mercoledì 13 maggio 2009

Rappresentazioni interne

Per capire come cambiare un comportamento o come superare un limite o una paura che ci blocca è di fondamentale importanza prendere consapevolezza di come rappresentiamo internamente le nostre esperienze. Ad esempio, cosa succede nel nostro cervello quando proviamo paura? E cosa accade dentro di noi quando ci sentiamo sicuri di noi stessi?

Iniziamo a prendere consapevolezza del fatto che noi non conosciamo il mondo in maniera oggettiva, ma possediamo solo una “mappa” soggettiva di tutto ciò che ci circonda. In PNL (programmazione neurolinguistica) si dice che “la mappa non è il territorio”: ciò vuol dire che noi possediamo solo una rappresentazione semplificata del “territorio” che ci circonda. In effetti i nostri cinque sensi filtrano le informazioni provenienti dall’esterno e il nostro cervello le organizza e le interpreta in base a dei modelli che sono differenti da persona a persona. Ognuno di noi ha una mappa diversa dello stesso territorio.

Un bicchiere di vino non è oggettivamente buono o cattivo: è buono per un sommelier, mentre può essere ritenuto cattivo da un astemio. “Parlare in pubblico” non è oggettivamente un’esperienza ansiogena: per chi ama stare al centro dell’attenzione e sentirsi importante è, al contrario, un’esperienza piacevole.
Sembrano concetti banali e invece sono di fondamentale importanza per capire come cambiare il nostro rapporto nei confronti di qualsiasi cosa che ci fa star male, che non ci aggrada o che ci limita. Erroneamente siamo portati a ritenere che lo stato d’animo connesso ad uno stimolo esterno (come ad esempio il “parlare in pubblico”) sia intrinseco allo stimolo stesso. Quindi siamo convinti che “parlare in pubblico” sia un’esperienza “portatrice di ansia” per tutti e indistintamente. In altre parole siamo inconsciamente portati ad associare lo stato d’animo allo stimolo: è come se “parlare in pubblico” portasse con sé lo stato d’ansia. In realtà siamo noi stessi che associamo a quello stimolo uno stato d’ansia: quindi sarebbe più corretto dire che “siamo noi a rappresentare l’esperienza di parlare in pubblico come un’esperienza ansiogena” e non che “il parlare in pubblico è di per sè ansiogeno”.

Ora è importante capire il modo con cui organizziamo le informazioni all’interno del nostro cervello, il modo in cui rappresentiamo ogni informazione proveniente dall’esterno. Capire ciò ci permetterà di agire su tali informazioni e modificarle al fine di “riscrivere” comportamenti che riteniamo cattivi o di installare “programmi” più utili.

Ad un’analisi superficiale possiamo affermare che ogni informazione contenuta nel nostro cervello può essere rappresentata da immagini, da suoni o da sensazioni che hanno determinate caratteristiche o proprietà.

Prova ad esempio a pensare a qualcosa che ti fa paura. Cosa si forma nel tuo cervello? Immagini fisse o in movimento? Ascolti una voce interna che ti dice qualcosa? Riprovi delle sensazioni vissute in passato quando hai provato realmente quella esperienza? Rivedi mentalmente una serie di scene (come se fosse un film) di un’esperienza vissuta e ciò ti riporta in quello stato d’animo? Ora cerca di concentrarti sulle caratteristiche di quelle immagini, di quei suoni o di quelle sensazioni: vedi immagini vivide o sfocate? Vedi te stesso in modalità associata (cioè come se vivessi in prima persona l’esperienza) o in modalità dissociata (come se tu rivedessi dall’esterno la tua persona mentre rivive quell’esperienza)? Le immagini sono grandi o piccole? I suoni che ascolti sono forti o deboli, lontani o vicini? E da quale direzione provengono? Le sensazioni sono intense?

Ogni nostro comportamento, ogni nostra convinzione in merito a qualsiasi cosa che ci circonda, ogni nostro limite, ogni nostro valore, ogni cosa che noi facciamo, temiamo, amiamo, odiamo, desideriamo, stimiamo e così via... è rappresentata nel nostro cervello mediante immagini, suoni o sensazioni. Ogni immagine, suono o sensazione ha poi determinate proprietà (in PNL vengono chiamate submodalità). Abbiamo già elencato alcune fondamentali submodalità: dimensione, posizione, volume, intensità etc…Questo è il linguaggio con cui è scritto ogni nostro programma. Per modificarlo dobbiamo dapprima capire quali sono le rappresentazioni e le relative submodalità che lo contraddistinguono. Intervenendo su quest’ultime saremo in grado di riscrivere i nostri programmi.

Nel prossimo post faremo dei primi esercizi che metteranno in evidenza l’enorme potenzialità di queste tecniche.

1 commento:

giovanna ha detto...

Interessante la PNL studio con passione.