lunedì 30 novembre 2009

La checklist del successo

In questo post riassumerò in pochi concetti alcuni degli argomenti più importanti trattati fino a questo momento. Partiremo come sempre dagli obiettivi e vedremo quali sono i requisiti che ci danno maggiori possibilità di realizzarli.

Ogni volta che ci prefiggiamo di raggiungere un risultato, sarebbe opportuno verificare alcune condizioni: è quella che io chiamo la “checklist del successo”, cioè la lista di tutto i requisiti che devono essere soddisfatti per avere ottime possibilità di realizzare quell’obiettivo. Se mi accorgo che anche un solo requisito non è soddisfatto, allora evito di iniziare a lavorare al mio progetto perché so già di avere una o più condizioni che “remano contro” e che potrebbero portarmi a fallire. In tal caso faccio in modo di procurarmi gli strumenti che mi mancano, in modo da soddisfare tutti i requisiti della mia checklist e solo dopo averli soddisfatti tutti, mi metto al lavoro per ottenere ciò che mi sono prefissato.

Il primo strumento di cui ho bisogno per raggiungere i miei obiettivi è il “desiderio”. Posso avere le capacità per portare avanti un progetto, posso avere le giuste convinzioni, la strategia migliore e tutta l’esperienza di questo mondo, ma se non desidero raggiungere quell’obiettivo, sarà molto difficile che io possa “costringermi” a farlo. Quindi la prima domanda che mi pongo è: desidero veramente raggiungere questo obiettivo?
Spesso in passato mi capitava di cimentarmi in progetti che non desideravo realmente o che m’illudevo potessero darmi piacere. Puntualmente dopo una settimana o un mese perdevo l'iniziale interesse e abbandonavo il progetto. Tirando le somme mi accorgevo di aver sprecato del tempo in qualcosa che non mi aveva procurato alcun beneficio. Oggi cerco sempre di capire se desidero realmente perseguire un certo obiettivo, prima ancora di dedicarmi ad esso.

Altre volte mi capita di non desiderare affatto di cimentarmi in determinate attività, ma di avere la consapevolezza che quelle attività debbano essere fatte. Situazioni del genere capitano quando sappiamo razionalmente di dover fare una determinata cosa, ma avvertiamo che quella cosa non ci procura piacere e siamo quindi portati a farla controvoglia. Un classico esempio è quando ci proponiamo di migliorare la nostra condizione fisica svolgendo un’attività sportiva con regolarità: è una pratica che sappiamo (razionalmente) di dover fare, ma che potremmo ritenere faticosa, noiosa, e ripetitiva; ed è improbabile provare un forte desiderio per un’attività che non gradiamo. Quando mi capita di vivere una situazione del genere, mi sforzo di reinterpretare quell’attività, di osservarla da un’altra prospettiva, in modo tale da far nascere in me il desiderio di dedicarmi ad essa. Ma come possiamo far nascere il desiderio di fare o ottenere qualcosa? Lo abbiamo già visto in passato, quando abbiamo parlato della leva piacere/dolore: abbiamo imparato a spostare una certa quantità di dolore all’idea di non fare una determinata cosa e, al contrario, abbiamo imparato ad amplificare il piacere che deriverebbe dal portare a compimento quel determinato progetto (ti consiglio di leggere i vecchi post che parlano di motivazioni per una trattazione più approfondita di questo argomento). Ad esempio potremmo provare avversione per lo sport perché ci immaginiamo affaticati nell’atto di fare attività sportiva o intenti a compiere immani sacrifici: quest’idea ci procura dolore e quindi ci impedisce di desiderare di fare quell’attività. Ma se operiamo un cambiamento di prospettiva e iniziamo a focalizzare l’attenzione sul piacere che deriverebbe dall’avere un fisico atletico e scattante o sull’idea di avere una salute migliore, qualcosa potrebbe cambiare. E se contemporaneamente spostassimo più dolore sull’idea di restare nella situazione contingente (magari immaginandoci come saremmo tra 5, 10 o 20 anni se continuassimo a trascurare la nostra salute), probabilmente riusciremmo a far nascere in noi il desiderio di dedicarci a qualche attività sportiva. In parole povere, già il sostituire nella nostra mente l’immagine di noi stessi affaticati su una cyclette, con l’immagine di un fisico tonico e scolpito potrebbe essere sufficiente per desiderare di agire.

Una volta che ho preso atto di desiderare di raggiungere un determinato obiettivo, mi preoccupo di renderlo quantificabile e ben definito. Questo è il secondo punto della mia checklist. La domanda a cui rispondo è la seguente: quando mi accorgerò di aver raggiunto il mio obiettivo? Quali risultati concreti e misurabili dovrò verificare? Così nel caso dell’attività fisica, il mio obiettivo quantificabile potrebbe tradursi nel riuscire a sollevare 50Kg con i muscoli pettorali oppure nel perdere 5Kg di peso corporeo. E’ fondamentale avere dei parametri di valutazione, in modo da sapere riconoscere il momento in cui avremo raggiunto il nostro obiettivo. Porsi degli obiettivi troppo vaghi (come “devo dimagrire”, “devo cambiare lavoro” o “devo guadagnare di più”) ci impedisce di studiare una strategia adeguata e crea più facilmente i presupposti per il fallimento.

Il terzo punto della mia checklist è rappresentato dalle convinzioni. Ho scritto tantissimo in questo blog sull’importanza delle convinzioni. Ricorda che è sempre valido il principio per cui “se sei convinto di non essere in grado di raggiungere un obiettivo, la tua mente non ti permetterà mai di raggiungerlo”. Lo stesso principio può essere espresso nella forma seguente: “la tua mente non può realizzare qualcosa in cui non crede”. Abbiamo parlato in passato degli ostacoli e degli autosabotaggi che la nostra mente può mettere in atto pur di rimanere coerente con le proprie convinzioni. Ecco quindi che diventa fondamentale verificare se siamo realmente convinti di poter raggiungere il nostro obiettivo. Il terzo punto della checklist risponde alla domanda: “sono convinto di potercela fare? Penso di avere le giuste risorse e capacità per poter perseguire il mio obiettivo nel migliore dei modi?”. Se ho dei dubbi, provvedo a cambiare o a rafforzare le mie convinzioni attraverso delle opportune tecniche di PNL. Quando abbiamo forti convinzioni accediamo automaticamente a delle risorse mentali che ci permettono di dedicarci in modo ottimale alle nostre attività. In passato abbiamo ampiamente parlato delle tecniche di PNL per modificare le nostre convinzioni e ti invito a rileggere i vecchi post per capire come fare.

Il quarto punto della mia checklist è rappresentato dalla strategia: per realizzare obiettivi anche piuttosto complessi ho bisogno di un preciso programma, organizzato in “step” e verifiche intermedie. Una strategia precisa, ma anche elastica; che mi permetta di capire in tempo se sto percorrendo la strada giusta per raggiungere la meta ed eventualmente di trovare strade alternative nel caso in cui nascessero ostacoli imprevisti. Il primo strumento per individuare una precisa strategia è porsi le giuste domande. Abbiamo dedicato un post intero al potere delle domande e ti invito a rileggerlo. Molte volte la definizione di una strategia passa per l’acquisizione di informazioni adeguate. Io non sottovaluto mai l’importanza di acquisire le giuste conoscenze prima di incamminarmi lungo il tragitto che mi avvicinerà alla meta. Tornando all’obiettivo di migliorare il mio stato di salute, se mi sono prefissato di raggiungere una certa capacità aerobica nell’arco di un mese, è inutile che un minuto dopo mi metta a correre in un parco pubblico senza un metodo e senza le giuste conoscenze in materia. Piuttosto che improvvisare, sarebbe meglio acquistare un libro che mi spieghi come ottenere quell’obiettivo nel modo corretto. Oppure potrei rivolgermi ad un trainer che abbia una sufficiente esperienza per consigliarmi un buon programma di allenamento. Una buona strategia passa sempre attraverso l’acquisizione di opportune informazioni. Altro punto importante è la capacità di saper delegare. Ci sono progetti che richiedono l’intervento di più persone e la capacità di assegnare dei compiti diventa fondamentale.
In molti casi diventa importante “farsi venire” delle idee. E’ il caso dei progetti professionali, quelli ad esempio che rispondono alla domanda “cosa posso inventarmi per fare più soldi?”. Oppure “Cosa posso inventarmi per risolvere questo problema?”. In questi casi è importante sollecitare la nostra creatività. Ci sono degli ottimi strumenti che ci aiutano a fare i cosiddetti brainstorming in modo efficiente. Uno di questi strumenti è rappresentato dalle mappe mentali di cui parleremo in un post futuro.

Quinto punto: i valori. Quest’ultimi sono delle convinzioni ancor più forti e rappresentano la nostra bussola, ciò che ci guida ad un livello superiore. Ogni volta che fisso un obiettivo e definisco una strategia per ottenerlo, verifico sempre che sia compatibile con i miei valori. Nei post più recenti abbiamo imparato ad individuare i nostri valori e a modificarli per limitare i conflitti. Ora dobbiamo verificare che gli obiettivi che ci siamo posti siano compatibili con la nostra lista di valori. Supponiamo che mi sia posto l’obiettivo di guadagnare di più e che abbia anche definito un’opportuna strategia per ottenerlo. Scorrendo la lista dei miei valori mi accorgo di aver dato un peso importante al valore dell’onestà e che nella mia strategia per "guadagnare di più" c’è una fase in cui devo raccontare delle menzogne ad alcuni potenziali clienti per riuscire a piazzare un determinato prodotto. In questo caso so già che potrei andare incontro ad un conflitto interiore e trovare forti difficoltà nel vincerlo. Allora devo cambiare strategia, crearne una che sia perfettamente compatibile con i miei valori.
Più di una volta mi è capitato di essermi dedicato per mesi ad un progetto e ad un certo punto di averlo riposto in un cassetto perchè ero incapace di andare avanti. Col senno di poi mi sono reso conto che da quel momento in poi avrei dovuto fare delle azioni che erano incompatibili con i miei valori e ciò mi creava frustrazioni. Ma è inutile spendere mesi del proprio tempo in un'attività per poi rendersi conto di essere incapaci di portarla avanti perché palesemente in conflitto con alcuni valori personali. Molto meglio fare una verifica a monte e creare i presupposti affinché nessun conflitto di valori debba mai verificarsi.

Bisogna poi passare alla fase più importante: l’azione. Posso fissare un obiettivo, desiderarlo ardentemente, avere le giuste convinzioni e le migliori strategie, ma se alla fine non agisco non otterrò mai niente. C’è un aforisma bellissimo che avrò letto su qualche libro e al quale sono molto legato. Dice: “al mondo ci sono solo due categorie di falliti: chi agisce senza pensare e chi pensa senza agire”.
Ma cosa crea i presupposti per agire in modo adeguato ed incisivo? E’ il nostro stato d’animo, come abbiamo più volte ripetuto. Ecco che in questa fase mi preoccupo di trovare le “giuste ricette” in grado di procurarmi lo stato d’animo opportuno che mi possa permettere di dedicarmi al mio obiettivo nel migliore dei modi. Abbiamo parlato di questo argomento nei post relativi alle motivazioni.

In ultima analisi mi preoccupo di fare una cosiddetta “verifica ecologica” accertandomi che la realizzazione del mio obiettivo non porti svantaggi di qualsiasi tipo a me o a terzi.

Solo quando tutti i punti della mia checklist sono soddisfatti, posso partire per il mio tragitto, sicuro di aver creato i presupporti migliori per avere successo.

sabato 21 novembre 2009

Obiettivi e stati d'animo

Qualche post fa abbiamo parlato di obiettivi. Abbiamo visto come sia importante avere degli obiettivi ben formati, ossia definiti in modo dettagliato, quantificabili e che abbiano una data di scadenza (cioè un termine ultimo entro il quale debbano essere realizzati).

Avere degli obiettivi è fondamentale: la necessità di crescere e di migliorarsi è insita nella natura umana e quindi il primo requisito per considerarci "vivi" è definire la direzione che ci porterà a migliorarci. Le persone che ad un certo punto della vita smettono di chiedersi in che modo possono migliorare e acquisiscono un atteggiamento mentale di staticità, si avviano inesorabilmente a spegnersi.

Ma abbiamo anche parlato di stati d’animo e di come quest’ultimi siano indipendenti dagli eventi esterni e completamente sotto il nostro controllo. Non è facile prendere il totale controllo delle nostre sensazioni: c’è bisogno di tempo e di un allenamento continuo, ma è possibile.
Abbiamo inoltre dimostrato come la qualità di ogni nostra azione dipenda dallo stato d’animo nel quale ci troviamo. Cambiando il nostro stato d’animo recuperiamo automaticamente le giuste risorse che ci consentono di perseguire in modo adeguato questo o quell’obiettivo.

A questo punto però è necessario fare un’importantissima precisazione: il bisogno di migliorarsi da parte di un individuo e il suo stato d’animo sono concetti indipendenti. Guai a collegare uno stato d’animo di piacere solo all’idea di raggiungere un obiettivo. Questo sarebbe l’errore più grande che potremmo fare.

Quante persone hanno l’obiettivo di migliorare la propria situazione finanziaria? Nella maggior parte dei casi hanno creato nella loro mente una serie di meccanismi per cui l’idea del piacere e della felicità è ancorata al momento in cui raggiungeranno l’obiettivo finanziario prefissato. Di conseguenza saranno disposte a fare attività stressanti, faticose e poco gratificanti pur di raggiungere quella meta. Questi individui ritengono che il raggiungimento di quell’obiettivo possa dar loro felicità e che, per raggiungere questa determinata condizione, debbano inevitabilmente percorrere un tragitto caratterizzato da sacrifici e sofferenza. Probabilmente queste persone rimarranno molto deluse quando raggiungeranno il loro obiettivo: lo stato d’animo negativo nel quale si sono immerse per lughi periodi, impedirà loro di godere appieno dei risultati raggiunti.

In realtà l’atteggiamento che dobbiamo avere nei confronti dei nostri obiettivi deve essere invertito: non è l’obiettivo in sè che deve darci piacere, ma dobbiamo provare gioia ed entusiasmo all’idea di percorrere un tragitto che ci avvicinerà gradualmente al nostro obiettivo. Non dobbiamo costringerci a sacrificarci per anni in attesa di un fantomatico momento di liberazione nel quale potremo dar libero sfogo alla nostra felicità. Ma dobbiamo godere di ogni singolo passo che ci permette di avvicinarci al nostro traguardo. E’ l’idea di avvicinarci sempre più alla meta che deve entusiasmarci, non la meta stessa.

Allora non commettiamo l’errore di collegare l’idea del piacere al momento in cui avremo raggiunto l’obiettivo, altrimenti potremmo ritrovarci in uno stato d’animo di perenne insofferenza. E ricorda che la qualità delle nostre azioni dipende dallo stato d’animo nel quale ci troviamo. E quando siamo immersi continuamente in uno stato d’animo che non ci è congeniale, agiamo in modo poco incisivo, anzi rischiamo di creare i presupposti per un autosabotaggio e quindi per il fallimento. E’ questo uno dei motivi per cui molte persone si prefiggono degli obiettivi e inevitabilmente falliscono. Pensano: "come sarebbe bello se avessi una casa tutta mia" oppure "come sarebbe bello se imparassi questa abilità". E nel momento in cui lo dicono già associano l’idea di piacere al momento preciso in cui avranno realizzato il loro obiettivo, senza preoccuparsi di studiare un percorso di avvicinamento alla meta che sia di per sè gratificante ed entusiasmante. Un altro caso tipico è quello delle persone che vogliono incrementare i propri guadagni e si ritrovano a svolgere attività che odiano. Magari lavorano 12 ore al giorno, si sottopongono a degli stress enormi. E tutto ciò in attesa che arrivi quel giorno in cui potranno dire: "ce l’ho fatta! ho raggiunto il mio obiettivo finanziario". Sarebbe una gioia effimera, che durerebbe poche ore: perché quelle persone avranno ancora in circolo le "scorie tossiche" di anni e anni di sacrifici e privazioni. Avrebbero educato la loro mente a sopportare grandi sacrifici, a fare le cose controvoglia, a soffrire in attesa della liberazione e questo atteggiamento acquisito impedirà loro di provare veramente piacere. E così quelle persone rimarranno deluse dal fatto che la meta che si erano prefissate non gli abbia dato il livello di soddisfazione che speravano (come se il piacere fosse insito nell’evento esterno e non fosse "programmato" dai noi stessi). Ed ecco che il circolo vizioso ricomincerà: "se ho raggiunto questa meta, ma non mi ha dato le soddisfazioni che mi aspettavo, allora vuol dire che non è sufficiente. Devo ottenere di più. Devo fare un ulteriore scatto di carriera o espandere la mia attività o devo migliorare questa mia abilità e così via...". E non fanno altro che ripetere all’infinito l’errore che hanno commesso fin dall’inizio: associare l’idea del piacere ad un evento futuro e sacrificarsi per cercare di ottenerlo. E quando lo raggiungeranno non saranno soddisfatti. Il circolo vizioso ricomincerà e le frustrazioni aumenteranno sempre di più.

Ora ci sono persone che ad un certo punto si stancano di sacrificarsi e di soffrire e allora abbandonano la gara. E’ piuttosto normale: il nostro cervello non si trova a suo agio in una condizione di stress permanente e prima o poi potrebbe creare i presupposti per "ritirarsi dalla corsa". E’ comunque una condizione che genera frustrazione, perché l’idea di non aver raggiunto degli obiettivi che ci si era prefissati genera sempre una certa sofferenza. Poi ci sono delle persone che hanno esercitato a tal punto la forza di volontà e lo spirito di sacrificio che vanno avanti a tutti i costi. Si sovraccaricano di stress e di sensazioni negative perché l’idea di dover raggiungere il "piacere" è troppo allettante. Ma come già spiegato queste persone non riusciranno mai a godere appieno dei risultati raggiunti, perché avendo educato per anni la propria mente in un certo modo, avranno perso completamente l’abitudine a "godersi il momento". E anche queste persone, tirando le somme, vivranno una condizione di perenne frustrazione, perchè si troveranno a rincorrere una "carota" che non raggiungeranno mai. Ma non perché sia irraggiungibile, ma perché loro stessi hanno deciso (più o meno incosapevolmente) di collocare l’idea del piacere all'ottenimento di qualcosa che non riusciranno mai a stringere tra le mani.

E allora qual è la soluzione? La soluzione sta in ciò che ho premesso in questo post. Il raggiungimento degli obiettivi è (e deve) essere indipendente dagli stati d’animo che proviamo. Per uscire da quel tremendo circolo vizioso dobbiamo prendere piena consapevolezza del fatto che siamo padroni dei nostri stati d’animo e per essere felici non abbiamo bisogno assolutamente di NIENTE. Possiamo decidere di essere felici adesso. Basterebbe un esercizio di 5 minuti per fare provare a qualsiasi persona una sensazione di estasi. Ho già speso fiumi di parole su come poter dirigere i nostri stati d’animo: in passato in questo blog abbiamo parlato di come cambiare le sensazioni governando i nostri pensieri, gestendo la postura del nostro corpo, applicando delle precise "ricette" che attivano determinati stati d’animo. Abbiamo tutti gli strumenti per metterci in uno stato di serenità a prescindere. E visto che la qualità delle nostre azioni dipende dallo stato d’animo nel quale ci troviamo, quando siamo sereni e gioiosi agiamo anche in modo molto più produttivo e gratificante e quindi ci avviciniamo ai nostri obiettivi più velocemente e con strumenti più incisivi.

L’obiezione che potresti rivolgermi è la seguente: "perché dovremmo porci degli obiettivi, se possiamo essere felici già adesso senza alcun pretesto?"
Sarebbe una giusta osservazione: ma dobbiamo comunque fare i conti con il nostro bisogno innato di progredire, di crescere e migliorarci. Certo possiamo (e dobbiamo) provare sensazioni piacevoli a prescindere dal raggiungimento dei nostri obiettivi. Dobbiamo (e possiamo) essere felici anche quando falliamo. Ma non possiamo rimanere in una condizione di immobilismo per lungo tempo: c’è qualcosa dentro di noi che ci spinge a perfezionarci e con la quale dobbiamo fare i conti. Ecco perché non possiamo prescindere dal porci degli obiettivi e dall’impegnarci per raggiungerli.

Ora però possiamo scegliere: o scegliamo di essere felici quando avremo raggiunto il nostro obiettivo oppure decidiamo di perseguire i nostri obiettivi felicemente.
Si tratta effettivamente di una scelta, cioè di qualcosa di cui noi possiamo decidere consapevolmente. Sono due approcci completamente diversi: possiamo ritenere di aver bisogno di quell’obiettivo per stare bene. Oppure possiamo stare bene a prescindere dal raggiungimento di quell’obiettivo, ma comunque impegnarci ad ottenerlo per stare meglio. Possiamo associare l’idea di felicità al momento in cui avremo raggiunto la nostra meta oppure essere felici per il fatto di perseguire una meta, cioè godere del tragitto che ci porterà ad avvicinarci sempre più al nostro obiettivo.
E quando percorri una strada e provi piacere già nel percorrerla (a prescindere da quanto sia lunga e da quanto tempo ci vorrà per arrivare alla fine) allora non corri il rischio di autosabotarti o di provare sensazioni negative. Perché è già il percorso di avvicinamento alla meta (e non la meta stessa) a procurarti piacere.

Tirando le somme, il discorso di cui sopra può riassumersi in due parole: abbiamo bisogno di obiettivi per poter soddisfare il nostro innato bisogno di crescita. Ma il piacere va associato al percorso che faremo per raggiungere l’obiettivo piuttosto che all’idea di raggiungere l’obiettivo stesso.

Ti ricordo che per qualsiasi chiarimento puoi lasciare un commento al post.

domenica 15 novembre 2009

La nuova scala di valori


Negli ultimi due post ti ho invitato ad elencare i tuoi valori positivi e negativi e a scrivere le condizioni che devono verificarsi affinché quei valori siano soddisfatti. Se hai svolto gli esercizi con impegno e attenzione, dovresti già esserti reso conto di quali sono le forze che ti guidano e di quali sono quelle che ti frenano.
Parti dal presuppoto che le condizinoi che hai scritto sul foglio dei valori positivi rappresentano le regole che comunicano al tuo cervello di provare sensazioni piacevoli. Quelle che hai associato ai valori negativi sono invece le regole che ti fanno provare dolore. Prendere consapevolezza di queste regole è il primo passo per imparare a correggerle, rendendole eventualmente più elastiche, meno rigide o più facilmente soddisfacibili.

Per prima cosa devi confrontare le condizioni che hai associato ad ogni valore in modo da verificare che siano compatibili tra di loro e non contradditorie. Immagina una persnoa che abbia, nella propria lista dei valori positivi, sia la carriera, sia l’amore. La carriera e l’amore non sono valori antitetici e potrebbero andare benissimo d’accordo. Ciò che potrebbe renderli incompatibili è l’insieme delle regole che quella persona associa a ciascuno dei due valori. Così se le condizioni per fare carriera sono “impegnarsi per 10 ore al giorno nella propria attività professionale” o “accettare tutti gli incarichi assegnati dal capo” e contemporaneamente per soddisfare il valore dell’amore è necessario “passare non meno di 2 ore al giorno con i propri figli, portandoli ogni tanto allo stadio, al cinema e dovunque loro desiderino andare”, evidentemente potrebbe diventare veramente difficile riuscire a soddisfare entrambi i valori. Un conflitto del genere potrebbe portare l’individuo a non essere mai pienamente soddisfatto di ciò che fa, perché mentre svolge un’attività pensa che dovrebbe anche occuparsi dell’altra e viceversa. La causa è da ricercare proprio in quelle due condizioni incompatibili alle quali l’individuo attribuisce più o meno la stessa importanza. E’ quindi opportuno che tu conduca un’analisi delle regole che hai associato ad ogni valore: tale analisi deve servire ad individuare le eventuali condizioni discordanti o poco compatibili tra di loro e ad avviare un primo processo di riformulazione delle condizioni finalizzato a renderle più elastiche e meno stringenti.

Un altro confronto altrettanto importante deve essere effettuato tra le condizioni associate ai valori positivi e quelle associate ai valori negativi. E’ qui che le contraddizioni emergono in modo ancora più evidente. Pensa ad una persona che abbia associato al valore positivo dell’amore la condizione di “voler condividere emozioni ed esperienze con persone interessanti e stimolanti” e contemporaneamente abbia indicato come valore negativo il “senso di inferiorità” che si concretizza come “timore di non sentirsi all’altezza degli altri o di non sentirsi adeguato a determinate situazioni sociali”. Come potrebbe quella persona soddisfare la sua necessità di stringere profondi rapporti interpersonali (che gli procurerebbero piacere) se al tempo stesso è ossessionato dall’idea di non essere all’altezza degli altri?

Scorri la lista delle condizioni dei valori positivi e negativi e cerca di capire quali sono quelle incompatibili tra di loro. Confronta le varie condizioni e chiediti: può coesistere la condizione X con quella Y? Segna tutte le condizioni che non vanno d’accordo in modo che successivamente tu possa procedere ad una riformulazione delle stesse.

Un’altra causa di frustrazione è rappresentata da tutte quelle condizioni che non dipendono da noi in prima persona, ma sono sotto il controllo degli altri. Ricorda sempre che le condizioni che hai associato ai tuoi valori positivi sono le tue personali regole per essere felice. Quando soddisfi queste regole ti senti bene, sei felice e provi sensazioni positive. Supponiamo che nella lista dei valori positivi tu abbia indicato l’amore e che una delle condizioni che devono verificarsi affinché tu provi questo stato emozionale sia “essere amato dal partner e dai tuoi familiari e ben voluto dagli amici”. Davvero credi che per te sia facile soddisfare il valore dell’Amore? Hai praticamente consegnato un tuo stato emozionale nelle mani degli altri: infatti “proverai amore” solo quando qualcun altro paleserà i sentimenti che prova per te e quando riceverai affetto da parte dei tuoi amici. Pensi di poter avere il controllo delle azioni e dei comportamenti degli altri? Ovviamente no! E cosa comporterà per te l’aver consegnato in mani altrui le condizioni per poter soddisfare un tuo valore e quindi per poter essere felice? Ovviamente ti comporterà frustrazione, perchè i tuoi stati d’animo non saranno più sotto il tuo controllo, ma dipenderanno esclusivamente da ciò che faranno gli altri. Se la maggior parte delle condizioni associate ai tuoi valori dipendono più o meno direttamente da comportamenti altrui, allora sei praticamente sulla strada per l’infelicità.

Altra causa di frustrazione sono tutte quelle condizioni che hanno carattere imperativo: sono quelle regole espresse nella forma “devo fare questo...” o “deve accadere questa cosa...” per provare un determinato stato d’animo. Immagina una persona che abbia dato un forte peso al valore della salute e che, per ritenere soddisfatto questo valore, abbia formulato le seguenti condizioni: “devo mangiare solo determinati alimenti, devo fare attività fisica una volta al giorno per almeno 60 minuti, devo rimanere nei limiti del peso forma e devo dormire almeno 8 ore al giorno”. Se ha condizioni così stringenti è probabilmente un individuo che si attiene scrupolosamente ai suoi principi. Ma proprio a causa di questi principi così categorici e imperativi potrebbe cadere facilmente nello sconforto se solo una di quelle condizioni non venisse soddisfatta. Così potrebbe sentirsi frustrato se per un solo giorno fosse impossibilitato a fare attività fisica o si lasciasse tentare da una fetta di torta al cioccolato. Regole rigide e con un carattere imperativo sono una comune causa di sofferenza e insoddisfazione: ciò perché lo stato di piacere dell’individuo è legato al soddisfacimento di tutte quelle condizioni simultaneamente. Si intuisce facilmente come basti un semplice imprevisto che porti a non attenersi ad una sola di quelle regole per far sprofondare quella persona in uno stato doloroso. Ricorda che la perfezione non esiste (ne abbiamo già parlato in un post passato) e cercare di perseguire la vita perfetta, caratterizzata cioè dall’attenersi in maniera scrupolosa e diligente ad una serie di regole rigide, è la strada maestra per l’infelicità. Segna tutte le condizioni imperative e poco elastiche che hai associato ai tuoi valori, perchè successivamente dovranno essere modificate.

A questo punto il quadro della tua situazione ti dovrebbe essere più chiaro: forse avrai intuito come la maggior parte delle condizioni che soddisfano i tuoi valori vadano modificate. Ma prima di farlo è necessario un primo lavoro di riorganizzazione della scala gerarchica dei tuoi valori. L’ordine in cui hai collocato i tuoi valori dirige le tue azioni e i tuoi pensieri. Ma quell’ordine non è stato stabilito consciamente, ma si è costituito nel tempo e quasi sempre in modo incoscio, senza che tu abbia potuto modificarlo consapevolmente.
Per capire l’importanza che riveste l’ordine in cui sono collocati i valori pensa a due persone che abbiano in testa alla scala di valori la sicurezza e l’orgoglio. Uno dei due però, pur avendo gli stessi valori, li ha invertiti. Supponiamo che questi due individui si trovino in un gruppo di persone in procinto di fare un’esperienza potenzialmente pericolosa (supponiamo che debbamo lanciarsi con il paracadute). Entrambe le persone provano una forte paura e sono indecise se partecipare all’esperienza. La persona che ha la sicurezza al primo posto potrebbe facilmente desistere: la cosa più importante per quella persona è sentirsi al sicuro e tenderà ad evitare un rischio inutile, anche se tutto il gruppo dovesse scegliere di lanciarsi con il paracadute. La seconda persona considera la sicurezza molto importante (infatti ha posizionato questo valore al secondo posto), ma deve anche fare i conti con l’orgoglio che è al primo posto della sua lista. Se vedesse tutto il gruppo lanciarsi con il paracadute, pur di non tradire il bisogno di amor proprio e di essere stimato dagli altri, quell’individuo riuscirebbe a superare le proprie paure e ad esporsi ad una situazione rischiosa (proprio perché l’orgoglio ha per lui un peso maggiore della sicurezza). Ti rendi conto quindi di come un semplice scambio di posto di due valori possa avere un effetto determinante sulle azioni di una persona.

Passiamo ora alla fase operativa: il nostro obiettivo è riscrivere una nuova scala di valori che sia perfettamente armonizzata, equilibrata, priva di conflitti e associata a regole elastiche, facilmente realizzabili e compatibili tra di loro. E’ un lavoro che potrebbe anche richiedere delle ore: dovrai farlo quando sarai certo di poter dedicare un po’ di tempo a te stesso senza correre il rischio di essere disturbato da fattori esterni.

Per prima cosa dovrai ridefinire la tua scala di valori. Ma per far ciò devi avere ben in mente chi vuoi essere, cosa vuoi diventare e dove sei diretto. Non parlo di obiettivi a breve termine, ma della mission personale. Affronteremo meglio quest’ultimo concetto in qualche post futuro, ma per il momento cerca di interrogarti e di capire realmente cosa vuoi realizzare, cosa vuoi essere, qual è l’immagine che vedi di te stesso tra un anno, cinque anni, dieci anni e venti anni. Come ti vedi? Cosa starai facendo da qui a cinque o dieci anni? Che capacità avrai assunto e che tipo di ambiente ti circonderà? Cerca di vivere mentalmente il tuo futuro, immagina di poter realizzare ogni tuo desiderio. Se segui il blog da qualche tempo, avrai sicuramente svolto l’esercizio di definizione dei tuoi obiettivi illustrato in un post del passato. Mi riferisco all’elenco di tutto ciò che ti piacerebbe realizzare nel corso della tua vita. Rileggi quell’elenco, chiediti come dovrai essere (e di conseguenza quali valori dovrai far tuoi) per raggiungere quegli obiettivi.
Prendendo spunto dalla tua attuale lista di valori, poniti le seguenti domande: l’attuale ordine dei miei valori mi consentirà di diventare ciò che voglio diventare? In quale ordine dovrei ricollocare i miei valori per procedere speditamente verso i miei obiettivi supremi? Cosa accadrebbe se spostassi questo valore più giù o quest’altro più su? Quali valori dovrei eliminare e quali altri potrei aggiungere per acquisire maggiore potere? Ho veramente bisogno di tenere questi valori in queste posizioni della mia scala dei valori?
In pratica devi creare una scala dei valori che sia il più possibile allineata con l’immagine che hai di te e di ciò che vuoi diventare negli anni futuri. Ad esempio potresti renderti conto che, se per te è importante il divertimento (magari inteso come desiderio di viaggiare o di dedicarti a tante attività nuove) e vuoi divertirti per altri cinquant’anni, allora è altrettanto importante far salire di livello il valore della salute: se continui a non curare la tua salute con delle pratiche quotidiane per il benessere, fino a quando potresti goderti la vita come desideri? Oppure che senso avrebbe perseguire il successo se poi dovrai trascurare la salute o l’amore (inteso anche come capacità di stringere rapporti con altre persone)? Magari ti ritroveresti tra vent’anni soddisfatto per i risultati ottentuti e con un conto in banca milionario, ma senza un partner, senza amici e per di più talmente stressato da correre il rischio di beccarti un infarto e di non goderti ciò che hai costruito con sacrificio. Poni pertanto la massima attenzione alla nuova scala di valori, pondera ogni valore valutando tutte le conseguenze che deriverebbero dal tenerlo in una posizione piuttosto che in un’altra. Contemporaneamente inizia a pensare alle condizioni da associare ad ogni valore, in modo da evitare di inserire valori che in qualche modo siano già contenuti in altri. Ad esempio se sai già che per te il successo equivale ad amare il tuo partner e la tua famiglia, a dedicarti ai tuoi hobby e ad avere determinate risorse economiche, allora già i due valori Amore e Passione (intendendo per passione la capacità di dedicarsi con impegno ai propri progetti e a perseguire gli obiettivi) potrebbero inglobare il valore del Successo. In questo caso sarebbe inutile includere questo valore, perché già soddisfacendo il valore dell’amore e dedicandoti con passione ai tuoi progetti otterresti automaticamente i risultati che ti farebbero sentire una persona di successo.

Terminato il lavoro su i valori positivi, devi passare a quelli negativi. Chiediti: per diventare ciò che desidero, quali sono gli stati emozionali dai quali mi devo assolutamente allontanare? Da quali stati d’animo devo rifuggire per ottenere ciò che desidero? Anche in questo caso dovrai stilare una classifica, mettendo al primo posto il valore che meno di tutti dovrai provare e collocando via via tutti gli altri.

A questo punto potrai passare alla definizione delle condizioni: potrai prendere spunto dalle condizioni già indicate nella vecchia lista di valori, ma questa volta dovrai fare molta attenzione. in primo luogo non dovrai indicare condizioni imperative e troppo stringenti. Introduci le condizioni nella forma “Ogni volta che faccio questo...” oppure “Ogni volta che si verifica questa cosa...” piuttosto che nella forma “devo fare questo...” oppure “deve verificarsi questa cosa...”. Intuirai che c’è una differenza abissale tra il valore dell’Amore inteso come “deve accadere che il mio partner mi dimostri il suo affetto” e il valore dell’Amore inteso come “ogni volta che il mio partner mi dimostra il suo affetto”...
Inoltre è opportuno svincolare le tue emozioni dal comportamento altrui. Non puoi avere il controllo delle azioni degli altri e pertanto sarebbe davvero da stupidi mettere in mani altrui la tua felicità. Quindi molto meglio amare “ogni volta che dispensi amore e affetto agli altri e ogni volta che ti incanti davanti al miracolo della Vita e della Natura” (inteso quindi come “amare nel dare agli altri”) piuttosto che interpretare l'amore come uno stato emozionale che devi esclusivamente "ricevere" da terzi.
Ovviamente i miei sono esempi indicativi: dovrai essere tu a definire le tue condizioni. L’enorme vantaggio sta nel fatto che adesso sarai tu a stabilire quando e come dovrai sentiri felice. E poichè sei tu a stabilire le nuove condizioni, tanto vale creare delle regole flessibili e facili da soddisfare in modo da essere felici il più spesso possibile... Per ogni valore definisci almeno 3 o 4 condizioni che possono essere soddisfatte, in modo da avere un maggior numero di alternative. Ripeto, esprimile sempre nella forma “ogni volta che... “ in modo che, se anche non dovesse verificarsi quella condizione, non ti “costringerai” a stare male. Inoltre avrai sempre delle alternative che ti faranno provare sensazioni piacevoli. Esprimendo le tue regole in questa nuova forma, non dovrai più soddisfare tutte le condizioni per provare emozioni positive, ma basterà che una sola condizione sia soddisfatta per provare piacere.


Per ultimo devi definire le condizioni associate a tuoi valori negativi. Per gli stessi motivi indicati poc’anzi (cioè per cercare di stare bene più tempo possibile e male il minor tempo possibile) introducile nella forma “Solo nel caso in cui si verificasse ripetutamente questa cosa....” o “Solo nel caso in cui io facessi ripetutamente quest’altra cosa...”, cercando il più possibile di creare delle situazioni difficili da realizzare. Ad esempio se vogliamo rifuggire dal sentimento di “inferiorità nei confronti degli altri”, una cosa è provarlo “quando in comitiva rimaniamo in silenzio o non partecipiamo attivamente” e un’altra cosa è provarlo “solo se ripetutamente dovessimo isolarci, evitando anche il minimo contatto con gli altri...”.
Lo scopo di questo lavoro e rendere i valori positivi facili da soddisfare e i negativi difficilissimi da provare.

Terminato questo lavoro dovrai cercare il più possibile di condizionare la tua mente affinché faccia suoi questi nuovi valori e le relative condizioni. Il primo modo per farlo è prendere consapevolezza della tua nuova lista di valori: leggila almeno due volte al giorno (appena sveglio e prima di andare a dormire) cercando di immaginare nel modo più vivido e grande possibile delle esperienze di vita in cui soddisfi i nuovi valori. Interrogati ogni sera su ciò che hai fatto durante la giornata e su come avresti dovuto comportarti se avessi già interiorizzato i tuoi nuovi valori. Porta sempre con te la lista in modo da rileggerla spesso, immaginando tutte le situazioni tipiche in cui soddisfi i nuovi valori e le nuove regole. Usa il potere dell’immaginazione e dell’anticipazione. Immagina il futuro che ti aspetta nel momento in cui avrai acquisito i tuoi nuovi valori. Ogni volta che ti sorprendi a vivere stati d’animo depotenzianti, chiediti se quella condizione è compatibile con i tuoi nuovi valori e cerca di fare qualcosa per reinterpretare ogni esperienza alla luce della nuove condizioni che hai scritto. Quando stai facendo qualcosa, chiediti se quella cosa non sia già sufficiente per soddisfare una delle tue condizioni e per provare lo stato emozionale ad essa associato. Usa quella lista come una bussola che deve guidarti nei giorni e nei mesi futuri, fin quando non l’avrai completametne interiorizzata.
Un sistema molto valido e rapido per l’acquisizione dei nuovi valori è attraverso l’autoipnosi: ma questo è un argomento troppo prematuro che affronteremo a tempo debito.


Ti ricordo che per qualsiasi chiarimento puoi lasciare un commento al post.

lunedì 9 novembre 2009

Le condizioni che soddisfano i nostri valori

Se hai svolto l’esercizio che ho esposto nel post precedente, dovresti aver stilato una tua personale lista di “valori positivi”: si tratta dell’elenco degli stati emozionali che più ti procurano piacere nel momento in cui li vivi. Ma ognuno di noi, oltre ad avere dei valori positivi di riferimento, ha anche dei valori negativi dai quali cerca di rifuggire: si tratta di stati emozionali dolorosi dai quali cerchiamo il più possibile di allontanarci.

La lista dei valori negativi è importante quanto quella dei valori positivi. Analizzando le due liste possiamo renderci conto facilmente di quali sono i valori che frenano le nostre azioni o che ci creano conflitti.

Si pensi ad esempio ad una persona che ha al primo posto della lista dei valori negativi la "paura di fallire". Cosa succederebbe se quella persona avesse il "successo" in testa alla lista dei valori positivi? Immagina una persona che associ al successo il massimo piacere possibile e contemporaneamente associ un dolore insopportabile all’idea di fallire... Evidentemente quell'individuo si troverebbe al centro di due forze opposte: da un parte la necessità di diventare una persona di successo potrebbe spingerlo ad avviare attività, ad investire o a tentare di percorrere delle strade piuttosto rischiose. D'altro canto la paura di fallire (e di provare conseguentemente un forte dolore) potrebbe rallentarlo o impedirgli di portare a termine le sue iniziative un attimo prima che possano dare dei frutti. Come vivrà quella persona? Indubbiamente vivrà in una condizione di frustrazione e di insoddisfazione, perennemente in lotta con due valori contrastanti che lo spingono ora in una direzione ora in un’altra.

Conflitti di questo tipo sono tutt’altro che rari: anzi la maggior parte delle persone vive una situazione di perenne conflitto tra valori positivi e negativi. Diventa quindi fondamentale individuare i propri valori negativi. Per farlo applichiamo lo stesso procedimento descritto nel post precedente ed utilizzato per individuare i valori positivi. Elencheremo pertanto tutte gli stati emozionali che ci procurano dolore e inizieremo a confrontarli a coppie. Da ogni confronto uscirà un “valore vincitore”, corrispondente in questo caso al valore che ci procura più dolore. Confronteremo questo valore con il successivo e così via fino ad individuare il primo valore della lista, cioè quello da cui cerchiamo il più possibile di rifuggire. Per ulteriori dettagli sul procedimento da utilizzare puoi far riferimento all'ultimo post.

Ecco di seguito una lista di valori negativi dalla quale puoi attingere per stilare la tua lista: paura del rifiuto, paura di fallire, paura del giudizio, dolore fisico, apatia, senso di colpa, senso di impotenza, insicurezza, rabbia, senso di inferiorità, preoccupazione, senso di inadeguatezza, umiliazione, imbarazzo, depressione, indecisione, arroganza, solitudine, frustrazione, gelosia, invidia, paura di soffrire, paura di perdere qualcosa o qualcuno, paura di offendere o di creare disagio a terzi...
Ce ne sono ovviamente tanti altri: cerca di interrogarti su quelle che sono le sensazioni dalle quali cerchi il più possibile di allontanarti e individua almeno i primi 5 valori negativi che ti fanno provare più dolore.

Ora confrontando la lista dei valori positivi con quella dei valori negativi dovresti avere un quadro più chiaro sulle cause che in passato ti hanno creato eventuali frustrazioni o conflitti.
Ma il lavoro non è ancora completo: infatti il “valore” in sè è una scatola vuota che va riempita con una serie di condizione che devono essere soddisfatte affinché la nostra mente possa vivere quel determinato stato emozionale. Ad esempio due persone potrebbero avere l’amore e il divertimento nei primi due posti della lista di valori positivi, ma interpretare la vita in modo completamente diverso. Infatti la prima persona potrebbe ritenere che l’amore si concretizzi nell’atto di dover dare agli altri incondizionatamente, mentre la seconda persona potrebbe vivere il sentimento dell’amore solo nel momento in cui riceve affetto e attenzioni dagli altri. Il primo potrebbe “divertirsi” conoscendo nuove persone o viaggiando in paesi lontani, mentre il secondo potrebbe “divertirsi” suonando il violino.

In poche parole le esperienze, la cultura, le nostre predisposizioni e l'educazione che abbiamo ricevuto hanno creato nella nostra mente delle condizioni relative ad ogni valore positivo e negativo. Quando le condizioni vengono soddisfatte proviamo lo stato emozionale (positivo e negativo) associato a quel valore.

Il lavoro da svolgere è il seguente. Parti dalla lista dei valori positivi e per ogni valore poniti la seguente domanda: “Quali condizioni si devono verificare affinchè questo valore venga soddisfatto? Cosa deve accadere affinché io provi questo stato emozionale?”. Non dilungarti troppo nella stesura delle tue condizioni: ne vanno bene anche 3 o 4 per ogni valore. Poniti la stessa domanda anche per tutti i valori negativi: in questo caso elencherai le condizioni che dovranno verificarsi affinché tu provi quello stato doloroso.

Con questo esercizio scendiamo ad un livello di maggior concretezza, perchè abbandoniamo la trattazione teorica al fine di individuare le condizioni pratiche che ci fanno stare bene o male. E’ pertanto un esercizio molto utile e importante.

Alla fine del procedimento dovrai ottenere una lista come quella che segue (che ovviamente è un semplice esempio).

Valori positivi

1) AMORE
Condizioni: Quando sto insieme al mio partner; quando non ci sono litigi nella mia famiglia; devo poi dare affetto e riceverne dai miei genitori e dai miei fratelli. Devo aiutare gli altri (amici, conoscenti, estranei) nei momento di difficoltà. Devo essere compreso e rincuorato nei miei momenti di tristezza. Devo fare beneficenza.

2) SALUTE
Condizioni: devo condurre una dieta prevalentemente vegetariana; devo fare attività fisica per 3 volte a settimana; non devo fumare o abusare con i superalcolici; devo evitare di provare rabbia o sentimenti negativi.

3) SERENITA’
Condizioni
: devo avere un buon lavoro; le cose in famiglia devono andare bene; quando non ho preoccupazioni relativamente allo stato di salute di Andrea...

[...]

E così via per tutti i valori positivi. Lo stesso lavoro va condotto per i valori negati. Avrai pertanto una lista dei valori negativi simili a quella seguente:

Valori negativi

1) PAURA DI SBAGLIARE
Condizioni: Quando qualcuno mi rimprovera o mi fa notare che ho sbagliato; quando mi accorgo che non ho ottenuto il risultato che volevo ottenere; se mi blocco prima di fare qualcosa perché mi rendo conto di non esserne in grado....

[...]

Nei prossimi post vedremo come interpretare le condizioni che hai scritto e come modificarle opportunamente in modo da renderle compatibili tra di loro e limitare al minimo i conflitti.

Ti ricordo che per qualsiasi chiarimento puoi lasciare un commento al post.

mercoledì 4 novembre 2009

I valori: la nostra bussola

Con il post di oggi introdurrò una serie di articoli che avranno per oggetto i nostri valori. I valori sono delle fortissime convinzioni che dirigono i nostri comportamenti, i nostri pensieri e ci indicano costantemente la direzione verso la quale procedere e dalla quale allontanarci: rappresentano, in altre parole, la nostra bussola.

Ognuno di noi ha una ben definita scala di valori. Il comportamento di una persona dipende dal tipo di valori a cui si attiene, ma soprattutto dall’importanza che quella persona attribuisce a certi valori piuttosto che ad altri. Fondamentalmente i popoli che condividono usi e costumi ed hanno una comune cultura di riferimento, posseggono un insieme di valori molto simile. Ciò che varia da persona a persona è la gerarchia in cui sono collocati tali valori, ossia il “peso” o l’importanza che ogni persona attribuisce ad un valore rispetto ad un altro.

In tema di valori è necessario fare una prima distinzione tra “valori mezzo” e “valori fine”. Ad esempio, se io ti chiedessi di elencarmi quattro valori per te importanti, potresti indicarmi la libertà, la sicurezza, la famiglia, il denaro. Di questi, i primi due sono “valori fine” perché rappresentano uno stato emozionale che intendi raggiungere, mentre gli ultimi due sono dei “valori mezzo”, in quanto rappresentano un tramite per raggiungere determiNati stati emozionali. Infatti se scendessi nei particolari e ti chiedessi: “cosa ti dà la famiglia?” probabilmente faresti un elenco di “valori fine” come l’affetto, l’amore, la serenità. E se ti chiedessi “cosa ti dà il denaro?” probabilmente mi risponderesti la sicurezza, la libertà e così via... In pratica il “valore mezzo” e solo uno strumento per raggiungere un “valore fine”.

Molte persone non conoscono la differenza tra “valori mezzo” e “valori fine” e spesso si trovano a rincorrere i primi procurandosi non poche frustrazioni. Infatti ciò che ci fa stare bene sono le emozioni positive che proviamo: nel momento in cui confondiamo un mezzo con un fine è veramente difficile vivere in una condizione di serenità ed armonia.

Ma a prescindere dalla confusione tra “valori mezzo” e “valori fine”, è importante che ognuno conosca l’ordine gerarchico in cui sono disposti i propri valori. Capita spesso che le persone diano importanza a valori che sono in conflitto tra loro. Si pensi ad esempio ad una persona che attribuisce lo stesso “peso” alla carriera e all’amore per la famiglia. Il primo valore potrebbe spingerlo a viaggiare spesso per lavoro o a passare intere giornate in ufficio. Tali comportamenti potrebbero portarlo a non soddisfare appieno il secondo valore, visto che probabilmente gli impedirebbero di dedicare sufficiente tempo alla famiglia. In una situazione del genere quella persona potrebbe vivere un perenne conflitto di valori. Un conflitto che, se non risolto, potrebbe generargli una frustrazione cronica e una certa insoddisfazione per la vita che conduce. A volte ci sono dei conflitti di valori così forti che le persone restano completamente bloccate, incapaci di agire o di prendere una decisione perché non in grado di valutare quale delle due direzioni potrebbe dar loro maggiori benefici.

I conflitti di valori nascono dal fatto che, fin dall’infanzia, incontriamo una serie di modelli di riferimento molto diversi tra loro: i due genitori, gli insegnanti, il gruppo dei pari (cioè gli amici), i media. Nella nostra mente si formano tanti riferimenti che non sempre vanno d’accordo tra loro. Si immagini un adolescente che viene bombardato quotidianamente dai media sull’importanza di diventare una persona di successo e facoltosa e che contestualmente va a fare catechismo in parrocchia dove un prete gli inculca il messaggio che “è più facile che un cammello passi nella cruna di un ago, piuttosto che un ricco entri nel Regno dei Cieli”. A prescindere da quale dei due messaggi sia da ritenere più giusto, sarebbero comunque due messaggi contrastanti che potrebbero dar vita ad un conflitto di valori.

Ma allora come possiamo risolvere un conflitti di valori? Bisogna necessariamente fare una scelta tra l’uno o l’altro valore? In realtà no, perchè quando si parla di valori si fa implicitamente riferimento ad una serie di condizioni che devono verificarsi affinché quel valore sia soddisfatto. Si può certamente risolvere un conflitto di valori spostando più in basso (o più in alto) un certo valore lungo la propria scala gerarchica (in modo che i due valori non abbiano più uguale importanza), ma lo si può risolvere anche cambiando le condizioni che indicano quando quel valore è soddisfatto.

In effetti quando sosteniamo che per noi il successo è un valore importante, stiamo implicitamente considerando ciò che si deve verificare affinché noi possiamo ritenerci una persona di successo. La parola “successo” è in sè una parola vuota. Assume significato solo nel momento in cui definiamo alcune condizioni pratiche che, se verificate, ci comunicano di aver raggiunto un condizione di successo. Ad esempio alcune condizioni associate al valore del successo potrebbero essere: “dirigere una grande azienda”, “avere un ruolo politico” o “conoscere tante persone importanti”. Tali condizioni sono ovviamente soggettive. Prendere consapevolezza di queste condizioni, valutarle ed analizzarle, è un primo passo per effettuare un’eventuale riformulazione delle condizioni sottese dai nostri valori. Questa riformulazione deve essere mirata a rendere le condizioni stesse il più possibile compatibili tra loro, in modo da ridurre al minimo l’insorgenza di conflitti. In soldoni impareremo a risolvere un conflitto di valori o attribuendo un peso minore ad un valore che crea conflitto o riformulando opportunamente le condizioni che devono verificarsi affinché i nostri valori siano soddisfatti.

Per il momento il primo passo è capire la propria gerarchia di valori. L’esercizio da fare è quindi scrivere su un foglio di carta l’elenco di tutti i valori ai quali ci appelliamo o che in qualche modo rappresentano per noi un punto di riferimento. Questo esercizio è davvero molto importante e può cambiare radicalmente la tua vita: ti consiglio pertanto di farlo senza indugi.

Dapprima scriverai tutti i valori in ordine casuale, così come ti verranno in mente. Ne uscirà una lista simile a quella seguente: amore, successo, rispetto, orgoglio, amicizia, equilibrio, salute, divertimento, conoscenza etc. etc..
A questo punto è importante definire un’opportuna gerarchia. Prenderemo il primo valore e lo confronteremo con il secondo e valuteremo quale dei due è per noi più importante. Ad esempio, prendendo in esame la lista indicata nel periodo precedente, confronteresti l’amore con il successo e ti chiederesti: “Per me, cosa è più importante, l’amore o il successo?”. Supponendo che “vincesse” il successo, passeresti poi a confrontarlo con il terzo valore e ti chiederesti: “Cosa è più importante, il successo o il rispetto?”. Supponendo che “vincesse” ancora il successo, passeresti a confrontarlo con l’orgoglio, prenderesti il valore vincente e lo confronteresti con il successivo e così via fino ad ottenere il primo valore della tua gerarchia.
Effettua il processo descritto ripetendolo per ogni singolo valore fino a creare una personale gerarchia di valori. Puoi fermarti quando hai ordinato dai 10 ai 15 valori.

Già da una prima analisi della tua scala di valori potresti renderti conto di eventuali conflitti. Ad esempio se trovi la sicurezza vicino al desiderio di avventura, o la salute vicino allo “sballo sfrenato” evidentemente potresti avere qualche difficoltà a capire la direzione maestra verso cui indirizzare la tua vita... Ad ogni modo l’individuazione dei conflitti sarà un argomento che affronteremo nei prossimi post.

Infine, per facilitarti l’esercizio, ti indico una serie di valori più comuni a cui attingere per stilare la tua personale gerarchia di valori: coraggio, amore, salute, felicità, intelligenza, sicurezza, divertimento, pragmaticità, apprendimento, potere, spiritualità, novità, sincerità, approvazione, indipendenza, ambizione, fiducia, bisogno di avventura, dignità, amicizia, passione, successo, flessibilità, generosità, onestà, rigore, coerenza, bisogno di contribuire, orgoglio, creatività, integrità, serenità, rispetto, libertà, equilibrio, tenacia, autostima, impegno, conoscenza, gratitudine, fedeltà.

venerdì 30 ottobre 2009

La perfezione: lo standard più basso


Uno dei limiti più grandi che ogni essere umano può frapporre tra e la propria realizzazione è l’idea di dover raggiungere la perfezione. La perfezione non esiste. Basta girarsi intorno, osservare il mondo, le persone e le cose che hanno realizzato per rendersi conto che la perfezione non esiste. Tutto potrebbe essere migliorato, non esiste qualcosa che è perfetto così com’è.

La “perfezione“ è un concetto vuoto, creato convenzionalmente dagli uomini e del quale spesso gli uomini si rendono schiavi. Quanti, nel momento in cui decidono di agire e di portare avanti una qualsiasi iniziativa, si ripropongono di farlo in modo perfetto? L’obiettivo a cui mirano è la perfezione e, quando si rendono conto di non averla raggiunta, cadono in depressione.

Sono tante le persone che decidono di dedicarsi ad un’attività progettando tutti gli aspetti nei minimi dettagli e creando nella propria mente lo scenario perfetto: indicano tutti i parametri che devono verificarsi affinché quell’attività venga considerata pienamente realizzata e quindi si rappresentano uno scenario di enorme successo, dove tutto dovrà filare liscio, dove tutti gli imprevisti dovranno essere risolti in breve tempo, dove non avranno bisogno di aiuti esterni, non avranno bisogno di scendere a compromessi con se stessi e con gli altri. Ma ad un certo punto si scontrano con la realtà; quella realtà che richiede di essere flessibili, elastici, di adattarsi alle mutevoli condizioni dell’ambiente e delle persone che lo vivono. E si rendono conto che quell’idea di macchina perfetta che avevano in mente non può realizzarsi. In molti casi ciò genera sconforto. L’esperienza reale viene vissuta come un fallimento. E invece di capire che l’errore sta nell’aver avuto come standard di riferimento l’idea (irrealizzabile) di perfezione, queste persone pensano di non essere adatte per quel genere di attività e magari rinunciano. E tutto questo soltanto perché un piccolo aspetto è andato diversamente da come lo avevano programmato e immaginato. Qualcosa non è andato liscio e allora, se le cose non vanno così come erano state preventivate, vuol dire che non si è portati per quel genere di attività, per cui è meglio rinunciare.

La “perfezione” è davvero il limite più stupido che possiamo auto-imporci. Si suole dire che la perfezione è lo standard di riferimento più basso che l’uomo possa avere, semplicemente perché è irraggiungibile: quindi cosa c'è di utile nel cercare di raggiungere qualcosa che, per definizione, non può essere raggiunta? E’ meramente inutile mirare ad agire in modo perfetto, ad ottenere risultati perfetti: puntare alla perfezione significa partire sconfitti in partenza, incamminarsi fin da subito lungo la strada della frustrazione e dell’insuccesso.

Fino a qualche anno fa ero caratterizzato da un’insoddisfazione cronica: non mi piaceva come vivevo, ciò che facevo, il modo in cui organizzavo la mia vita e mi rapportavo alle persone. E puntualmente almeno una volta al mese mi chiudevo nella mia stanzetta e scrivevo su un foglio di carta tutto ciò che volevo cambiare di me, tutto ciò che, a partire dal giorno dopo, avrei dovuto fare per considerarmi realizzato. Ciò che scrivevo sul mio foglio era ovviamente il ritratto del ragazzo perfetto. Scrivevo frasi del tipo: “da domani mi metterò a dieta, smetterò di fumare, farò attività fisica, dedicherò tante ore al giorno allo studio e così via...”. Quanto poteva durare il sacrificio di condurre una vita perfetta? Quattro, cinque giorni? Forse anche meno! Puntualmente già al terzo giorno sgarravo: qualcosa non andava nel modo in cui l’avevo programmata e ciò mi faceva sentire un fallito. Ma mi sentivo di aver fallito, non perchè avevo evitato tutte le attività che avevo pianificato, ma perché avevo eluso una (ed una sola!) di quelle attività! Bastava che rinunciassi per un giorno a fare sport o che riaccendessi una sigaretta per far saltare tutto il progetto. Il mio dialogo interno andava più o meno così: “ecco, anche questa volta ho saltato la palestra. Non ce la farò mai a cambiare, ad essere così come desidero essere”. Ovviamente ciò mi procurava una forte frustrazione, rinunciavo al mio progetto di cambiare e sprofondavo ancor di più nelle mie vecchie abitudini distruttive.

Il problema era tutto lì: l’aver posto come condizione di base che, nel momento in cui avessi deciso di cambiare, ciò doveva avvenire in modo perfetto. E’ sempre stata la perfezione lo standard a cui ho mirato ogni volta che ho deciso di fare qualcosa: è proprio questo il motivo per cui fino a qualche anno fa non sono riuscito a realizzare niente di ciò che desideravo e mi consideravo fallito e depresso.Ma la perfezione non esiste, è solo un concetto astratto creato dagli uomini, ed è pertanto irraggiungibile.

Cosa sarebbe accaduto se, invece di ripetermi di aver fallito perchè avevo riacceso una sigaretta, avessi detto a me stesso: “sarò anche caduto in tentazione, ma sono stato comunque tre giorni senza fumare e magari, se recupero un po di motivazioni, la prossima volta potrò evitare di fumare anche per 6 giorni. E anche se dovessi ricadere in tentazione, avrei comunque dimostrato a me stesso di poter resistere 6 giorni senza fumare e la prossima volta potrei fare anche di più”. Cosa sarebbe accaduto se mi fossi sforzato di cambiare la prospettiva, di cambiare punto di vista, cioè di cambiare il modo di interpretare gli eventi della mia vita? Non più “sono un fallito perché un solo particolare di ciò che avevo previsto è andato fuori posto”, ma al contrario “sto migliorando, perché 3 giorni fa facevo una vita peggiore. Ora invece, anche se non sto mettendo in pratica tutto ciò che mi sono proposto di fare, sto crescendo, cambiando, migliorando e questa è la cosa più importante”.

Ecco, lo standard che ti deve guidare non è l’idea di perfezione, ma quella di miglioramento. La cosa fondamentale è renderti conto che ciò che stai facendo oggi è un passo avanti rispetto a ciò che facevi ieri.L’idea della perfezione può esserti utile solo nel momento in cui riesci ad interpretarla come un obiettivo irraggiungibile, ma al quale hai il dovere di avvicinarti sempre di più. Ciò che deve spingerti non è il “diventare perfetto” o l’”agire in modo perfetto”, ma l’idea di avvicinarti sempre di più a quell’idea di perfezione attraverso un miglioramento lento e continuo. Vivi con la consapevolezza che non raggiungerai mai la perfezione, ma con lo stimolo ad avvicinarti sempre di più ad essa.

venerdì 23 ottobre 2009

Il quadrato dello splendore

Oggi presenterò una tecnica che consente di associare delle sensazioni positive a delle esperienze che normalmente ci fanno provare sensazioni spiacevoli. Ad esempio potresti usare questa tecnica per vincere la paura di parlare in pubblico o per provare un senso di tranquillità e rilassatezza nelle situazioni che normalmente ti mettono agitazione.

Supponiamo di dover fare qualcosa che ci procura paura (parlare in pubblico, fare un esame etc..). Come ben sai la paura non è qualcosa di tangibile e materiale, ma è soltanto uno stato mentale. La paura, come qualsiasi altra emozione, è una sensazione prodotta dal nostro cervello e pertanto risiede dentro di noi, non all’esterno della nostra persona. La paura non risiede nello stimolo esterno che ci fa paura, ma nella nostra mente. Infatti non è mai l’evento esterno in sè (ad esempio “il parlare in pubblico”) a farci provare paura, ma è il modo in cui noi interpretiamo quell’evento (cioè il significato che noi gli attribuiamo): accade che la nostra mente applica dei filtri ad ogni stimolo esterno e questi filtri attivano determinate sensazioni che possono essere più o meno piacevoli. Ma noi abbiamo il potere di cambiare i filtri attraverso i quali interpretiamo le nostre esperienze, in modo da associare a quest’ultime stati d’animo potenzianti e non più debilitanti. E’ ciò che cercheremo di fare con la cosiddetta tecnica del “quadrato dello splendore”.

Supponiamo di dover sostenere un esame e di provare una forte sensazione di disagio (ad esempio paura, preoccupazione o ansia). Ciò che faremo è: prendere la nostra rappresentazione interna che ci procura disagio, disassociarla da questa sensazione negativa e ancorarla ad una nuova sensazione potenziante (ad esempio potremmo associarla ad una sensazione di rilassatezza e di sicurezza nelle nostre capacità).

La prima cosa da fare è scegliere i 2 o 3 stati d’animo potenzianti che vogliamo provare quando vivremo quell’esperienza, al posto della sensazione di disagio. Supponiamo di scegliere la sicurezza, la rilassatezza e anche l’allegria (affrontare qualsiasi esperienza con un pizzico di allegria dà sempre dei vantaggi).
Ora attribuiamo ai 3 stati d’animo un colore diverso. Per comodità io assocerò il blu alla sicurezza, il bianco alla rilassatezza e l’arancione all’allegria, ma tu potrai scegliere i colori che più gradisci.
La prima parte dell’esercizio consiste nell’ancorare i tre stati d’animo potenzianti ai tre colori scelti. Operiamo nel modo seguente. Partiamo dalla sicurezza.

  • Mettiti in piedi, chiudi gli occhi e immagina che a un metro davanti a te si formi un quadrato i cui lati risplendono di blu (il colore che abbiamo associato alla sicurezza). Ora immagina di vedere la tua persona all’interno del quadrato che si sente molto sicura di sè. Quando viviamo delle esperienze in cui ci sentiamo sicuri delle nostre capacità, acquisiamo una postura e facciamo dei movimenti con il corpo compatibili con questo stato d’animo. Immagina pertanto che la tua figura all’interno del quadrato acquisisca la giusta postura e faccia i movimenti che tu associ alla stato d’animo di sicurezza. Non dimenticare anche di immaginare i lati del quadrato che risplendono di un blu lucente.
  • A questo punto fai un passo avanti ed immagina di entrare nel quadrato e di fonderti con la tua contro-figura che già era all’interno. Quest’operazione dovrebbe farti provare un improvviso senso di sicurezza. Ora immagina che i lati del quadrato risplendano ancora di blu e contemporaneamente immagina che dal pavimento esca un fumo blu che a poco alla volta sale verso l’alto. Immagina che questo fumo blu diventi sempre più denso, e quanto più si fa denso tanto più aumenta il tuo senso di sicurezza. Nel frattempo immagina di vivere in prima persona un’esperienza in cui ti senti sicuro: ad esempio potresti rivivere mentalmente una tipica situazione lavorativa nella quali ostenti sicurezza, oppure potresti immaginare di essere in mezzo agli amici (situazione in cui verosimilmente ti senti sicuro di te e della tua personalità). Cerca di rivivere quell’esperienza con molta intensità, riproducendo mentalmente delle immagini grandi, vivide, colorate e intense. Fai in modo che la sensazione di sicurezza invada completamente il tuo corpo. Mentre immagini di vivere un’esperienza che ti dà delle forti sensazioni di sicurezza, cerca di simulare dei gesti con il corpo e di acquisire le posture che normalmente avresti in quella situazione (ad esempio la postura associata alla sicurezza è caratterizzata dal petto in fuori, spalle drite, mento alto etc..). Ciò aiuterà il tuo corpo a rievocare lo stato d’animo di sicurezza. Tutto questo processo deve essere compiuto ponendo sempre attenzione ai lati blu del quadrato e al fumo blu che esce dal pavimento e che a poco a poco diventa sempre più denso e avvolge completamente il nostro corpo.
  • Dopo 3 o 4 minuti puoi riaprire gli occhi, fare un passo indietro uscendo dal quadrato e distrarti per una trentina di secondi. In pratica questa procedura ci ha permesso di rievocare lo stato d’animo della sicurezza (attraverso l’immaginazione e le posture del nostro corpo) e di ancorarlo al colore blu. Dobbiamo ripetere lo stesso processo anche per gli altri due stati d’animo.
  • Immagina quindi che davanti a te si riformi il quadrato, ma questa volta con i lati di colore bianco. Vedi la tua controfigura all’interno del quadrato che prova sensazioni di rilassatezza. Cerca di rievocare questo stato d’animo così come hai fatto per lo stato d’animo della sicurezza. Poi entra nel quadrato, ricongiungiti con la tua figura, inizia e pensare ad esperienze passate nelle quali ti sentivi tranquillo e rilassato, acquisisci la giusta postura e fai dei movimenti compatibili con questo stato d’animo. Contestualmente devi immaginare che dal pavimento esca un fumo bianco e che tale fumo diventi sempre più denso e abbondante al punto da avvolgere completamente il tuo corpo.
  • Terminato il processo distraiti e poi ripetilo per ancorare lo stato d’animo dell’allegria al colore arancione.
  • L’ultima parte dell’esercizio ci permetterà di ancorare all’esperienza che ci genera disagio (sostenere l’esame) i tre stati d’animo di sicurezza, rilassatezza e allegria in modo tale che vivere (o pensare di vivere) quell’esperienza ci faccia provare automaticamente queste sensazioni potenzianti.
  • Ecco come operare: immagina che il tuo quadrato si riformi davanti a te. Questa volta immagina i 3 lati del quadrato di 3 colori diversi (bianco, blu e arancione). Ora fai un passo avanti e entra nel tuo quadrato. Immagina di vivere l’esperienza che ti procura disagio (nel nostro esempio bisognerà immaginare di sostenere l’esame) e contemporaneamente immagina che dal pavimento escano dei fumi di colore blu, bianco e arancione. Man mano che esce il fumo blu aumenta la tua sicurezza. Quando esce il fumo bianco aumenta il tuo senso di rilassatezza e quando esce il fumo arancione sei invaso da una sensazione di allegria. La sensazione finale che devi provare è un mix tra i tre stati d’animo. Man mano che i fumi diventano più densi, le tue sensazioni diventano sempre più piacevoli. Continua ad immaginare di vivere l’esperienza che ti procurava disagio e fallo facendo scorrere nella tua mente una sorta di film di quella esperienza caratterizzato da immagini grandi, vivide e colorate. E mentre immagini e simuli gesti e posture con il tuo corpo, poni attenzione ai fumi bianco, blu e arancione che escono dal pavimento e avvolgono il tuo corpo. Questi fumi colorati ti fanno provare delle sensazioni piacevoli che il tuo cervello associa all’esperienza che sta immaginando. Noterai come la tua esperienza non ti procuri più sensazioni di disagio, perché i fumi colorati presenti all’interno del tuo quadrato ti fanno provare solo sensazioni di sicurezza, rilassatezza e allegria. A poco alla volta l’esperienza che prima ti procurava disagio viene ancorata a questi nuovi stati d’animo potenzianti e diventa piacevole da essere immaginata e vissuta. Continua questo esercizio per qualche minuto. Poi come fatto in precedenza, fai un passo indietro uscendo dal quadrato e distraiti.

Terminato l’esercizio, puoi provare a ripensare a quell’esperienza che ti procurava disagio. Se l’esercizio è stato effettuato correttamente, non dovresi provare più disagio ma sensazioni di sicurezza, rilassatezza e allegria. Puoi ripetere l’esercizio per più giorni per rafforzare l’ancoraggio delle nuove sensazioni alla tua esperienza. Ottimi risultati si possono avere combinando la "tecnica del cinema" presentata nel post del 22 giugno 2009, con la tecnica del "quadrato dello splendore". Io di solito applico prima la tenica del cinema per disassociare sensazioni spiacevoli da un’esperienza e poi applico la tecnica del quadrato per ancorare sensazioni positive.