martedì 13 ottobre 2009

Interrompere i moduli che ci procurano stati d'animo negativi

Negli ultimi post abbiamo parlato di strategie per riprodurre stati d’animo potenzianti. Abbiamo visto come ognuno di noi disponga di una ricetta per provare motivazione, gioia, amore, gratitudine etc... Nello specifico l’obiettivo degli ultimi post è stato individuare le sequenze di stimoli che ci consentono di riprodurre la "motivazione", cioè lo stato d’animo che ci spinge ad agire. Ma come esistono delle ricette che ci permettono di provare stati d’animo potenzianti, così esistono sequenze particolari di stimoli che ci fanno provare stati d’animo depotenzianti, dolorosi o comunque negativi. La condizione ideale di ognuno di noi è trovarsi sempre in uno stato d’animo piacevole o potenziante e rifugire il più possibile dagli stati d’animo negativi e dolorosi.

Ma allora se abbiamo individuato gli shortcut che ci inducono stati d’animo potenzianti e piacevoli, perché non ci sforziamo anche di NON riprodurre più quelle sequenze che invece ci mettono in uno stato d’animo di dolore?
La chiave è sempre lo stessa: individuare le sequenze di segnali visivi, uditivi e cinestesici (sia interni che esterni) che, quando vengono ripetute, ci fanno provare ansia, preoccupazione, paura, insofferenza, apatia, insoddisfazione, nervosismo, depressione e tutte le sensazioni spiacevoli che vogliamo evitare.
Se nel caso degli stati d’animo potenzianti ci impegnavamo ripetere quelle sequenze per riprodurre sensazioni positive, nel caso degli stati d’animo depotenzianti faremo di tutto per non portare a termine quelle ricette, cioè per interrompere quella sequenza di stimoli prima che sia portata a compimento. Parliamo in questo caso di una interruzione di modulo, intendendo per modulo quella precisa sequenza di segnali che ci induce uno stato d’animo dal quale vogliamo rifugire.

Ma come procediamo praticamente? Il trucco sta nel capire, nel momento in cui ci troviamo in uno stato d’animo negativo, qual è stata l’esatta sequenza di stimoli che ci ha indotto quel determinato stato d’animo.
Supponiamo che io mi senta particolarmente arrabbiato. Mi chiedo: per quale motivo sto provando questo stato d’animo? Cosa è dovuto accadere per fare in modo che io abbia provato rabbia? Ad esempio potrei scoprire che, nell’ordine:

  • Ho preso appuntamento con un amico e mi sono recato sul luogo dell’appuntamento in orario.
  • Il mio amico non era presente sul luogo dell’appuntamento e dopo 10 minuti di ritardo ho provato a chiamarlo, ma lui non ha risposto al telefono.
  • Lui mi ha richiamato dopo 20 minuti dicendomi che sarebbe arriato di lì a poco.
  • Io gli ho chiesto il motivo del suo ritardo e lui mi ha risposto in modo piccato, senza nemmeno chiedermi scusa.
  • Ciò mi ha fatto provare insofferenza e quindi ho iniziato ad attaccarlo telefonicamente.
  • Lui ha continuato a portare avanti le sue motivazioni, dicendo anche che “lui aveva da fare cose importanti e che in fondo 20 minuti di attesa non erano tanto gravi”.
  • Ciò ha amplificato ancora di più il mio stato di insofferenza fino a farmi provare rabbia, al punto di sbraitare e mandarlo a quel paese.

Ecco una precisa sequenza di segnali che, se dovesse ripetersi per altre mille volte, mi genererebbe lo stesso stato di rabbia per altrettante volte.

Ora in una situazione del genere la maggior parte delle persone sarebbe portata ad attribuire la rabbia alla persona che non ha rispettato gli impegni. La classica espressione che ricorre in queste situazioni è: “quella persona mi ha fatto proprio arrabbiare!” oppure “per colpa sua ora sono incazzato nero”, quasi come se quella persona ci avesse trasferito la rabbia attraverso un incantesimo e noi l’avessimo accolta senza poterci opporre. In realtà nessuna persona ha il potere di farci arrabbiare (o di renderci felice), ma al contrario è la sequenza di stimoli (esterni ed interni) e il significato che noi attribuiamo ad essi che fa in modo che il nostro cervello attivi la “reazione chimica” della rabbia. In altre parole se siamo arrabbiati, la responsabilità non è di un'altra persona, ma del significato che noi stessi attribuiamo a determinati segnali, i quali, ripetuti in una certa sequenza, dicono al nostro cervello di attivare lo stato d’animo della rabbia. Quindi ogni nostra sensazione è sempre sotto la responsabilità e l’assoluto controllo della nostra mente. Ne consegue che, se è il nostro cervello che attribuisce il significato agli eventi eserni e, in funzione di tale significato, produce determinate sensazioni, allora noi abbiamo in ogni momento il potere di interrompere tale sequenza di stimoli (o di cambiare il significato che attribuiamo loro), in modo da evitare le sensazioni dolorose.

Ogni volta che ci troviamo a vivere uno stato d’animo negativo, dovremmo fare tesoro di quell’esperienza e trarne un insegnamento: nell’esempio riportato poc’anzi, ho scoperto una ricetta che mi fa arrabbiare e posso quindi riconoscerla appena torna a verificarsi. E se me ne accorgo in tempo, posso interromperla in qualsiasi momento, prima che venga portata a compimento. In questo modo eviterò di provare uno stato d’animo finale altamente debilitante che tra l’altro ha anche degli effetti molto negativi sul nostro stato di salute (magari più in là parleremo di quanto gli stati d’animo negativi possano influire sul nostro stato di salute fisica).

Così so che, la prossima volta che il mio amico mi chiederà un appuntamento, potrò fin da subito chiedergli di passare per casa mia, in modo da non rischiare di trovarmi ad aspettare in mezzo alla strada per diverso tempo. Avrò interrotto la ricetta al primo punto e non avrò provato rabbia. Oppure potrò aspettare 10 minuti in strada e poi mandargli un messaggio dicendogli che l’appuntamento è rimandato: avrò interrotto la sequenza al secondo punto e non avrò provato rabbia. Oppure potrei prima tentare di telefonargli e, nel caso in cui lui non dovesse rispondermi, potrei decidere di andare via: avrò interrotto la sequenza al terzo punto. Magari già a questo punto della sequenza potrei essere risentito, ma non sarò ancora sprofondato in uno stato di vera e propria rabbia. Oppure potrei attendere che lui mi richiami e ascoltare le sue giustificazioni. A questo punto, invece di reagire, potrei interrompere il suo modulo (oltre ad interrompere i nostri moduli possiamo in qualsiasi momento interrompere anche quelli degli altri) dicendogli: “caro amico, io so che se continui a dirmi queste cose mi arrabbierò. Se invece mi chiedi scusa non proverò rabbia e possiamo incontrarci evitando di mandarci a quel paese”. Magari questa affermazione inaspettata potrebbe generare nel mio amico un’interruzione del suo modulo e lui potrebbe riconoscere il suo errore. A quel punto avrò interrotto non solo il suo, ma anche il mio modulo al quarto punto… e non sarò arrivato a mangiarmi il fegato.

Ciò che voglio farti capire è che, quando sai come funzionano le tue personalissime ricette che ti permettono di entrare in un determinato stato d’animo doloroso, in ogni momento puoi decidere di interromperle, evitando di provare sensazioni spiacevoli.

Ripeto, la maggior parte delle persone crede che gli stati d’animo siano qualcosa che capiti all’improvviso, senza un motivo reale. Molti pensano di sentirsi arrabbiati, offesi o preoccupati e che non possono farci nulla. In realtà è accaduto qualcosa di ben preciso per entrare in quello stato d’animo. Ma quando non si ha consapevolezza di questo meccanismo, le persone procedono continuamente (e a volte ossessivamente) a ripetere le stesse sequenze di stimoli (che producono ovviamente le stesse sensazioni depotenzianti) quando invece basterebbe interrompere quella sequenza un attimo prima che attivi quello stato d’animo. C’è da chiedersi: perché arrivare a provare sensazioni molto dolorose quando si ha la possibilità di cambiare direzione un attimo prima che si attivi quello stato d’animo?

I litigi che spesso accadono tra una coppia di partner, spesso sono dovuti alla ripetizione ostinata di precisi moduli. Tutto può partire da un segnale, come ad esempio una frase ripetuta sempre con le stesse parole e con lo stesso tono. Ad esempio lei chiama al telefono il suo partner ed esclama: “dovevi chiamarmi e non lo hai fatto, sei sempre il solito e non cambierai mai!”. E nel partner questo segnale genera subito uno stato di irritazione che lo induce a rispondere sempre nello stesso modo. Per cui lui ribatte: “ma credi che io perda tempo? ho tante cose da fare, mica come te che non fai niente dalla mattina alla sera...”. E questo stimolo attiva una serie di processi a catena che poi inevitabilmente degenerano in un litigio colossale. E la cosa assurda è che il giorno dopo tutto questo si ripete nello stesso modo: stessa frase, stessa risposta, stessa sequenza di stimoli e ovviamente stesso esito finale. Perché moduli uguali danno sempre risultati uguali. Ma l’intenzione iniziale non era quella di litigare. La donna probabilmente, facendo quella prima esclamazione, chiedeva solo affetto e non intendeva attaccare il partner. Ma quella frase, detta in quel modo e con quel tono, ha rappresentato per lui uno shortcut, uno stimolo che gli ha immediatamente generato uno stato d’animo di irritazione che è rapidamente degenerato. Ora semplicemente riflettendo sulla sequenza che ha generato il litigio, la coppia potrebbe trovare il sistema di interrompere il modulo prima ancora che venga attivato. Ad esempio la donna potrebbe provare a cambiare il tono e il messaggio del primo segnale, cioè della prima frase pronunciata. E così invece di esclamare in tono piccato “dovevi chiamarmi e non lo hai fatto!”, potrebbe usare un tono gentile e dire: “amore lo so che sei stato impegnato, ma tu sai che io ho bisogno di sentirti. Come possiamo fare in modo che tu possa chiamarmi più spesso?”. Non sarebbe un segnale completamente diverso che porterebbe ad un esito completamente diverso? E’ veramente inutile ripetere gli stessi moduli che finiscono sempre con il generarci stati d’animo dolorosi e depontenzianti, quando invece in ogni istante possiamo decidere di interrompere quel modulo e imprimergli una nuova direzione che porterebbe vantaggi per tutte le persone coinvolte in quel processo.

3 commenti:

Giancarlo ha detto...

Sconfiggere i pensieri negativi è la prima soluzione per vivere più felici.

http://benessereinterno.blogspot.com/

Anonimo ha detto...

e' proprio vero

Vale ha detto...

E così invece di esclamare in tono piccato “dovevi chiamarmi e non lo hai fatto!”, potrebbe usare un tono gentile e dire: “amore lo so che sei stato impegnato, ma tu sai che io ho bisogno di sentirti. Come possiamo fare in modo che tu possa chiamarmi più spesso?”

Oppure lui avrebbe potuto degnarsi di chiamarla, una volta tanto. Insomma, capisco l'utilità di interrompere il flusso, ma se A deve fare una cosa (nell'esempio precedente arrivare in orario) e poi non la fa, non si può neppure pretendere che sia sempre B a doversi dare da fare per salvare capra e cavoli ^_^'
Una persona arriva all'esasperazione per la reiterazione di comportamenti. Forse A dovrebbe cercare di comportarsi un po' meglio, o B mandare a quel paese A una volta per tutte. Non è che se semplicemente smettiamo di arrabbiarci, i rapporti migliorano. Alcuni rapporti fanno schifo, indipendentemente dal fatto che cerchiamo di non arrabbiarci troppo.
My 2 cents.