sabato 3 ottobre 2009

Gli shortcut della nostra mente

In questo post farò ulteriori precisazioni sull’argomento introdotto nell’ultimo articolo. Ti ho parlato di precise sequenze di stimoli (che ho chiamato “ricette”) che generano uno stato d’animo e ti ho spiegato che, ogni volta che ripetiamo queste ricette, riusciamo ad indurci automaticamente quel determinato stato d’animo. In particolare ho fatto riferimento a delle precise strategie per indurci una forte motivazione che ci consenta quindi di dedicarci con costanza e metodo ai nostri obiettivi.

Ma se ricordi bene, in uno degli ultimi post, avevo parlato di una strategia motivazionale incentrata sull’analisi razionale degli aspetti negativi connessi al “non agire” e degli aspetti positivi legati all’azione. In pratica avevo spiegato come ogni volta che siamo motivati (e quindi ogni volta che agiamo) si verifica nel nostro cervello un processo che consente di associare dolore al nostro “stato di immobilismo” e piacere all’idea di agire per raggiungere la meta.
Nell’ultimo post invece ti ho chiesto di individuare una precisa ricetta che ti consenta di recuperare quasi istantaneamente lo stato d’animo di motivazione senza riflettere approfonditamente sul dolore connesso al “non agire“ e sul piacere dell’azione. Allora sto parlando di due processi diversi o alternativi? No, sto parlando della stessa cosa: sto sviluppando lo stesso concetto, ma lo sto affrontando da due prospettive diverse in modo da renderlo più comprensibile.

Cerco di fare un po’ di ordine. Ormai è chiaro che agiamo nel momento in cui il dolore per la situazione contingente supera il limite di sopportazione e (alternativamente o contestualmente) il piacere per la condizione futura diventa particolarmente allettante. Ma quando ci sottoponiamo ad una sequenza di stimoli esterni ed interni che ci spingono ad agire, stiamo praticamente applicando lo stesso processo: aumentiamo volutamente il dolore per la condizione contingente e/o aumentiamo il piacere per la condizione potenziale. Chiariamo il tutto con l'immancabile esempio.

Nel post precedente ho descritto il caso di una persona che, una bella mattina, decide di mettersi a dieta. In quell’esempio ho elencato una serie di stimoli che avevano creato una forte motivazione in quella persona: guardasi allo specchio, girarsi di profilo facendo aumentare il proprio disappunto, immaginarsi affannato mentre sale le scale e infine esclamare mentalmente una determinata frase. Questo processo, a pensarci bene, non è altro che una sequenza di stimoli che ha generato dolore per la condizione nella quale quella persona si trova. Infatti nel momento in cui quella persona si guarda allo specchio e prova disappunto, non sta facendo altro che provare dolore per il suo aspetto fisico. Quando si immagina affaticato per le scale, non fa altro che provare dolore per quella che sarà la sua condizione futura qualora dovesse continuare ad ingrassare. Invece di un’analisi a tavolino di tutti gli aspetti negativi connessi alla condizione contingente, sono stati sufficienti due o tre stimoli mirati per raggiungere quella determinata soglia di dolore che ha fatto “scattare” lo stato d’animo di motivazione. Quindi, quando parlo di individuare una ricetta che ti consenta di guadagnare rapidamente uno stato di motivazione, ti sto solo suggerendo di individuare una sequenza di stimoli che ti permetta in modo più veloce e pratico di associare dolore alla tua condizione contingente e piacere alla condizione che raggiungerai una volta che avrai portato a compimento il tuo obiettivo.

Allora quale sistema utilizzare per ottenere una forte motivazione che ci spinga a perseguire fino in fondo i nostri obiettivi? E’ evidente come il processo analitico che ti ho invitato a fare nel post del 15 settembre sia molto potente. Infatti, se hai eseguito correttamente l’esercizio, avrai scritto su un foglio tutti gli aspetti dolorosi che comporterebbe il rimanere ancorato alla tua situazione contingente. Ti ho chiesto di elencare le conseguenze negative che il permanere in uno stato di inattività avrebbe avuto sulla tua autostima, sugli aspetti fisici, emotivi e spirituali. Contestualmente ti ho chiesto di descrivere tutto il piacere che deriverebbe dal raggiungere gli obiettivi: hai scritto tutte le conseguenze positive che otterrai dal punto di vista materiale e spirituale, hai descritto il senso di gioia e di soddisfazione che ne conseguirà, hai toccato con mano il piacere di sentirti realizzato e le conseguenze positive che tale realizzazione avrebbero su di te e sulle persone a te vicine. Intuisci quindi come svolgendo correttamente questo esercizio (intendendo con ciò soprattutto la capacità di immedesimarti in ciò che hai descritto, cioè di provare veramente quel dolore e quel piacere) puoi davvero generare in te un forte stato di motivazione.
Ma al tempo stesso mi rendo conto che, una volta che quella motivazione va smorzandosi con il tempo, non è facile decidere arbitrariamente di riprendere in mano il foglio che contiene quella serie di osservazioni e rileggerlo con partecipazione, immaginando tutto il dolore di rimanere inattivi e tutto il piacere connesso al raggiungimento degli obiettivi. Perché, come spiegato ampiamente nell’ultimo post, ogni nostra azione dipende dallo stato d’animo nel quale ci troviamo. E allora se stai guardando un film in TV e ti trovi in uno stato d’animo di apatia, come potresti mai immaginare di trovare la forza di andare a recuperare il foglio dell’"esercizio dolore/piacere" e rileggerlo cercando di generare in te lo stato d’animo di motivazione? Evidentemente lo stato di apatia nel quale ti trovi avrà il sopravvento e dirigerà le tue azioni in modo diverso. Che tu ti senta apatico, stanco o insoddisfatto, non troverai mai la forza di alzarti, metterti alla scrivania e rileggere il foglio in cui ha elencato tutto il dolore che deriverà dal continuare a rimanere inattivo. Ecco quindi che, per recuperare istantaneamente la motivazione, hai bisogno di una strategia più veloce: hai bisogno di individuare quella giusta sequenza di stimoli interni ed esterni che ti inducono motivazione. In questo caso diventa utilissimo individuare ed applicare quelle famose ricette rapide di cui ho parlato nell’ultimo post. E sono tanto più efficaci, quanto più queste ricette sono basate su stimoli interni (cioè su sequenze precise di pensieri). E questo perché ognuno di noi non può smettere di pensare, in qualsiasi stato d’animo nel quale si trova: la nostra mente è sempre attraversata da pensieri, sia che siamo depressi, sia che siamo euforici. La differenza sta nel tipo di pensieri, nel senso che chi è depresso vede più frequentemente nella sua mente delle immagini che gli causano dolore e chi è gioioso pensa a qualcosa che gli dà piacere. Ma sempre di pensieri si tratta, cioè di immagini, suoni e sensazioni che si costruiscono all’interno della nostra mente. E poiché siamo noi a gestire la nostra mente (e non viceversa) abbiamo sempre il potere di dirigere questi pensieri nel modo a noi più conveniente. Allora anche se ci troviamo in uno stato d’animo di apatia, non ci costa davvero nulla iniziare a pensare ad altro.

Così quella persona che voleva dimagrire può volutamente immaginarsi affaticata per le scale oppure di fronte ad uno specchio mentre prova disappunto. Perché sa già che questa sequenza di immagini ha già funzionato una volta. E quanto più ripeterà in modo preciso quella sequenza di pensieri che ha già dato dei risultati, tanto più noterà magicamente un cambiamento repentino di stato d’animo: ed ecco che la motivazione inizierà a scorrere nel suo organismo. E dopo un po’ non potrà fare a meno di chiedersi: “ma cosa diavolo ci faccio ancora davanti alla TV?”. E non saprà resistere alla tentazione di spegnere il televisore e magari andare a fare trenta minuti di corsa nel parco, in modo da perseguire il suo obiettivo originario di dimagrire.

Se poi una volta che hai messo in moto il meccanismo che attiva la “motivazione” ti concedi anche cinque minuti per rileggere il tuo esercizio del dolore/piacere già svolto in passato, allora davvero non ci sarà nulla che possa impedirti di dedicarti al tuo progetto.

Ma perché questo processo funziona? Perché il nostro cervello tende sempre a semplificare. Se il cervello dovesse, ogni volta che è sottoposto ad uno stimolo esterno, effettuare una valutazione minuziosa di quello stimolo per decidere come “reagire”, spenderebbe tantissime risorse. E’ facile intuire come la nostra vita diventerebbe invivibile se, anche per un’azione stupida come alzarsi per fare una telefonata, il nostro cervello dovesse applicare un processo analitico complesso per valutare quali sono gl svantaggi connessi al non agire e i vantaggi connessi all’agire. Negli anni abbiamo quindi creato una sorta di “scorciatoie”, cioè strumenti che permettono al nostro cervello di fare delle valutazioni istantanee. Chi mastica un po’ di informatica sa cosa si intende con il termine “shortcut”: sono delle combinazioni di tasti che, se applicate, ci permettono di fare delle operazioni complesse. Ad esempio per fare il “copia e incolla” di un testo da un’applicazione puoi premere Ctrl-C invece di effettuare un’operazione più laboriosa accedendo a vari menu con il mouse. Così anche il nostro cervello ha degli shortcut, ossia delle combinazioni di segnali che attivano rapidamente uno stato d’animo. Ciò serve al nostro cervello per reagire rapidamente ad ogni contesto, senza perdere tempo in complesse elaborazioni delle informazioni che riceve. Questi shortcut sono quindi dei sistemi utilizzati dal nostro cervello per semplificarsi la vita. Allora perché non utilizzarli a nostro vantaggio? Molte persone ignorano quali siano i propri shortcut (cioè quelle famose ricette che attivano determinati stati d’animo), ma sarebbe davvero utile scoprirne quanti più possibile, in modo da richiamare in ogni istante lo stato d’animo più utile per il tipo di situazione che ci troviamo ad affrontare.

Faccio un ultimo esempio: ti è mai capitato di innervosirti quando ascolti qualcuno che parla con un certo tono di voce, anche se non si rivolge direttamente a te? Penso proprio di si. Probabilmente in passato, hai provato stress mentre interagivi con una persona che si rivolgeva a te con quel determinato tono di voce. Ora il tuo cervello appena sente una persona, anche estranea, che parla con quel tono di voce automaticamente genera quello stato d’animo di nervosismo. Immagina di stare in fila alle poste ed un signore dietro di te si rivolge ad un altro con tono insolente e impertinente. Non avresti alcun bisogno di innervosirti, perché il tuo cervello potrebbe valutare che quel segnale non è diretto a te o che forse quella persona potrebbe avere i suoi buoni motivi per parlare in quel modo. Eppure faresti di tutto per zittire quella voce. Perché? Perché se il cervello facesse continuamente elaborazioni di questo tipo spenderebbe troppe risorse, per cui preferisce attivare immediatamente lo stato d’animo che ritiene consono a quel segnale che sta ricevendo, anche se non è indicato per quella situazione. Così appena ascolti quella voce con quel particolare tono insolente, automaticamente ti innervosisci... E’ appunto uno shortcut, una scorciatoia del tuo cervello.

Allora la domanda è questa: perché non utilizzare questa caratteristica della mente a nostro vantaggio? La maggior parte degli shortcut sono composti da pochi segnali. Puoi scoprire ad esempio che per trovare le giuste motivazioni per dedicarti ad un progetto può essere sufficiente visualizzare mentalmente due o tre immagini. Allora appena applichi la giusta sequenza... il gioco è fatto. Oppure potrebbe bastarti ascoltare un suono, una musica o fare un piccolo gesto come mettersi di profilo davanti allo specchio…
Scopri il modo per entrare e uscire rapidamente da ogni stato d’animo e troverai il modo per gestire le tue azioni.

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