passata che possano confermare la nuova credenza potenziante? Quali sono?</li><li>Esistono testimonianze di terzi che possono confermare quanto ho affermato? Quali sono?</li><li>Esistono situazioni passate assimilabili alla nuova affermazione che possano farmi ritenere che quest’ultima sia effettivamente credibile? Quali sono?</li></ul><p>Infine cerchiamo di <strong>associare molto piacere </strong>all’idea di far propria la nuova credenza potenziante. A tal fine scriviamo sul nostro foglio tutto ciò che di utile e di piacevole ci porterà la nuova convinzione. Ecco alcune domande che possono farci da guida:</p><ul><li>Mi è utile accettare questa nuova credenza potenziante? Cosa avrei da guadagnare “facendo mia” questa nuova credenza?</li><li>Come cambierà al mia vita e quali obiettivi potrò raggiungere?</li></ul><p>Lo scopo è quindi scrivere quante più informazioni possibili per ”screditare” la vecchia credenza limitante e di scriverne altre per avvalorare la nuova “credenza potenziante”. E’ come se dovessimo cercare di convincere noi stessi che le cose stanno in modo diverso. Non è che stiamo cercando di prenderci in giro: è che <strong>ogni cosa si può interpretare in tanti modi diversi</strong> e noi dobbiamo solo cercare di far nostra l’<strong>interpretazione che ci è più utile</strong>.<br />Così, se la nostra credenza limitante è: “<em>sono brutto e non ho successo in amore</em>” (e magari sarà pur vero…), è anche un dato di fatto che “<em>in giro si vedono decine di coppie in cui ci si chiede come faccia l’uno a stare con l’altro</em>”. Quindi avremo sempre delle informazioni che ci permettono di interpretare in modo diverso (e più utile) ogni nostra credenza.<br /><br />Vedrai che basterà anche insinuare un piccolo dubbio nella vecchia credenza limitante per avviare in modo automatico tutto il processo. Poi le nuove risorse alle quali accederemo e le nuove azioni che ne conseguiranno ci faranno ottenere dei risultati che rafforzeranno ulteriormente le nostre nuove credenze potenzianti in una sorta di circolo virtuoso che ci darà sempre più potere (ricordi il “ciclo del successo” del penultimo post?).<br /><br />Ciò che abbiamo scritto va letto con una certa frequenza: la sera, la mattina o due, tre o dieci volte al giorno... non c’è una regola precisa. Fallo fin quando non avvertirai di aver realmente <strong>acquisito</strong> la nuova credenza, cioè fino a quando, pronunciando ad alta voce la nuova credenza, non capirai dal tono di voce di averla effettivamente fatta tua.<br /><br />Nei prossimi post vedremo come modificare le credenze intervenendo direttamente sulle nostre submodalità.</p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-30014038492777247852009-07-23T05:43:00.000-07:002009-07-23T06:28:03.653-07:00Il labirinto delle nostre convinzioni<p>Come si sono formate e radicate nella mente le numerose credenze che ognuno di noi ha? L’origine può essere diversa:</p><ul><li>gli insegnamenti e i modelli educativi che abbiamo avuto fin dall’età infantile ci hanno trasferito un’enorme quantità di convinzioni su tutto ciò che ci circonda.</li><li>le esperienze personali ci fanno continuamente “convincere” (o dubitare) di qualcosa.</li><li>Ci convinciamo di molte cose semplicemente per "sentito dire": il confronto con gli altri è un altro importante strumento per l’acquisizione di convinzioni.<br /></li></ul><p>Abbiamo già parlato di convinzioni limitanti e potenzianti. In questo post approfondiremo il discorso sulle prime, visto che ci limitano ed è quindi opportuno modificarle.<br />Nell’ambito delle convinzioni è possibile fare diverse classificazioni.<br />Alcune convinzioni limitanti sono <strong>a carattere soggettivo</strong> e si riferiscono a qualità e caratteristiche dell’individuo che le fa proprie. Eccone un esempio:</p><ul><li><em>Non riuscirò mai a suonare uno strumento perché non sono portato per la musica.</em></li><li><em>Sono una persona sensibile e pertanto soffrirò sempre tanto.</em></li><li><em>Non posso avviare un negozio o un’attività in proprio perché per vendere qualcosa bisogna esserci portati e io non lo sono mai stato.</em></li><li><em>Non riesco a portare a compimento le cose, purtroppo è sempre stato così.</em></li><li><em>Visto che mio nonno e mio padre hanno avuto problemi di cuore, allora anche io sono destinato a soffrire delle stesse patologie.</em></li><li>.....<br /></li></ul><p>Ognuno di noi ha tantissime convinzioni sulla propria persona e sul proprio modo di essere ed è piuttosto evidente come il genere di convinzioni sopra elencate possa condizionare l’intera esistenza di un individuo.<br /><br />Esistono poi convinzioni alle quali attribuiamo un <strong>carattere universale</strong>, come se fossero leggi valide per tutti, in ogni tempo e in ogni luogo. Eccone alcuni esempi:</p><ul><li><em>Non è possibile fare tante cose in modo preciso. Nella vita bisogna sceglierne poche e farle bene.</em></li><li><em>La gente è sempre pronta ad approfittare di te e a cercare di sfruttarti.</em></li><li><em>E’ difficile che esista un’amicizia sincera tra uomo e donna.</em></li><li><em>Una persona che ti ha già lasciato una volta, lo farà anche la seconda volta.</em></li><li>...</li></ul><p><br />In realtà basterebbe un’analisi anche superficiale delle esperienze degli uomini per capire che sono <strong>ben poche</strong> le convinzioni che possono elevarsi al rango di universalità.<br /><br />Ci sono anche convinzioni espresse sotto forma di <strong>regole</strong>, del tipo “<strong>se accade questo allora vuol dire quest’altro</strong>”:</p><ul><li><em>Se fai capire alla tua donna che per te esiste solo lei, allora prima o poi ti lascerà.</em></li><li><em>Se ti fai i soldi perderai i veri amici e si faranno vive solo persone che vogliono sfruttarti.</em></li><li><em>Se non sei intransigente con i tuoi dipendenti, prima o poi se ne approfitteranno e lavoreranno in modo svogliato.</em></li><li><em>Se concedi una mano a qualcuno, la prossima volta ti chiederà il braccio.</em></li><li><em>Se la tua donna ti chiede qualche giorno di riflessione, allora vuol dire che ha già deciso di lasciarti.</em></li><li><em>...</em></li></ul><p><br />Preso atto che non puoi fare a meno di credere in qualcosa (altrimenti non avresti i necessari punti di riferimento per orientare i tuoi comportamenti), dovresti per lo meno acquisire l’abitudine di considerare ogni tua convinzione come <strong>un’affermazione puramente soggettiva</strong>, senza alcun carattere di universalità e di validità atemporale. Dopodiché sarebbe opportuno <strong>insinuare un dubbio </strong>in ogni credenza che hai considerato fino ad oggi come una verità inconfutabile. Anche ipotizzare semplicemente che le cose potrebbero non essere così, che ciò in cui credi potrebbe anche non essere vero, ti permetterà di <strong>vedere il mondo sotto un’ottica diversa</strong>, <strong>meno rigida</strong>, <strong>più flessibile</strong>, che ti permetta di costruire una dimensione <strong>più utile </strong>per raggiungere obiettivi e stati che ti procurino serenità. Infine dovresti imparare a crearti convinzioni compatibili con ciò che vuoi ottenere e con ciò che ti procura sensazioni piacevoli.<br /><br />A volte capita di avere una sorta di <strong>rivelazione</strong>: ci si rende conto in un momento preciso di quanto siamo condizionati da questo spropositato insieme di regole e credenze che ci siamo creati e che pesa su di noi come un macigno. E’ come vedersi all’improvviso all’interno di un labirinto, dove le nostre credenze sono le pareti che ci guidano, che ci obbligano a svoltare a destra e a manca, a prendere questo o quel corridoio. Sono le nostre convinzioni e i nostri valori (che sono credenze ancor più forti e radicate) che ci spingono a comportarci in questo o in quel modo, ad interpretare gli eventi in un senso o in un altro. Fin quando non prendiamo consapevolezza di ciò che ci limita, abbiamo l’illusione di vivere in uno spazio aperto: è come se le pareti del labirinto, seppur presenti, fossero trasparenti. Abbiamo l’illusione di poterci muovere come vogliamo. Ma quando prendiamo consapevolezza dei limiti che ci impongono le nostre convinzioni, viviamo un momento di rivelazione durante il quale le pareti del labirinto perdono la loro trasparenza e prendono colore: ci rendiamo finalmente conto di quanto siamo incastrati in quel dedalo di incroci e corridoi. Ci rendiamo conto di quanta strada inutile dobbiamo fare per andare da un punto A ad un punto B a causa dell’intrico di vie che dobbiamo attraversare. Ma assumere consapevolezza del labirinto nel quale ci troviamo è anche il primo passo per smontare ogni parete e per rimontarla in modo meno intricato, più utile e funzionale. E’ il primo passo per creare spazi più aperti e vivibili.<br /><br />Così fin da subito, appena ti accorgi che una tua convinzione ti sta imponendo una via da seguire e avverti di non trovarti completamente a tuo agio lungo quella strada, inizia ad alimentare qualche dubbio. Chiediti: “<strong>Le cose stanno veramente così o potrebbero essere interpretate diversamente?</strong>”. Solo imparando ad interpretare le cose in modo diverso e non attraverso i parametri che usi da sempre, acquisirai la flessibilità necessaria per poter veramente pensare di poter fare tutto ciò che hai sempre sognato. Solo smontando e ricostruendo le tue convinzioni, cioè acquisendo nuovi modelli interpretativi, nuovi filtri per osservare il mondo, nuovi stili e comportamenti avrai in mano la chiave per diventare chi vuoi essere veramente.</p><p>Cerca di educare il tuo cervello fin da subito. Così, mentre constati che quel tuo amico avrebbe dovuto chiamarti e non lo ha fatto, invece di “convincerti” che “<em>si sta comportando così perché sta cercando di allontanarti</em>”, chiediti: “<em>è proprio sicuro che le cose stiano così? C’è un’altra spiegazione che io ignoro?</em>”.<br />Quando ti chiederanno di ricomporre un oggetto che si è rotto, invece di pensare che “<em>non è un lavoro per te e che non sei portato per i lavori di precisione!</em>”, prova a chiederti: “<em>ma davvero deve essere così difficile montare questo oggettino? Davvero non sono in grado di guidare le mia dita in questo semplice lavoro manuale?</em>”.</p><p>Prova ad aprire qualche nuovo varco nel tuo labirinto, cerca nuovi modi di interpretare gli eventi, nuove strade da percorrere che non siano quelle che hai già battuto centinaia di volte.<br /><br />L’unica cosa di cui dovresti essere convinto è che “tutto ciò di cui ora sei fermamente convinto... potrebbe anche non essere vero”.</p>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-91752394796594242532009-07-19T03:46:00.001-07:002009-07-19T04:13:22.399-07:00Il ciclo del successo<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-Mr3NPpJV2ADWH29WW02agoJLjJ8YNHqeES67CvnhWEWKaD1Ce9-HiHlQO9JsR2EP0O4RYFqaYd4ajx7Qd1O5zsLdINdPy8wy5RL6z35ezIufZEqggtRxInOh-pXfdEUjNYhSlw800ioY/s1600-h/ciclosuccesso.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5360120934136478930" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 293px; CURSOR: hand; HEIGHT: 203px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-Mr3NPpJV2ADWH29WW02agoJLjJ8YNHqeES67CvnhWEWKaD1Ce9-HiHlQO9JsR2EP0O4RYFqaYd4ajx7Qd1O5zsLdINdPy8wy5RL6z35ezIufZEqggtRxInOh-pXfdEUjNYhSlw800ioY/s320/ciclosuccesso.jpg" border="0" /></a><br /><div>Oggi riprendiamo il discorso sulle convinzioni che avevamo già introdotto qualche settimana fa. Nel <a href="http://perspower.blogspot.com/2009/05/il-potere-delle-nostre-convinzioni.html">post del 27/05/2009</a> avevo dimostrato come ciò in cui crediamo fermamente determina le nostre azioni. Abbiamo visto come la nostra mente possa addirittura arrivare ad <strong>auto-sabotarsi</strong> pur di <strong>rimanere coerente</strong> con ciò in cui crede fermamente. </div><div><br />Ognuno di noi ha una gran quantità di convinzioni. <strong>Ciò in cui crediamo regola continuamente i nostri comportamenti, influisce sulle nostre scelte, condiziona i nostri risultati</strong>.<br /><br />Ad esempio molti uomini sono convinti che “<em>un rapporto tra uomo e donna possa durare a lungo solo se l’uomo si comporta in modo freddo e distaccato e dà l’impressione di non essere mai completamente innamorato della sua compagna</em>”. La relazione che questi uomini instaurano con il partner è evidentemente condizionata dalla loro credenza: cercano di non essere troppo sdolcinati, di non lasciarsi andare più del dovuto, si circondano sempre di un alone di mistero. Quindi i nostri comportamenti e le nostre azioni dipendono anche da ciò di cui siamo convinti.<br /><br />Ma sulle convinzioni è necessario fare altre importanti precisazioni.<br /><br /><strong>Essere convinti di qualcosa non vuol dire che quella cosa sia oggettivamente vera</strong>. Ricordatevi che un tempo eravate fermamente convinti dell’esistenza di Babbo Natale e avreste preso a morsi chiunque avrebbe cercato di sostenere il contrario. Se non lo ricordate, provate a dire ad un bambino che Babbo Natale non esiste e osservatene la reazione: nessuno di noi, anche in età infantile, accetterebbe di mettere in discussione facilmente le proprie convinzioni. Eppure oggi su Babbo Natale avete cambiato opinione (o almeno si spera ... :-)). Quindi prendete atto che ciò a cui credete oggi potrebbe anche non essere vero e che, in merito ad un certo argomento, fra un giorno, un mese o un anno potreste avere un’opinione completamente diversa.<br /><br /><strong>Esistono credenze limitanti e credenze potenzianti</strong>. Le convinzioni limitanti rappresentano per noi un ostacolo, ci condizionano negativamente e non ci permettono di raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati o di soddisfare i nostri desideri. Ad esempio ci sono persone che desidererebbero girare il mondo alla ricerca di tanti stimoli culturali, ma allo stesso tempo sono convinte che viaggiare sia pericoloso. Quindi da un lato desiderano viaggiare, ma dall’altro hanno una credenza che li limita. Tale convinzione condizionerà evidentemente le loro scelte e pertanto potrebbero decidere di rinunciare ai viaggi o di optare per mete meno interessanti culturalmente, ma ritenute più sicure.<br />All’inverso ci sono <strong>credenze che ci danno potere</strong>: sono quelle convinzioni che ci permettono di mettere in campo <strong>tutte le risorse di cui disponiamo pur di ottenere i nostri scopi</strong>. Ovviamente la classificazione tra convinzioni limitanti e potenzianti è del tutto soggettiva.<br /><br />Troppe volte decidiamo di apportare un cambiamento sostanziale alla nostra vita o di fissarci un obiettivo <strong>senza verificare se le nostre convinzioni sono compatibili con il fine che vogliamo raggiungere</strong>. Se sogniamo di fare carriera in azienda acquisendo la qualifica di caporeparto, ma allo stesso tempo siamo convinti di non essere portati per un ruolo di responsabilità, evidentemente tale convinzione rappresenterà per noi un limite. </div><div>Quante persone vorrebbero essere più ricche? La maggior parte di loro non riesce ad esserlo, non perché non abbia talento e risorse adeguate, ma perché ha una serie di convinzioni relativamente al denaro e alla ricchezza che contrastano con i loro valori più profondi: ad esempio essere convinti che “<em>per fare tanti soldi è necessario sporcarsi le mani</em>” o che “<em>la</em> <em>ricchezza fa diventare cinici e spietati</em>” o che “<em>non è giusto accumulare tanto denaro per sé quando ci sono milioni di persone che muoiono di fame</em>” o che “<em>il denaro è lo sterco del diavolo</em>”, limita evidentemente le potenzialità di tutte quelle persone che vorrebbero aumentare il proprio reddito.<br /><br />Quindi <strong>non è molto intelligente navigare in una certa direzione se abbiamo una o più convinzioni che remano nella direzione opposta</strong>: in nome di quel “<strong>principio di coerenza</strong>” al quale si attiene la nostra mente (e del quale abbiamo parlato in passato), rischieremmo di affrontare la situazione con <strong>risorse molto limitate </strong>e ciò potrebbe condizionare negativamente i nostri risultati.<br /><br />Lo “schema del successo” riportato nell'immagine allegata a questo post spiega chiaramente in che rapporto sono le nostre convinzioni con le azioni e i risultati che otteniamo.<br /><br />Quando abbiamo convinzioni molti forti accediamo ad un potenziale molto elevato: è come se la nostra mente si “aprisse”e accedesse ad una quantità di risorse utili alla quale normalmente non accede. Le risorse potenziali alle quali accediamo ci fanno agire in un certo modo e le nostre azioni producono dei risultati. I risultati, siano essi soddisfacenti o meno, vanno ad influire sulle nostre convinzioni, chiudendo il cerchio.<br /><br />Facciamo l’esempio di una persona convinta di essere poco attraente per le donne. Si innamora pazzamente di una donna e decide di dichiararsi, pur rimanendo fermamente convinto di non essere attraente. Tale convinzione limitante lo porterà ad accedere a risorse poco utili per il fine che vuole perseguire: è infatti probabile che la persona acceda a stati d’animo di insicurezza e di ansia; la paura di fallire, l’incertezza e l’imbarazzo lo faranno agire in modo impacciato e poco incisivo e le sue azioni produrranno dei risultati che probabilmente non saranno soddisfacenti; tali risultati andranno a rafforzare la convinzione limitante; la persona non farà altro che confermare quanto già era convinto di sapere: - “<em>ero sicuro che non sarei riuscito a conquistarla; purtroppo non sono attraente... non posso farci nulla, sono fatto così...</em>”<br />In realtà una delle principali cause del suo fallimento è stata proprio la convinzione limitante che lo ha condizionato fin dall'inizio e che, a causa del suo fallimento, lo limiterà in futuro in modo ancora più evidente.<br /><br />Le persone non tentano nemmeno lontanamente di cimentarsi con certe cose solo perché sono convinte di non essere in grado di farle: magari hanno provato due o tre volte, già convinte di non riuscirci; tale convinzione ha prodotto risultati mediocri e, dopo pochi tentativi falliti, hanno deciso di non provarci più.<br />Quanti di noi conoscono una persona di una certa età che afferma di non essere portata per la tecnologia e rifiuta anche di imparare ad usare il telecomando? Provate a chiedere a quella persona quante volte ha deciso seriamente di imparare ad usare un prodotto tecnologico. E’ probabile che non abbia mai provato o, se ha tentato, lo ha fatto in un modo talmente poco utile (limitato dalla convinzione che “<em>posso anche provare tanto lo so che non ci capisco niente...</em>”) che alla fine non poteva che fallire: ciò ha rafforzato la sua convinzione limitante a tal punto che rifiuta anche di dedicare pochi secondi per capire come fare una telefonata con il cellulare.<br /><br />Il ciclo del successo funziona ovviamente anche all’inverso per le convinzioni potenzianti. Avere convinzioni che ci danno potere ci permette di accedere a risorse positive che producono azioni adeguate e risultati soddisfacenti che vanno a rafforzare le nostre iniziali convinzioni.<br />E quanto più una convinzione è forte tanto più è difficile metterla in dubbio, anche nel caso di un insuccesso.<br />E’ il caso della persona convinta di essere un grande corteggiatore che riceve un rifiuto da una donna: quanto più la sua convinzione è forte, tanto meno quell’insuccesso andrà a scalfire la sua convinzione e ciò gli permetterà di continuare ad accedere a risorse potenzianti ogni volta che dovrà corteggiare una donna. Certo, nel caso in cui dovesse fallire ripetutamente, la sua convinzione perderebbe forza e verrebbe sostituita da una meno potenziante.<br /><br />Il concetto fondamentale che voglio trasferire con questo post è che, <strong>per poter fare qualsiasi cosa nel modo migliore, è necessario essere convinti di poterci riuscire</strong>. La nostra mente non riesce a metterci a disposizione le migliori risorse per seguire un percorso se ha anche il minimo dubbio che le cose possano andar storte.<br /><br />Nei prossimi post scopriremo come individuare e cambiare le convinzioni che ci limitano. Intanto per capire quanto è radicata in te una convinzione puoi fare un esperimento molto semplice: pronuncia ad alta voce la frase “<em>io mi chiamo (nome e cognome) ed ho (xx) anni</em>”. Vedrai come il tuo modo di esprimerti e il tuo tono di voce comunichino sicurezza e convinzione. Ora fai ad alta voce altre affermazioni di cui ritieni di essere più o meno convinto: paragonando la tua espressività con quella ottenuta quando hai pronunciato il tuo nome e cognome, capirai quanto è radicata quella convinzione in te. </div>Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-326377606836568302.post-2448612549475681402009-07-05T07:04:00.000-07:002009-07-05T07:05:26.827-07:00VacanzeParto per una vacanza d 10 giorni... ci "rileggiamo" intorno al 15 luglio...Francescohttp://www.blogger.com/profile/14589804839915959348noreply@blogger.com1