martedì 15 settembre 2009

La forza che ci spinge a cambiare

Nei post precedenti ti ho aiutato a definire una “lista dei sogni” e ti ho invitato a scegliere quattro o cinque obiettivi da perseguire nei prossimi mesi. Avere uno scopo preciso da raggiugnere è già un ottimo punto di partenza: sappiamo precisamente dove vogliamo arrivare e ciò ci permette di intuire quale strada dovremo seguire. Ma avere un obiettivo preciso potrebbe non essere sufficiente a trovare le giuste motivazioni per dedicarci con continuità al raggiungimento delle nostre mete. Dobbiamo quindi trovare un sistema per motivarci, in modo da riuscire ad avere la costanza di portare avanti i nostri progetti, la forza d’animo per far fronte agli imprevisti e l’elasticità per poter cambiare le nostre azioni in corso d’opera qualora le cose non dovessero andare secondo previsioni.

Ma come facciamo a trovare la spinta giusta che ci consentirà di dedicarci con convinzione alla realizzazione dei nostri sogni? La molla che ci permette di trovare le giuste motivazioni è rappresentata dalla cosiddetta “leva piacere/dolore”.

Il cambiamento avviene quando l’idea di continuare a vivere in una certa condizione provoca un disagio tale che non si può fare a meno di cambiare. In alternativa il cambiamento può avvenire quando il piacere che attribuiamo al raggiungimento di una nuova condizione è talmente allettante da spingerci all’azione. Meglio ancora se le due forze agiscono contemporaneamente: quando il dolore per la situazione contingente è insopportabile e contemporaneamente il piacere associato alla nuova condizione è altrettanto allettante, allora non c’è freno che tenga: in questi casi la spinta è talmente forte che il cambiamento può avvenire in pochi istanti.

Facciamo un esempio chiarificatore di come funziona l’equilibrio tra il piacere e il dolore. Immaginiamo un uomo che vive una relazione molto infelice con la propria compagna. Le continue incomprensioni, i litigi frequenti, hanno creato una condizione di forte dolore. Quell’uomo si rende conto che difficilmente riuscirà a raddrizzare il rapporto di coppia, eppure non riesce a trovare la forza di lasciare la propria compagna. Il motivo? Le possibilità sono due: o non sta soffrendo abbastanza, oppure non ha un’alternativa abbastanza piacevole. E’ possibile infatti che l’idea di lasciare la propria compagna provochi nell’uomo una certa dose di dolore che potrebbe manifestarsi sotto forma di sconforto, timore, insicurezza. Ecco alcune domande che quell’uomo potrebbe porsi: “E se dopo averla lasciata iniziassi a soffrire di solitudine?”, “Come farò ad adattarmi ad un nuovo stile di vita dopo tutti questi anni assieme? Sarò in grado di farlo?”, “E se poi non dovessi riuscire a trovare un’altra compagna e fossi costretto a passare il resto della mia vita da solo?”, "E se poi dovessi accorgermi di amarla quando ormai è troppo tardi?". Ecco che in questo caso la paura dell’ignoto, l’ansia che deriva dal dover affrontare una situazione nuova e indefinita, generano una quantità di dolore che va a controbilanciare il dolore che quell’uomo sopporta a causa della sua relazione. In questo caso la persona resta in una condizione di immobilismo, avendo creato una cosiddetta "barriera dolore/dolore": forte sofferenza per la situazione contingente, ma anche una certa quantità di dolore all’idea di cambiare.

E’ probabile che anche tu abbia conosciuto una coppia la cui relazione è durata per mesi (se non per anni), seppur fosse evidente che quelle due persone soffrissero molto nello stare assieme. In questi casi è molto probabile che entrambe le persone fossero incapaci di effettuare un cambiamento perché incastrate nella barriera dolore/dolore. Questo tipo di relazioni crea forti frustrazioni, tant’è vero che, nella maggior parte dei casi, prima o poi uno dei due si decide a lasciare il partner. E cosa avviene in quella persona quando decide di cambiare vita? Le possibilità sono sempre due. Il dolore associato alla vita di coppia potrebbe essere aumentato a dismisura: le continue incomprensioni, l’insofferenza per il partner può raggiungere un livello tale da superare la “paura dell’ignoto” ossia il dolore associato al cambiamento e al dover affrontare una situazione nuova. Ecco che il dolore causato dalla situazione contingente non è più in equilibrio con il dolore che potenzialmente provocherà la condizione futura e in questo caso il cambiamento avviene: c’è sempre una leva che spinge ogni essere umano verso una condizione di minor dolore (o di maggior piacere). Ma potrebbe anche capitare che il dolore legato alla relazione tra i due partner resti sostanzialmente invariato, mentre la quantità di dolore che si trovava sull’altro piatto della bilancia (cioè la paura del nuovo e dell’ignoto) venga sostituita da una condizione che dà piacere. Ciò potrebbe accadere ad esempio se l’uomo conoscesse una nuova donna e si innamorasse di lei. La nuova condizione non sarebbe più codificata come dolorosa (ansia per il nuovo, paura della solitudine etc..), ma al contrario sarebbe interpretata come allettante poiché prefigurerebbe una nuova relazione potenzialmente molto piacevole. Anche in questo caso la bilancia penderebbe a favore del cambiamento e quell’uomo non avrebbe più tanta difficoltà a lasciare la propria compagna.

In conclusione, ogni azione che noi compiamo, in qualsiasi contesto e in qualsiasi momento, è motivata dal fatto che tendiamo sempre ad allontanarci dal dolore e ad avvicinarci al piacere. A volte non siamo motivati ad effettuare un cambiamento: ciò può essere dovuto ad un equilibrio delle forze. Ad esempio ci troviamo già in una condizione piacevole e l‘alternativa, seppur piacevole, non ci darebbe un vantaggio significativo rispetto alla situazione contingente: pertanto associamo piacere sia alla vecchia sia alla nuova condizione e le due forze restano in equilibrio impedendo il cambiamento. Oppure non cambiamo perché proviamo dolore per la condizione nella quale ci troviamo, ma allo stesso tempo proviamo insofferenza anche quando riflettiamo sulle conseguenze del nostro cambiamento. In questo caso sono in equilibrio le due forze del dolore e il cambiamento non avviene perché crediamo che nessuna delle due alternative possa migliorare la nostra condizione.

A questo punto non dovrebbe essere difficile capire quando avviene il cambiamento: ci attiviamo per cambiare lo stato delle cose quando c’è uno squilibrio tra le due forze: o perché soffriamo di più a non agire piuttosto che a cambiare, o perché proviamo più piacere all’idea di cambiare piuttosto che rimanere immobili o perché (situazione ideale) proviamo dolore per la condizione contingente e piacere per la nuova condizione che raggiungeremo.

Questo è il motivo per cui, se anche in passato ti sei posto degli obiettivi, ad un certo punto hai preferito abbandonare il progetto in corsa e dedicarti ad altro. Perché l’equilibrio dolore/piacere non era tale da spingerti ad agire o perché tale equilibrio, mutando nel tempo, non ti ha permesso di perseguire con costanza il tuo obiettivo. Infatti la valutazione del piacere e del dolore non è un’analisi oggettiva. Si tratta di un’interpretazione del tutto personale e pertanto può cambiare da un momento all’altro, in base alla nostra esperienza e alle nostre convinzioni. Ad esempio se in passato hai rinunciato ad un progetto perché avevi paura di fallire (dolore per la nuova condizione) oggi, alla luce della tua esperienza e delle tue nuove convinzioni, potresti essere più consapevole delle tue capacità e non temere il fallimento. Questa nuova valutazione ti porterebbe a diminuire il dolore associato alla nuova condizione e a spostare l’equilibrio verso il cambiamento.

Ma torniamo ai nostri obiettivi e a come sfruttare la leva piacere/dolore per trovare le giuste motivazioni. Per perseguire con costanza i quattro o cinque obiettivi che abbiamo scelto dobbiamo cercare di condizionarci in modo tale da associare molto dolore all’idea di non agire e al tempo stesso molto piacere all’idea di realizzare i nostri obiettivi. Come detto la valutazione piacere/dolore è puramente soggettiva e pertanto siamo noi a decidere quanto dolore vogliamo attribuire alla condizione nella quale ci troviamo e quanto piacere attribuire alla condizione che otterremo. Alterando l’equilibrio tra il piacere e il dolore possiamo creare lo stato d’animo più utile per perseguire i nostri obiettivi.
Ma come possiamo agire praticamente sull’equilibrio piacere/dolore? Il modo per farlo è il seguente. Per ognuno dei 4 o 5 obiettivi che hai scelto effettua le seguenti operazioni (se non hai ancora scelto i tuoi obiettivi rileggi gli ultimi post):

  • Prendi il foglio sul quale hai descritto il tuo obiettivo e le caratteristiche dello stesso.
  • Scrivi tutto il dolore che dovrai sopportare se non decidessi di agire. Per facilitarti il compito ho preparato alcune domande alle quali puoi rispondere per iscritto sul tuo foglio: "Quanto mi costerà se non attuerò questo cambiamento? Cosa mi perdo nella mia vita se rimango in questa situazione di immobilismo? Quali svantaggi otterrei dal punto di vista fisico, mentale, finanziario, emotivo, spirituale se non decidessi di dedicarmi al mio obiettivo? E quali conseguenze sulla mia autostima?" Prova a proiettarti nel futuro di uno, cinque, dieci e venti anni, immaginando di non aver fatto nulla per perseguire il tuo obiettivo e rispondi alle seguenti domande: "Come mi sentirei tra un anno se non avessi fatto nulla per raggiungere il mio obiettivo? E quale sarebbe il mio stato d’animo se fra cinque anni mi trovassi ancora al punto di partenza? Sarei felice, mi sentirei realizzato, avrei dei rimpianti, delle recriminazioni o dei rimorsi? E quali sensazioni potrei provare tra dieci anni? Potrei ritenermi un fallito? La fiducia in me stesso e nelle mie capacità potrebbe subire delle conseguenze? In che modo non perseguire il mio obiettivo potrebbe peggiorare il mio livello di benessere? Potrei causare danni o sofferenze anche alle persone care?". Lo scopo è accumulare una buona dose di dolore da collegare all’idea di non agire. Sta a te trovare le parole corrette, individuare “le giuste corde da pizzicare” per amplificare il tuo senso di dolore e insoddisfazione per la condizione attuale (del resto chi meglio di te può conoscere ciò che ti fa star male e ciò che ti fa star bene?). Quindi rispondi alle domande come se avessi davanti a te la tua stessa persona e dovessi cercare di convincerla ad agire, perché restare in una situazione di immobilismo è la cosa più sbagliata che possa fare.
  • Ma per creare un effetto migliore possiamo anche associare molto piacere alla condizione futura. A tal fine risponderemo (sempre per iscritto) alle seguenti domande: "Quali vantaggi potrei ottenere se operassi questo cambiamento? Quali piacevoli e importanti conseguenze otterrei dal punto di vista mentale, fisico, finanziario, emotivo e spirituale? Quali vantaggi otterrebbero la mia famiglia e tutte le persone a me care? Quanto mi sentirò felice e quali altre piacevoli sensazioni proverò? Quale sarà il livello di fiducia in me stesso, la mia autostima, il mio livello generale di benessere tra uno, cinque, dieci e vent’anni se decidessi di perseguire con costanza il mio obiettivo?". Come per il punto precedente, la raccomandazione è quella di trovare le giuste parole che ti aiutino a provare un forte piacere all’idea di raggiungere la tua meta.


Tutto ciò che abbiamo scritto sul nostro foglio, dalla descrizione dell’obiettivo alla lista del piacere e del dolore, dovrà essere riletto con intensità e partecipazione nei giorni futuri. Nei primi tempi è importante rileggere quanto scritto con una certa frequenza, cercando di condizionare il più possibile la nostra mente ad associare dolore alla condizione contingente e piacere alla condizione futura. Il nostro foglio va riletto ogni volta che noteremo anche un minimo calo di motivazione. Questo è il primo passo per trovare la spinta giusta ad agire. In futuro vedremo anche come adottare degli opportuni stratagemmi per recuperare in pochi istanti le giuste motivazioni e il giusto spirito.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

devo dire che sono cose che già sò, perchè lette sui libri di pnl o sentite a qualche seminario, però non riesco a capire perchè sono così pigro da non applicarle, spero che seguendoti in questi tuoi post qualcosa in me cambi, inoltre devo aggiungere che sei molto chiaro nelle spiegazioni e sempre ricche di esempi, cosa che rende l'apprendimento molto facile. Grazie.
Francesco LA PENNA

Francesco ha detto...

Ciao francesco, non a caso hai usato la parola "pigro", che contiene la risposta alla tua domanda... Dal dizionario: chi è pigro non si dedica a nessuna attività. E io aggiungerei che se uno non si dedica a nessuna attività vuol dire che è incastrato nella morsa dolore/dolore. Molto probabilmente non agisci perchè non associ abbastanza piacere nel cambiare la sua condizione e quindi in fondo tutto ti sta bene come sta. Oppure non attribuisci abbastanza dolore alla situazione contingente. Oppure, pur riconscendo che la condizione che vivi è dolorosa, hai comunque dei benefici secondari che ti bloccano. Tipico è il caso di chi soffre di qualche malattia e non vuole guarire perché da quando è malato ha le attenzioni delle persone care. Questo vantaggio secondario crea un ostacolo al cambiamento, perché la condizone porta dolore da un lato, ma per certi versi anche piacere: se quella persona guarisse perderebbe l'attenzione dei cari e quindi avrebbe un dolore. Ecco che resta incastrato nella morsa dolore/dolore. Ma se quella persona si sforzasse di allargare le sue vedute e si chiedesse come sarà la sua qualità della vita futura se non si deciderà ad attuare un cambiamento (invece di fermarsi alle sensazioni del momento), forse riuscirebbe ad interpretare la sua situazione contingente in modo diverso. Io ad esempio quando so di dover fare qualcosa e non trovo la forza di farlo, cerco di immaginarmi tra 2 o 3 anni fermo al punto di partenza mentre mi chiedo ancora "lo faccio o non lo faccio?". Di solito una rappresentazione del genere mi genera una forte motivazione nel giro di pochi istanti. E se dopo qualche giorno la motivazione svanisce? Allora ripeto la stessa sequenza di pensieri e ... magicamente la motivazione mi ritorna..
A presto

Francesco

Anonimo ha detto...

Grazie Francesco per i tuoi consigli che sono piccole perle di saggezza.
A presto